Young global leaders
di Andrea Zhok - 02/03/2023
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/young-global-leaders
Fonte: Andrea Zhok
Ieri menzionavo a proposito di Elly Schlein la categoria
schwabiana dei Young Global Leaders. Purtroppo siccome molti ancora si
informano sul Corriere o da Mentana anche di fronte alla semplice
menzione di questa nozione c'è chi ha evocato il complottismo.
"Figurati
se esiste qualcosa che accomuna tutti questi brillanti "giovani leader
globali" in giro per il mondo (Justin Trudeau, Jacinda Ardern, Emmanuel
Macron, Maia Sandu, Sanna Marin, Kaya Kallas, ecc. ecc.)?"
"Figurati se hanno un'agenda comune."
"Figurati se godono di supporti internazionali comuni."
Ora,
che abbiano un'agenda comune è semplicemente un dato di fatto, se ci si
prende la briga di andare a vedere le rispettive agende, sempre
perfettamente allineate con la catena di comando americana, dalle
strategie pandemiche alla guerra russo-ucraina.
Che siano soggetti
che abbiano goduto e godano del sostegno esplicito, morale e materiale
del World Economic Forum è noto e accertabile. (Per chi è forte di
stomaco inserisco sotto il link autopromozionale del Forum of Young
Global Leaders promosso dal World Economic Forum).
Ma una delle cose
che colpisce maggiormente in questa accolita è la capacità di promuovere
simultaneamente agende di apparente supporto ai diritti di alcuni
gruppi (accuratamente selezionati), e agende di bullismo aggressivo nei
confronti di altri gruppi, di volta in volta identificati come
politicamente non conformi (che siano i renitenti alle inoculazioni o ai
proclami bellicosi della Nato).
Quest'accoppiata di "dirittumanismo"
e bullismo politico colpisce perché in molti siamo abituati a concepire
l'idea della difesa dei diritti come un tratto politico associato
all'universalismo egalitario.
E qui sta il fraintendimento.
L'approccio
neoliberale, da sempre, usa i diritti come un'arma selettiva, che può
essere usata in modo elastico per promuovere gli amici e bastonare i
nemici. Basta vedere come al grido della "difesa dei diritti umani"
siano state promosse la peggiori carneficine degli ultimi decenni (Irak,
Afghanistan, Serbia, ecc.), o come nel nome della "tutela del diritto
alla salute" siano state fatte le porcate della certificazione verde.
In
verità la nozione di diritto è scivolata inavvertitamente verso quella
di privilegio, e dispensare diritti (e obblighi) ad hoc per questo o
quel gruppo è diventato semplicemente un modo per gestire il potere in
modo perfettamente arbitrario e strumentale.
(Ogni qual volta l'idea
di diritto viene declinata nella forma di "diritto speciale", "tutela
particolare" di questo o quel gruppo, ecc. si può essere sicuri di
essere di fronte ad una trasformazione del diritto in arbitrio.)
A
titolo di esempio di questa apparentemente paradossale unione di istanze
può essere utile citare un'altra eminente Young Global Leader come la
ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock.
La Baerbock si è
già distinta per una serie di apparenti gaffes, che in verità tali non
sono, come quando, smentendo le posizioni della diplomazia tedesca ed
europea, ha affermato pubblicamente che la Germania "è in guerra con la
Russia", o quando di fronte ad un pubblico tedesco esterrefatto ha
affermato "Metterò l'Ucraina al primo posto. Non importa quello che
pensano i miei elettori in Germania o i sacrifici che dovranno fare
questo inverno".
Ma a fianco di questa agenda da pasdaran della
guerra troviamo altre proposte emblematiche da parte della Baerbock.
Scopriamo ad esempio che la ministra tedesca ha appena lanciato una
revisione femminista delle tattiche diplomatiche del paese, inclusa la
creazione di un nuovo ruolo per un "ambasciatore per la politica estera
femminista".
Come riporta POLITICO, il rapporto di 80 pagine sulle
nuove linee guida – intitolato “Shaping Feminist Foreign Policy” è una
pietra angolare dell'agenda di Baerbock ed è stato incluso nell'accordo
di coalizione.
Agli occhi di molti, gesti politici del genere vengono letti come aspetti correttivi, mitiganti.
Ci si dice, "Vedi, sarà anche una guerrafondaia, però è anche una che ha a cuore i diritti e il progresso."
La stessa tipologia di ragionamento può aver luogo, ed ha luogo, per i posizionamenti di ciascuno dei Young Global Leaders.
L'incomprensione purtroppo qui è totale.
Ciascuno
dei diritti evocati da questi personaggi è regolarmente brandito come
un privilegio da utilizzare selettivamente per ingraziarsi alcune lobby,
promuovere certi individui, trasformare un'istanza nel suo opposto.
Sentendosi
alfieri del bene e del progresso questi personaggi non si sentono mai
vincolati a desuete nozioni come la coerenza e consequenzialità: il fine
giustifica i mezzi, e in ultima istanza il fine è semplicemente la
presa del potere dei "buoni", cioè noi, cioè io.
Ciò che
caratterizza i Young Global Leaders è la micidiale unione di
un'incontenibile ambizione individuale (esito educativo del
competitivismo liberale) e dell'apodittica certezza (favorita da
abissali livelli di ignoranza) di incarnare il Progresso, che, come
loro, ha una terribile fretta di arrivare.
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