Elezioni in Bosnia Erzegovina: alla prova dello scontro Unipolarismo – Multipolarismo, vince il filorusso Dodik
I risultati delle presidenziali nella Republika Srpska non sono da sottovalutare: i Balcani sono un'area cruciale da sempre
Milorad Dodik, membro serbo della presidenza tripartita bosniaca, ha vinto le elezioni di domenica scorsa alla carica più alta della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina.
Dodik ha battuto, con più del 48% dei voti, l’avversaria Jelena Trivic (che si è fermata al 43%) del Partito del progresso democratico (*). E’ molto importante osservare e analizzare quest’area storicamente cruciale per i destini d’Europa e non solo: la dissoluzione della Jugoslavia ha lasciato ferite profonde e complessi equilibri politici e geopolitici che subiamo ancora oggi. Essi, inevitabilmente, si intrecciano con l’attuale confronto – armato – tra due opposte visioni del mondo.
Buona lettura.
Elezioni in Bosnia Erzegovina: alla prova dello scontro Unipolarismo – Multipolarismo, vince il filorusso Dodik
Di Alessandro Fanetti per ComeDonChisciotte.org
A due passi dall’Italia e nel cuore del continente europeo, fra bellissimi paesaggi e una storia millenaria alle spalle, continua a vivere e a prosperare (forse) il peggiore lascito che l’architettura unipolare ha creato: lo smembramento della Jugoslavia.
Un territorio composto da varie popolazioni, mai totalmente amatesi l’un l’altra, che hanno vissuto nella dissoluzione dell’Unione Sovietica e nei circa venti anni successivi nei quali il mondo unipolare e l’ordine liberale avevano il completo sopravvento sull’architettura internazionale, il proprio dramma collettivo.
Uno smembramento iniziato fin dal 1991 (anche se l’indebolimento del Paese “post – Tito” stava già mostrando segnali preoccupanti) e “terminato” con l’intervento promosso dalla NATO fin dal 1999 con l’operazione “Allied Force”.
Un “Divide et Impera” rispolverato anche in questo caso, dunque, con la distruzione di un territorio e di un Paese che sarebbe stato certamente capace di giocare un ruolo molto significativo e propositivo sia nella sua area geografica di riferimento che nel mondo intero.
Un ruolo che invece non riesce a giocare (e non riuscirà a giocare in futuro), “grazie” alle divisioni drammatiche che vive da anni, all’odio sedimentato fra le varie popolazioni e abilmente fomentato dall’alto, alle incomprensioni mai sciolte (in primis per mancanza di un dialogo chiaro, lineare e in buona fede) e all’impossibilità di essere fautori del proprio destino in quanto schiacciati all’interno di giochi geopolitici “più grandi” di loro.
In questo complesso contesto, particolarmente significativo per l’Italia ma dove il nostro Paese non riesce ad incidere adeguatamente in quanto impossibilitato a giocare un ruolo di primo piano indipendente e con la bussola dell’interesse nazionale (come in Libia, tanto per essere precisi), si sono svolte le elezioni in Bosnia Erzegovina.
Questo Paese, piccolo solo dal punto di vista geografico, è in realtà fondamentale da focalizzare per comprendere bene dove sta andando il mondo e quali sono le forze che si combattono.
Così come il colpo di stato in Burkina Faso di pochissimi giorni fa ha dimostrato, infatti, nessuna parte del globo è immune dallo scontro che stiamo vivendo e che vivremo anche nel prossimo futuro: unipolarismo vs multipolarismo.
La Bosnia Erzegovina, dunque, è una delle entità sorte dalla dissoluzione della Jugoslavia socialista ma ha al proprio interno popolazioni profondamente diffidenti l’un l’altra e che convivono con enormi difficoltà.
La soluzione adottata per cercare di non farsi la guerra ad ogni respiro è stata quella della creazione di due unità amministrative con ampia autonomia e una Presidenza tripartita in grado di rappresentare le tre popolazioni costituenti il Paese: i bosgnacchi (bosniaci musulmani), i croati e i serbi.
Una soluzione che poteva essere considerata un “tampone” in attesa di scelte per garantire ben più stabilità e sicurezza nel Paese.
E che invece si trascina (con pochissime novità) dagli “Accordi di Dayton” del 1995 (guarda caso firmati nella base aerea USAF in Ohio).
Una soluzione che mostra tutti i suoi limiti e le sue fragilità con l’inasprimento delle relazioni internazionali, dalle quali la Bosnia Erzegovina non è immune.
Ne è una lampante dimostrazione proprio questo periodo elettorale, con la vicina Serbia che come sappiamo è molto vicina alla Russia e “trascina” con sé anche la vicina Repubblica Srpska (entità amministrativa facente parte della Bosnia Erzegovina ma di fatto con ampia autonomia).
Come sappiamo, infatti, le popolazioni serbe non hanno mai digerito l’intervento occidentale nelle loro terre (considerato come contro di loro e foriero di danni drammatici), non hanno mai definitivamente accantonato tale evento, tendono a sentirsi sempre accerchiate e minacciate (anche per la “questione Kosovo”) e dunque ripongono molta più fiducia e speranza nella Russia come grande potenza amica e pronta ad aiutarle quando la situazione lo richiede.
Non è un caso se il Presidente serbo Aleksandar Vučić sia il più forte alleato di Putin in Europa (insieme al Presidente ungherese Viktor Orbán).
E non è un caso se nelle elezioni in Bosnia Erzegovina i serbi si siano rifugiati anche questa volta in un candidato nazionalista e filorusso sia per il posto nella presidenza tripartita che per l’assegnazione del posto al vertice della Repubblica Srpska (Zeljka Cvijanovic & Milorad Dodik) mentre i croati e i musulmani abbiano scelto candidati più moderati.
Dodik anche separatista, in quanto rappresentate di tutto quel filone (maggioritario) della popolazione serba preoccupato di rivivere i drammatici anni ’90 e che non si fida di condividere il territorio con popolazioni non considerate amiche e alleate.
Nel dettaglio, le elezioni sono andate così:
- Il candidato bosgnacco eletto è stato Denis Becirovic.
- Quello croato è stato Zeljko Komsic.
- Quello serbo è stato Zeljka Cvijanovic.
- Quello a capo della Repubblica Srpska è stato Milorad Dodik.
Di seguito, alcune dichiarazioni di Dodik durante e post campagna elettorale:
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“[…] La Russia è un indubbio alleato che rispetto e rispetto il presidente (Vladimir) Putin […]”. (1)
-
“[…] Non possiamo rimanere in Bosnia-Erzegovina, non è il posto giusto per noi; è un luogo che ci impedisce costantemente di svilupparci […]. Ritengo che queste condizioni (la separazione) si stiano ormai concretizzando, l’Europa è sempre più in difficoltà, l’America sta perdendo la sua forza. Si sta creando un nuovo mondo […]. Abbiamo le migliori relazioni possibili con la Russia; l’entusiasmo per l’Unione Europea qui si è perso; l’Ue produce più problemi che soluzioni. Penso che l’Ue sia stata una grande frode per noi negli ultimi 20 anni […]”. (2)
In conclusione, dunque, è possibile affermare che anche nel contesto dei Balcani lo scontro unipolarismo vs multipolarismo è più vivo che mai.
E la Bosnia Erzegovina ne è uno dei protagonisti principali, in quanto la “soluzione” portata nel post dissoluzione URSS non ha assolutamente garantito la stabilità e la pace tanto agognate dalle popolazioni del territorio.
Una situazione che interessa certamente le grandi potenze (con obiettivi opposti) ma che dovrebbe interessare decisamente anche chi con quei Paesi e quei territori ci confina (o quasi).
Non sempre (o quasi mai) gli interessi di chi si trova dall’altra parte dell’oceano coincidono con quelli di chi si trova a pochi km dai “fatti caldi” e questo andrebbe compreso il prima possibile (agendo di conseguenza). Ma questa è un’altra storia e, per questo articolo, ci fermiamo qui.
Di Alessandro Fanetti per ComeDonChisciotte.org
Alessandro Fanetti, studioso di geopolitica e relazioni internazionali, autore del libro Russia: alla ricerca della potenza perduta (Edizioni Eiffel, 2021).
04.10.2022
NOTE
- “[…] Russia is an undoubted ally that I respect, and I respect President (Vladimir) Putin […]”
(2) = https://kmetro0.it/2022/09/28/elezioni-in-bosnia-dodik-critica-lue-e-loda-la-russia/.
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