Gli anticapitalisti usano il cambiamento climatico come pretesto per pianificare l’economia
di RAINER ZITELMANN
Gli stessi attivisti del clima ammettono di vedere il cambiamento climatico come un veicolo per il collettivismo. Basta leggere quello che scrivono e ascoltare quello che dicono.
I leader mondiali si sono riuniti di recente in Egitto per discutere dei cambiamenti climatici. Questa volta l’attenzione si è concentrata sulle richieste dei Paesi poveri che vogliono soldi dai Paesi ricchi a causa del cambiamento climatico. Dopo oltre 50 anni di esperienza con gli aiuti allo sviluppo, si può già prevedere dove finirà questo denaro: nei governi corrotti dei Paesi africani e di altri Paesi poveri.
Molti dei cosiddetti attivisti per il cambiamento climatico non sono realmente preoccupati per il clima e l’ambiente. Piuttosto, per loro questi sono solo pretesti per lottare contro il capitalismo.
Negli ultimi tre anni, Greta Thunberg ha dichiarato che lo scopo della sua vita era salvare il mondo dal cambiamento climatico. Ora ha detto in pubblico, a Londra, che gli attivisti per il clima devono rovesciare “l’intero sistema capitalista”, che secondo lei è responsabile di “imperialismo, oppressione, genocidio… e “estrattivismo” razzista e oppressivo”. Gli “attivisti” del culto dell’apocalisse chiamato “Last Generation” dicono apertamente che il loro obiettivo è l’abolizione del capitalismo.
Esaminate il lavoro standard degli attivisti anticapitalisti per il cambiamento climatico e capirete subito cosa intendo. Naomi Klein, la popolare critica del capitalismo e della globalizzazione, ammette di non aver avuto inizialmente alcun interesse particolare per le questioni relative al cambiamento climatico. Poi, nel 2014, ha scritto un corposo tomo di 500 pagine intitolato This Changes Everything: Capitalism vs. The Climate.
Perché improvvisamente si è interessata al cambiamento climatico? Prima di scrivere questo libro del 2014, l’interesse principale della Klein era la lotta contro il libero scambio e la globalizzazione.
Nel suo scritto ammette che: “Sono stata spinta a un impegno più profondo con [il tema del cambiamento climatico] in parte perché ho capito che poteva essere un catalizzatore per forme di giustizia sociale ed economica in cui già credevo”. E spera in “un nuovo tipo di movimento per il clima che intraprenda la lotta contro il cosiddetto libero scambio”. E rifiuta rigorosamente soluzioni altamente efficienti, come l’energia nucleare, che è rispettosa del clima, perché non le interessano affatto le soluzioni nel quadro del capitalismo.
La Klein scrive che riconosce che il cambiamento climatico offre la possibilità di “usare collettivamente la crisi per fare un salto da qualche parte che sembra, francamente, migliore di dove siamo ora” e “che il cambiamento climatico potrebbe diventare una forza catalizzatrice per un cambiamento positivo… potrebbe essere il miglior argomento che i progressisti abbiano mai avuto… per reclamare le nostre democrazie dall’influenza corrosiva delle imprese; per bloccare nuovi dannosi accordi di libero scambio… per aprire le frontiere ai migranti”. La crisi climatica potrebbe “costituire la base di un potente movimento di massa”, che dovrebbe porsi i seguenti obiettivi:
- espandere radicalmente i beni comuni (cioè le proprietà e le risorse dello Stato);
- introdurre una “economia attentamente pianificata;
- per “cambiare praticamente tutto della nostra economia”;
- introdurre “nuove tasse, nuovi programmi di lavori pubblici”;
- “inversioni di rotta delle privatizzazioni”;
- “l’estinzione dell’industria più ricca e potente che il mondo abbia mai conosciuto: l’industria del petrolio e del gas”;
- linee guida governative su “quanto spesso guidiamo, quanto spesso voliamo, se il nostro cibo deve essere trasportato in aereo per arrivare a noi, se i beni che compriamo sono costruiti per durare… quanto sono grandi le nostre case”;
- un riordino fondamentale delle componenti del Prodotto Interno Lordo”;
- “meno investimenti privati nella produzione per un consumo eccessivo”;
- “aumento della spesa pubblica”;
- “molta più ridistribuzione”;
La Klein appoggia il suggerimento secondo cui il 20% più abbiente di una popolazione dovrebbe subire i maggiori tagli per creare una società più equa. Sostiene che “il nostro sistema economico e il nostro sistema planetario al momento sono in guerra” e che l’unica risposta adeguata è “un cambiamento rivoluzionario dell’egemonia politica ed economica”.
Credo che queste citazioni, che sono rappresentative di molte altre affermazioni di questo tipo contenute nel libro della Klein, confermino che gli anticapitalisti come lei si preoccupano solo superficialmente dell’ambiente e del cambiamento climatico. Il loro vero obiettivo è eliminare il capitalismo e stabilire un’economia pianificata gestita dallo Stato. Per questo motivo rifiutano costantemente tutta una serie di misure che potrebbero proteggere l’ambiente e mitigare i rischi del cambiamento climatico, perché sarebbero compatibili con il sistema economico dominante: il capitalismo.
Ogni anno, la Heritage Foundation classifica i Paesi del mondo in base alla loro libertà economica. È una sorta di indice del capitalismo. Ma l’analisi mostra che i Paesi economicamente più “liberi” registrano anche i punteggi più alti nell’indice ambientale EPI dell’Università di Yale, con una media di 76,1, mentre i Paesi “prevalentemente liberi” hanno una media di 70,2. Questi due gruppi hanno un vantaggio significativo sui Paesi “moderatamente liberi”, che hanno ricevuto punteggi molto più bassi (59,6) per le loro prestazioni ambientali. I Paesi classificati dalla Heritage Foundation come “per lo più non liberi” o “repressi” hanno ricevuto di gran lunga i punteggi peggiori dell’Indice di performance ambientale (rispettivamente 46,7 e 50,3).
La tesi secondo cui molti attivisti per il clima e sostenitori di un nuovo New Deal Verde non si preoccupano tanto dell’ambiente quanto di sfruttare questo tema per cercare di abolire il capitalismo e introdurre un’economia pianificata non è affatto un’insinuazione maliziosa.
Anzi, sono gli stessi attivisti del clima ad ammetterlo. Basta leggere quello che scrivono e ascoltare quello che dicono come nel caso di Greta Thunberg.
QUI IL Link all’originale – TRADUZIONE DI PIETRO AGRIESTI
Nessun commento:
Posta un commento