Nella sparata di Sileri una minaccia inquietante: non si fermeranno mai, indifferenti al resto del mondo
“Vi renderemo la vita difficile, come stiamo facendo, perché chi non sta alle regole, e non si vaccina, è pericoloso, punto”. La frase del viceministro della Salute, Sileri, non è la solita sparata di uno che si sente un padreterno, sia pure a scadenza. È molto di più e molto di peggio. Contiene una pretesa di verità assoluta, senza contraddittorio; la certezza indiscutibile non tanto della scienza, quanto di essere il depositario della scienza, una sorta di sciamano che non deve spiegazioni a nessuno e ha diritto di vita, di morte e di dannazione sui miserabili. Ma, sopra ogni cosa, contiene la sicurezza dell’eternità di un regime: continueremo, perché vada come vada, ci saremo ancora noi. Perché non abbiamo ancora finito il lavoro, ed è un dirty work, un lavoro sporco. Perché lo stato concentrazionario non se ne andrà mai.
Sia un lapsus, quello del diversamente pacioso Sileri, o una conferma della sindrome da bunker, o magari la miopia di chi non ha ancora realizzato che il vento sta cambiando, resta una uscita inquietante. Dimostra la tetragona stupidità di un sistema di potere in tutte le sue componenti: politico, “scientifico”, mediatico. Un grumo per niente lucido e men che meno disposto a rimediare alle pulsioni autoritarie con cui strangola il Paese da due anni. E con quali risultati? Esclusivamente una sequela di effetti perniciosi in senso economico come sociale, sanitario quanto civile. C’è davvero di che sospettare un disegno perverso, tanta è la insipienza, tutt’altro che cristallina peraltro, profusa a piene mani da un simile trust di irresponsabili.
L’arrogante Sileri scopre anche un altro altarino: la totale indifferenza di questo regime per quanto accade nel resto del mondo, vale a dire il progressivo ritorno alla normalità (non “nuova”: normalità e stop), lo scemare delle proibizioni, dei sacrifici di pari passo con quello di una potenza pandemica che a questo punto l’intera comunità scientifica internazionale dà per superata. Sileri no. Lui e i quattro virologi esibizionisti che ci ritroviamo, persistono nell’escogitare forme sempre più allucinanti di discriminazione agitando i fantasmi di una catastrofe fumosa non meno che strumentale (il capo del leggendario Cts, Abrignani, ha pronosticato due settimane fa 2.500 morti al giorno in febbraio: fra 15 giorni non mancheremo di ricordarcene e di ricordarglielo).
Il tratto distintivo di un regime è per l’appunto questo: la paranoia, la convinzione di essere l’unico dalla parte del giusto, della ragione, della scienza, il resto del pianeta essendo popolato da imbecilli e incompetenti; e se fosse il contrario? Lo stesso Draghi, del resto, aveva liquidato on disprezzo quanto gli veniva rammentato a proposito del Regno Unito, che, seguendo una linea di azione opposta alla nostra, sta ottenendo risultati incomparabilmente migliori.
Ce n’è abbastanza per concludere che, a questo punto, sono proprio tutti d’accordo. Fuori da ogni qualunquismo: sono i fatti, le circostanze e i riscontri a dimostrarlo con tragica evidenza, oltre alle sventate dichiarazioni televisive di Sileri oggi, di un alto narciso ringhioso domani. Solo che nessun regime è eterno: se mai, di eterno c’è la memoria, oggi affidata ai capaci archivi della rete, dei social. Sta lì, cova, gira, poi, un bel giorno, va a finire che i vessati decidono di averne abbastanza e allora tocca a loro rendere la vita difficile a chi li ha tenuti in un barattolo, facendo pure lo strafottente. Per carità, nessuna ordalia, nessuna Piazza Loreto: basterà la memoria a fare giustizia. Insieme al conto dei danni. Salato come sarà, un rimborso a piè di lista non basterà.
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