Per accedere alle fonti originali e agli approfondimenti, vedere grafici, foto, mappe e video, cliccate sul link che troverete a inizio articolo.
Mobilità ridotta e controllo: da cittadini a servi dell’urbe per salvare il pianeta
di LEONARDO FACCO
Dopo i lockdown “pandemici”, ciò che ci aspetta nel 2024 – se anche stavolta, come temo, accetteremo pedissequamente – saranno i lockdown “ambientali”, ovvero restrizioni a gogo con la scusa di salvare “Gaia” dai “cambiamenti climatici”, vale a dire da un problema inesistente elucubrato dalle menti malate dei nazicomunisti planetari.
Scrivono gli psicopatici che hanno elaborato il documento “COP-27”: «La pandemia di COVID-19 ha rafforzato la messa in discussione dei modi di vivere tradizionali, con molti lavoratori ormai abituati allo smart-working e, a volte, limitati nei propri movimenti a percorrere pochi chilometri dalle loro abitazioni a causa delle misure di sanità pubblica. Quindi vivere in modo diverso può cambiare il modo in cui pensiamo ai nostri quartieri e alle nostre città e, in definitiva, aiutarci a raggiungere l’obiettivo chiave dell’accordo di Parigi, che è limitare l’aumento della temperatura media globale il più vicino possibile a 1,5 gradi Celsius».
“The 15 minute city” è un progetto – partorito sotto l’egida dei satrapi dell’ONU – che punta ad accrescere la consapevolezza (del tutto errata) di quanto possa essere distruttivo (per la nostra salute mentale e per l’ambiente) uno spostamento dovuto ad un lungo tragitto giornaliero. «Scrittori come Jane Jacobs – affermano i burocrati mondialisti – si sono scagliati contro l’influenza distruttiva delle automobili e dell’espansione urbana incontrollata. Sono aumentate le preoccupazioni per l’inquinamento atmosferico e sempre più città hanno potenziato le loro reti di trasporto pubblico (tipo i bus di Roma che prendono fuoco?) e hanno iniziato a costruire piste ciclabili». Non solo: per mitridatizzare i servi dell’urbe ad accettare limitazioni al loro diritto di mobilità, sempre più città hanno implementato gli stop al traffico del tutto ingiustificati, come hanno dimostrato le misurazioni di PM10 nell’aria durante i blocchi imposti per via dell’influenza nel 2020, allorquando circolavano solo le autovetture delle forze dell’ordine.
“15 Minute City”, dunque, è un concetto sviluppato dal Professor Carlos Moreno alla Sorbona di Parigi. È un’idea tanto semplice quanto utopistica: tutto ciò di cui abbiamo bisogno – luoghi di lavoro, negozi, parchi, scuole – dovrebbe essere a quindici minuti a piedi o in bicicletta dalla nostra residenza. Roba da ingegneria sociale, che porterebbe ad obbligare a prendere quell’autobus a coloro che non sono attratti dall’idea di andare al lavoro a piedi, o in bici, per “salvare il pianeta”.
In pratica, ciò che sta accadendo è che i sindaci – per lo più nazicomunisti – delle grandi città europee – vedasi Sala a Milano, o Sadik Khan a Londra – hanno iniziato a vietare l’ingresso in città per veicoli che loro definiscono “altamente inquinanti”, tutto ciò adottando un sistema ferreo di controllo tecnologico degno del sistema di credito sociale imposto dalla dittatura cinese. Ovviamente, “15 Minute City” non si propone solo di obbligarci a muoverci in un determinato modo, ma vuole decidere il nostro stile di vita giorno per giorno, a suon di legislazioni che sceglieranno quali case potremo abitare, quali elettrodomestici usare, quanto usare le autovetture stesse, il tutto collegato a dei permessi che, se rispettati, garantiranno alcune libertà, viceversa verranno negate la possibilità di muoversi dal proprio quartiere o di andare a fare shopping in qualche outlet fuori mano. In sintesi, i residenti – per “salvare il pianeta” – saranno confinati nel loro quartiere e dovranno chiedere il permesso per uscire a bighellonare, oppure andare a giocare a bocce con gli amici.
Il mondo post-pandemico, quello della nuova normalità, sarà fondato su soluzioni ecologiche, ergo su costrizioni e restrizioni che ci porteranno dritti verso quello scenario tanto auspicato da Ida Auken, una vera e propria ecoterrorista: “Vivremo senza privacy e senza proprietà, ma saremo felici”.
Nessun commento:
Posta un commento