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VACCINI & GRAFENE – 2. LE NANOPARTICELLE PARLANO ITALIANO. Premiato Studio di Capua e Delogu
Fonte: Database Italia
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
«Nel presente lavoro, dimostriamo l’uso della citometria di massa unicellulare insieme all’analisi trascrittomica intera per sezionare gli effetti immunologici dei nanomateriali sulle singole cellule. I nostri risultati sottolineano l’importanza della funzionalizzazione sul miglioramento della biocompatibilità dei nanomateriali basati su GO. In particolare, solo il GO ammino-funzionalizzato è stato in grado di indurre una specifica cellula dendritica monocitoide (mDC) e l’attivazione dei monociti distorta verso una risposta T helper (Th) -1/M1. Questi risultati sono punti di partenza per lo sviluppo di piattaforme su nanoscala in medicina come strumenti immunoterapici, vettori di vaccini o nanoadiuvanti».
GO sta per Ossido di Grafene e questa conclusione è stata pubblicata in uno studio risalente addirittura al 2017 e condotto da vari ricercatori internazionali tra cui si distingue Lucia Gemma Delogu, una giovane scienziata sarda del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova, divenuta il punto di riferimento mondiale dalla Graphene Flagship, l’associazione internazionale che sta monitorando le potenzialità di questo nuovo materiale derivato dal carbonio.
Quella ricerca non avrebbe grandissima importanza se la stessa Delogu, enfant prodige della biotecnologia europea, non ne avesse pubblicata un’altra, il 10 giugno 2020, prima ancora dell’arrivo dei vaccini antiCovid, insieme ad altri famosi ricercatori tra cui spicca il nome di Ilaria Capua, direttrice italiana del One Health Center of Excellence, University of Florida di Gainesville.
La veterinaria Capua è nota ai media per essere finita alcuni anni fa nell’inchiesta giudiziaria su un presunto traffico di virus dell’influenza aviaria per favorire alcuni produttori di vaccini ma fu poi prosciolta da ogni addebito. E’ finita sotto i riflettori durante la pandemia per essersi espressa a favore dell’immunizzazione globale tanto auspicata dal Bill Gates, finanziatore dei pericolosi esperimenti sui supervirus al Wuhan Institute of Virology ma anche investitore nelle Big Pharma dei vaccini.
«Con un’altra pandemia come questa non ce la facciamo a resistere: un tot numero di anni queste cose accadono e su questo ci dobbiamo interrogare. L’accademia parla troppo all’accademia e non con le persone, dobbiamo imparare per non trovarci mai più in una situazione del genere», ha detto Ilaria Capua intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico 2020-2021 dell’università degli Studi di Milano-Bicocca. «La pandemia si è manifestata come uno stress test multiplo che ha evidenziato le fragilità di alcuni sistemi. Noi dobbiamo correre non per ricostruirli come erano prima ma correre con il cervello e con l’innovazione tecnologica e nuove prospettive. Credo sia importante che si lavori in maniera circolare», per comunicare a tutti «che determinati rischi, come il rischio pandemico, esistono. Bill Gates lo ha detto forte e chiaro nel 2015 e non lo ha ascoltato nessuno».
Ebbene l’innovazione tecnologica è proprio al centro della ricerca condotta nel 2020 da Capua, Delogu ed altri scienziati. “Toward Nanotechnology-Enabled Approaches against the COVID-19 Pandemic” ovvero “Verso approcci abilitati alla nanotecnologia contro la pandemia COVID-19” è lo studio pubblicato da ACS Chemistry for Life che evidenzia quali potrebbero essere i vantaggi dell’uso dell’Ossido di Grafene nei vaccini antiCovid.
La ricerca assume soverchia rilevanza nel momento in cui il chimico spagnolo Paulo Campra avrebbe individuato grazie al microscopio elettronico presenze di grafene all’interno del siero genico sperimentale Comirnatyprodotto dalla multinazionale americana Pfizer, osannata e promossa dal presidente Usa Joseph Biden, e dalla tedesca Biontech, finanziata da Bill Gates, megadonor del Democratic Party e investitore nella londinese GlaxoSmithKline che è partner della stessa Pfizer.
Il grafene è un materiale costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio (avente cioè uno spessore equivalente alle dimensioni di un solo atomo). Ha la resistenza teorica del diamante e la flessibilità della plastica. Il grafene si ricava in laboratorio dalla grafite.
Ha proprietà elettroniche, ottiche, meccaniche e termiche e da alcuni anni, come vedremo nelle prossime esplosive inchieste, è stato sperimentato nel campo biotecnologico. Viene infatti ritenuto un potente antivirale, secondo varie ricerche pubblicate, anche se non si conoscono le sue controindicazioni per l’uomo poiché gli studi sulla sua sospetta tossicità sono appena all’inizio.
La questione diventa maledettamente sospetta nel momento in cui emerge che le ricerche della geniale e bravissima Delogu sono state sponsorizzate dalla Commissione Europea che il 12 settembre 2019, prima ancora dello scoppio ufficiale della pandemia, organizzò un summit sull’immunizzazione globale con una manager del settore vaccini di Pfizer e alcune ONG fondate da Gates utilizzando come simbolo una molecola di coronavirus.
Ecco perché l’eventuale presenza di grafene negli attuali vaccini antiCovid, smentita dai media di mainstream e dalle autorità internazionali, assume grande rilevanza: perché sarebbe la conferma dell’inoculazione massiva nella popolazione di un prodotto biotecnologico mai sperimentato nella storia farmacologica, come dimostreremo nell’ultima inchiesta di questo ciclo Vaccini & Grafene, grazie a documenti della stessa Pfizer. Alle geniali scienziate Capua e Delogu va tutto il merito di un lavoro eccezionale che dovrebbe perl sempre passare al vaglio di una minima valutazione bioetica.
LE RICERCHE SUL GRAFENE FINANZIATE DALL’UNIONE EUROPEA
Se la maggior parte dei giornalisti sono ormai divenuti stupidi o si coprono gli occhi con fette di salame per non vedere conflitti d’interessi e intrighi troppo inquietanti, noi abbiamo deciso di non farlo e siamo ancora capaci ad usare l’algebra per fare 2 + 2. Anche se a volte i numeri sono variabili incognite che giungono persino a produrre milgliaia di morti come quelli per effetti indesiderati da vaccini e per i misteriosi malori improvvisi che stanno facendo una stragein Italia.
«Per promuovere l’uso sicuro e salutare delle “tecnologie future ed emergenti” come i nanomateriali innovativi a base di carbonio, lo studio delle loro interazioni con le cellule immunitarie del sangue è di fondamentale importanza per qualsiasi applicazione di medicina traslazionale, in particolare quelle che richiedono l’iniezione endovenosa. Gli approcci attuali hanno affrontato poco l’impatto dei nanomateriali sulla complessa orchestra delle cellule immunitarie. Alcuni lavori eseguiti con pochissimi tipi di cellule immunitarie hanno fatto luce sull’impatto immunitario di un numero molto limitato di nanomateriali, in particolare nanomateriali di carbonio, confrontati alla volta. Tuttavia, nessun laboratorio in Europa, USA o Asia è stato in grado di fornire un quadro generale dell’interazione di diverse popolazioni di cellule immunitarie con un’ampia varietà di nanomateriali ben caratterizzati».
Queste frasi giungono dal sito Delogulab in riferimento allo studio “HumanIMMune profiling of Graphene NanoRibbons (IMM-GNRs)” finanziato da Horizon 2020, un progetto supportato dalla Commissione Europea.
«Horizon 2020 è il più grande programma di ricerca e innovazione dell’UE mai realizzato. Quasi 77 miliardi di euro di finanziamenti sono disponibili in sette anni (dal 2014 al 2020), oltre agli investimenti pubblici privati e nazionali che attireranno questo denaro. Horizon 2020 aiuterà a raggiungere una crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva. L’obiettivo è garantire che l’Europa produca scienza e tecnologia di livello mondiale, elimini gli ostacoli all’innovazione e renda più facile per il settore pubblico e privato collaborare per fornire soluzioni alle grandi sfide che la nostra società deve affrontare».
E’ quanto scrive l’Unione Europea sul suo sito ufficiale. Ma torniamo alle nanoparticelle… Ecco cosa scrive Delogu nel progetto “HumanIMMune profiling of Graphene NanoRibbons (IMM-GNRs)”.
«I nanoribbon di grafene (GNR) sono materiali di grafene di dimensioni finite con larghezze limitate. A differenza di altri nanomateriali di carbonio come l’ossido di grafene, i GNR attraverso la sintesi organica bottom-up (sviluppata dal supervisore Prof. Xinliang Feng) forniranno nuovi aspetti chiave) il perfetto controllo della struttura a livello atomico garantendo una maggiore riproducibilità) la possibile coniugazione con catene polari lato PEG, consentendo una dispersione in acqua molto stabile) la personalizzazione con diverse molecole e farmaci, aprendo affascinanti prospettive in ambito sanitario. Tutti questi vantaggi rispetto ad altri nanomateriali li rendono strumenti di carbonio “d’oro” per il loro sviluppo in direzione medica. Tuttavia, sebbene tutte queste caratteristiche aprano la strada all’adozione da parte del mercato farmaceutico, nessun lavoro ha ancora affrontato il loro potenziale impatto immunitario».
In realtà la professoressa Delogu sta portando acqua al suo mulino scientifico. Perché è stata proprio lei nel 2017 a valutare i primi impatti sul sistema immunologico umano del grafene poi approfonditi nella ricerca del 2020 con la prima firmataria Carsten Weiss dell’Istituto di Sistemi Biologici e Chimici di Karlsruhe, e la dottoressa Ilaria Capua, che è valsa agli scienziati l’ambito ACS NanoChampionship.
Trattandosi di argomenti estremamente tecnici siamo costretti a pubblicare almeno la versione integrale dell’Abstract (la sintesi) della ricerca di Delogu, Capua ed altri (Carsten Weiss, Marie Carriere, Laura Fusco, Jose Angel Regla-Nava, Matteo Pasquali, James A.Scott, Flavia Vitale, Mehmet Altay Unal, Cecilia Mattevi, Davide Bedognetti, ArbenMerkoci̧, Ennio Tasciotti, Acȩlya Yilmazer, YuryGogotsi, FrancescoStellacci)su nanoparticelle e grafene per finalità biomediche.
«L’epidemia di COVID-19 ha alimentato una domanda globale di diagnosi e trattamento efficaci, nonché di mitigazione della diffusione dell’infezione, il tutto attraverso approcci su larga scala come metodi antivirali alternativi specifici e protocolli di disinfezione classici. Basata su un’abbondanza di materiali ingegnerizzati identificabili dalle loro utili proprietà fisico-chimiche attraverso una versatile funzionalizzazione chimica, la nanotecnologia offre una serie di approcci per far fronte a questa emergenza» si legge nello studio pubblicato su ACS Chemistry for Life nel giugno 2020.
«Qui, attraverso una prospettiva multidisciplinare che abbraccia diversi campi come la virologia, la biologia, la medicina, l’ingegneria, la chimica, la scienza dei materiali e la scienza computazionale, delineiamo come le strategie basate sulla nanotecnologia possono supportare la lotta contro il COVID-19, così come le malattie infettive in generale, comprese future pandemie. Considerando ciò che sappiamo finora sul ciclo di vita del virus, prevediamo passaggi chiave in cui la nanotecnologia potrebbe contrastare la malattia. In primo luogo, le nanoparticelle (NP) possono offrire metodi alternativi ai classici protocolli di disinfezione utilizzati in ambito sanitario, grazie alle loro proprietà antipatogene intrinseche e/o alla loro capacità di inattivare virus, batteri, funghi o lieviti fototermicamente o tramite specie reattive dell’ossigeno indotte dalla fotocatalisi generazione (ROS)».
LA NANOTECNOLOGIA CONTRO SARS E PER I VACCINI
«Potrebbero anche essere esplorati strumenti di nanotecnologia per inattivare SARS-CoV-2 nei pazienti. In questo caso, i nanomateriali potrebbero essere utilizzati per fornire farmaci al sistema polmonare per inibire l’interazione tra i recettori dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) e la proteina S virale. Inoltre, il concetto di “nanoimmunità in base alla progettazione” può aiutarci a progettare materiali per la modulazione immunitaria, stimolando o sopprimendo la risposta immunitaria, che troverebbero applicazioni nel contesto dello sviluppo di vaccini per SARS-CoV-2 o nel contrastare la tempesta di citochine, rispettivamente. Oltre alla prevenzione delle malattie e al potenziale terapeutico, la nanotecnologia ha ruoli importanti nella diagnostica, con il potenziale per supportare lo sviluppo di saggi basati sulla nanotecnologia semplici, veloci ed economici per monitorare la presenza di SARS-CoV-2 e dei relativi biomarcatori. In sintesi, la nanotecnologia è fondamentale per contrastare il COVID-19 e sarà vitale nella preparazione per future pandemie».
Due cose emergono chiaramente da questa ricerca. Il suggerimento di utilizzare nanomateriali di creazione artificiale per contrastare il Covid-19 ed il fatto che potrebbe trattarsi di un’occulta sperimentazione sulle cavie umane, del tutto inconsapevoli come vedremo nella prossima inchiesta Vaccini & Grafene – 3. In questo ambito assume notevole importanza, secondo i ricercatori, proprio l’uso del grafene. (continua a leggere)
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