Germania: ondata di scioperi. E la Francia in fiamme.


Si mostra così l’illegittimità radicale delle dittature europee sedicenti “democrazie”

Secondo  Reuters , il sindacato tedesco Verdi e il sindacato ferroviario e dei trasporti EVG si stanno preparando a scatenare scioperi paralizzanti negli aeroporti e nelle ferrovie del paese lunedì prossimo.

Verdi sta trattando per 2,5 milioni di lavoratori del settore pubblico, compresi quelli negli aeroporti e in altri snodi del trasporto pubblico. Il sindacato ha chiesto salari più alti a causa delle persistenti pressioni inflazionistiche. EVG sta negoziando per 230.000 dipendenti presso l’azienda ferroviaria Deutsche Bahn e le società di autobus.

Nel frattempo, si profila una recessione per la più grande economia europea, che si trova nel bel mezzo di una crisi inflazionistica. Dopo aver registrato una contrazione del PIL dello 0,4% nel quarto trimestre del 2022, si prevede che l’economia si contrarrà nuovamente nel primo trimestre.

“L’attività economica tedesca probabilmente diminuirà di nuovo nel trimestre in corso”, ha affermato la Bundesbank. “Tuttavia, è probabile che il calo sia inferiore rispetto all’ultimo trimestre del 2022”.

Due trimestri consecutivi di crescita negativa indicano una recessione e arrivano mentre l’inflazione pesa pesantemente sui consumi. La combinazione dei due schiaccia gli standard di vita e sta scatenando un’ondata di malcontento.

Mentre la Germania si prepara a scioperi e proteste la prossima settimana, la Francia, la terza economia più grande d’Europa, sta già bruciando mentre il presidente Emmanuel Macron ha imposto l’impopolare riforma delle pensioni.

Con la crescente instabilità nelle nazioni occidentali e la minaccia di una crescente crisi bancaria, la preoccupazione principale è se la NATO sia adeguatamente attrezzata per gestire i conflitti futuri”.

Fin qui Tyler Durden

La radicale illegittimità del potere in Francia

Spiegata bene da Meyssan:

La crisi che attanaglia la Francia non è una delle tante che attraversano un Paese in perenne agitazione. È invece una profonda crisi di regime, che si risolverà solo con l’inizio di una società nuova. Ma il Paese subirà diversi anni di blocco prima di buttarsi in una trasformazione totale, in una rivoluzione che durerà perlomeno una generazione

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Il presidente Macron ha deliberatamente creato una situazione di blocco in cui non c’è via d’uscita per alcuno. Per un anno e mezzo il governo ha incontrato tutti i sindacati respingendo ogni loro proposta. E non ha reagito di fronte a massicce manifestazioni in tutto il Paese, in particolare nelle città di medie dimensioni. Poi, Macron e la NUPES [Nouvelle Union Populaire Écologique et Sociale] (sinistra) hanno giocato sul calendario dei lavori parlamentari per impedire ai deputati di esprimersi sul testo della riforma in prima lettura; infine il presidente ha abusato di una disposizione eccezionale della Costituzione per imporlo in seconda lettura.

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Questo colpo di mano è l’ultimo di una lunga serie di ultimatum: dalle misure repressive contro il movimento dei Gilet Gialli al confinamento della popolazione sana durante l’epidemia di Covid-19, passando per una serie di ordinanze e di ricorsi abusivi al 49.3 (11 volte in un anno e mezzo). Anche i francesi che avevano accettato le giustificazioni alla limitazione temporanea delle libertà personali ora pensano che la misura sia colma.

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Il Paese è diviso in due. Da un lato, meno di un terzo della popolazione non ha nulla da obiettare e desidera che Macron permetta al sistema di continuare a girare per continuare a trarne vantaggio. Dall’altro, oltre due terzi della popolazione non è più soltanto ostile, ma accomunata da uno stesso astio. Questo sviluppo delle emozioni collettive e l’unità che ne nasce sono qualcosa di nuovo.

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I commentatori si chiedono perché Macron si sia volontariamente infilato in questa difficile situazione. Si chiedono quale disegno perseguisse. Non ci sono risposte politiche. C’è forse una risposta economica: vuole mandare avanti la pensione per capitalizzazione, sabotando quella a ripartizione. Forse c’è anche una risposta psicologica: è indifferente al destino degli altri e gli piace scioccarli (già durante il suo primo mandato ne avevo sottolineato il comportamento sociopatico). Se quest’ultima ipotesi fosse esatta il presidente non si darebbe pace fino alla completa delegittimazione della Costituzione del 1958 e passare infine alla Storia come l’ultimo presidente della V Repubblica.

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Il suicidio politico di Macron e la sua volontà di vedere il Paese crollare insieme a lui mascherano in verità una profondissima crisi. Non è casuale che i francesi abbiano eletto a capo del Paese dapprima un agente USA, Nicolas Sarkozy, che ha distrutto l’indipendenza della Francia e oltraggiato il risultato del referendum sulla Costituzione europea facendo adottare lo stesso testo per via parlamentare; in seguito un piccolo borghese, François Hollande, che ha trasformato la presidenza della Repubblica in un vaudeville; infine un banchiere d’affari che ha fatto del palazzo dell’Eliseo un salone di ricevimento di un coacervo di multimiliardari statunitensi. Per quattro volte (Sarkozy, Hollande, Macron eletto per due mandati) i francesi si sono assunti la responsabilità di questa discesa agli inferi. Erano convinti che il Paese non abbisognasse di una personalità di grande levatura, ma solo di rattoppi con riforme di basso conio.

Oggi devono far fronte a un’inflazione dei beni alimentari e dell’energia del 20-25%. In oltre la metà del territorio nazionale non ci sono medici e gli ospedali chiudono i pronto-soccorso. Ma soprattutto ogni francese può constatare che non c’è niente che vada bene: il livello scolastico è pericolosamente crollato; la polizia non riesce più a mantenere l’ordine; la giustizia non ha mezzi per dare risposte ai cittadini prima di due anni; le forze armate non sono in grado di affrontare una guerra ad alta intensità. I problemi sono così numerosi che non si sa da dove iniziare.

Macron, che si è fatto eleggere con la promessa di modernizzare il Paese, oggi appare come colui che ne blocca la trasformazione, che ostacola l’emergere di una società nuova.

I francesi, che nel 1789 rovesciarono l’Ancien Régime e crearono la società moderna, oggi sperano di essere di nuovo protagonisti e creare un mondo nuovo. Sanno vagamente che l’Africa si sta liberando della dominazione dei governi francesi e che la Russia e la Cina stanno riorganizzando le relazioni internazionali, ma sono molto poco informati su queste trasformazioni.

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Nei prossimi mesi, nei prossimi anni regnerà l’immobilità. Il governo non potrà più far adottare testi dal parlamento e, in ogni caso, i funzionari non gli obbediranno più. Seppelliranno i dossier più fastidiosi sotto pile di altri dossier e li lasceranno irrisolti. I francesi non potranno più protestare senza che su di loro si abbatta una barbara repressione, com’è avvenuto con i Gilet Gialli.

Le elezioni europee del 2024 e amministrative del 2026 saranno l’occasione per isolare ancor più l’inquilino dell’Eliseo, prima della sua uscita definitiva di scena nel 2027. A meno che Macron prenda atto che l’unico modo per sbloccare il Paese sono le sue dimissioni.