Nessuna sorpresa
di Andrea Zhok - 02/12/2022
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Fonte: Andrea Zhok
La sentenza della Corte Costituzionale, al netto della
motivazioni ancora mancanti, non ha sorpreso nessuno, tranne coloro i
quali si cullavano ancora nell'idea che il diritto avesse uno statuto
autonomo dal potere, dall'egemonia politica, economica, culturale.
Che
possa essere auspicabile una separazione dei poteri è uno dei pochi
desiderata condivisibili della tradizione liberale, ma che tale
separazione dei poteri sussista per il semplice fatto di essere prevista
da disposizioni costituzionali, è solo l'ultima delle infinite
illusioni liberali.
La decisione della Corte è stata ovviamente
politica e pragmatica. Smentire l'operato praticamente unanime del
parlamento degli ultimi due anni avrebbe avuto conseguenze pesanti,
dunque muoia la ragione, si dissangui la giustizia, e vinca la malafede
opportunistica.
E' inutile entrare in una discussione che è oramai
umiliante per chiunque non abbia mandato il cervello all'ammasso:
l'obbligatorietà del trattamento sanitario obbligatorio cui la
popolazione è stata sottoposta non è mai stato giustificabile. Lo si
sapeva quando le decisioni sono state prese e lo si sa oggi. Tutto il
resto, inlcusi i venerabili pronunciamenti della Corte, se non
recepiscono questo semplice fatto, sono e restano balle ipocrite.
La lezione da trarne però è semplice e non nuova: il potere fa il diritto.
Perché la Corte ha deciso così? Semplice, perché era conveniente farlo e perché aveva il potere di farlo.
Perché il parlamento che beccava il mangime dalle mani di Draghi ha preso le decisioni che ha preso nel 2021?
Perché gli conveniva farlo e aveva il potere di farlo.
Perché oggi i nuovi parlamentari continuano a sostenere una politica estera suicida per il paese e antipopolare?
Perché alla maggior parte di loro conviene così, e hanno il potere di farlo.
Qui questioni di giustizia, ragionevolezza, equilibrio, coscienza, scrupolo, sono da tempo morte stecchite.
Siamo
in una nuova era, dove l'esercizio del potere cerca e cercherà sempre
meno di travestirsi di panni civili, perderà sempre meno tempo a
motivare pubblicamente, a scusarsi, a ragionare.
Per tutto questo
c'è già a libro paga un intero apparato di pennivendoli, capaci ogni
giorno di escogitare un nuovo virtuosismo per spiegare che la guerra è
pace, che l'asservimento è libertà, che il privilegio è giustizia, che
la patologia è normalità, che la menzogna è informazione, che la
disoccupazione è flessibilità, che l'emigrazione è mobilità, che
l'ignoranza è competenza, ecc.
E' che è completamente illusorio
pensare che ad un certo punto si toccherà il fondo e che quando si tocca
il fondo non si può che risalire.
E' completamente illusorio
pensare che quando la gente se la vedrà davvero brutta, quando le cose
andranno davvero male, quando il mondo andrà davvero a rotoli, allora sì
che ci sarà una reazione, allora sì che il Potere tremerà.
Sono balle consolatorie.
Nessun
potere cede il passo da solo, nessun potere, per quanto marcio,
collassa su sé stesso; e nessuna collezione di rabbie individuali si
trasforma magicamente in empito rivoluzionario.
Affinché uno
spiraglio, anche piccolo, si apra dobbiamo innanzitutto comprendere bene
la radicalità del momento e la dimensione della minaccia epocale.
La
convergenza storica tra gli interessi del capitale finanziario
sovranazionale e l'incremento esponenziale dei poteri tecnologici a
disposizione del miglior offerente crea una concentrazione di Potere
unica, inedita, straordinaria.
D'altro canto i soggetti umani che
hanno le caratteristiche per occupare le posizioni apicali in questa
cornice di potere sono precisamente quelli che vestono con agio i panni
della volontà di potenza nichilistica, la cui furia demolitiva viene
chiamata "progresso". (Gli "uomini del sottosuolo" - cit. Dostoevsky -
sono oggi al potere, sono il potere).
Ciò che possiamo, dobbiamo, fare richiede due passi.
Per
avere una possibilità, anche minima, di non soccombere dobbiamo
costruire, nutrire, esprimere e sostenere una visione positiva,
credibile, strutturata e conferitrice di senso: niente di meno che una
visione del mondo. Non bastano più battaglie locali, non bastano più
bandiere d'occasione, e non bastano neppure riedizioni immutate di
visioni passate. Il primo fronte di battaglia è dunque culturale,
filosofico e spirituale.
Il secondo fronte, che deve essere aperto
insieme al primo e intrecciarsi con esso, è che va data una nuova
consistenza a quel "noi" che è il soggetto finora sottointeso di questa
rivolta. Oggi non c'è nessun "noi". Esistono sì molti abbozzi, semi,
alcuni germogli, ma nessuna solida pianta che rappresenti proprio quel
"noi" che percepisce il potere corrente nella pienezza della sua
minaccia.
Affinché questa pianta cresca bisognerà abbandonare molte
cose che sono solo zavorra e bisognerà recuperare molte altre cose,
rimosse o dimenticate. Bisognerà mettere da parte molte diffidenze, ma
anche fare spazio a molta dura sincerità.
Come alla soglia
dell'Inferno, anche oggi, tra tutti coloro i quali sentono questa sfida
dovremmo dirci che "Qui si convien lasciare ogni sospetto / Ogni viltà
convien, che qui sia morta."
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