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Ucraina, difesa territoriale e ruolo dei civili
01/03/2022 | Marco Ramius
Al quinto giorno della guerra in Ucraina, è possibile fare un primo bilancio partendo dalle ottime performance delle Forze Armate ucraine e dai grandi problemi incontrati dai Russi. Tutto bene per gli ucraini dunque? In realtà no, dal momento che il fronte sud appare quello che sta mostrando più criticità. La mancata conquista di Kherson, difatti, non ha impedito puntate in profondità sia ad ovest che ad est della Crimea (sulla cui direzione ci si era già mossi passando per il nodo di Henishek). Nel primo caso, assalti a Mikolayvka si sono rivelati infruttuosi, e sembra che nelle ultime 24/36 ore forze russe abbiano fatto avanti e indietro nel premere alternativamente sia su tale importante centro, che su Kherson. Il motivo è probabilmente dovuto al fatto che Mykoayvka si è auto isolata tramite l’interruzione dei ponti comunicanti con le arterie collegate a Kyev e soprattutto ad Odessa, mentre, d’altra parte, ha lasciato aperto i suoi collegamenti con Kherson (anch’essa isolata) al fine di costituire un’unica linea difensiva di reciproco supporto, potenzialmente foriera di una controffensiva che potrebbe imbottigliare truppe che volessero impegnarsi troppo su Mykoayvka. Al momento essa effettivamente appare sotto tentativi di forzamento di una grossa componente meccanizzata, difficile da quantificare nella sua dimensione. Nel secondo caso, la caduta di Berdyansk (non troppo difficoltosa, sebbene certamente la località non fosse davvero tenibile dopo la conquista di Melitopol), ha consolidato la linea di sostegno delle truppe che già in precedenza erano riuscite a giungere nella cittadina di Urzuf, alle spalle di Mariupol, la quale, difatti, da un paio di giorni risulta praticamente circondata. Il famoso Reggimento AZOV, uno dei protagonisti della stagione dei Battaglioni Territoriali di volontari che autonomamente (o con finanziamenti da parte di oligarchi di vario tipo) si formarono durante i fatti del 2014, prima del conflitto era in parte acquartierato in tale località. Al momento sembra che stia tenendo duro contro forze russe che, benché abbiano nei fatti saldato i territori separatisti con la Crimea, nondimeno risulterebbero azzoppate da scarsità di uomini e carburante. Pertanto, nelle ultime 24 ore Mariupol ha continuato ad essere risparmiata da combattimenti e finanche bombardamenti nel proprio centro, sebbene i quartieri collocati alla destra del fiume Kalmius, confinanti con i paesotti di Sartana e Talakivka, conquistati in ore recenti dai separatisti, continuino a risultare sotto una pressione sempre più crescente. Essendo circondata, probabilmente Mariupol è la città a maggior rischio di catastrofe umanitaria. Di quasi mezzo milione di persone, il più importante porto del Mar d’Azov starebbe già esaurendo le scorte alimentari (esempio: il costo del pane, quando si trova, in 3 giorni è passato da 4 UAH al kg ad oltre 110 UAH). Da notare come oramai giornaliere notizie di sbarchi su (o accanto a) Mariupol od Odessa non appaiono confermati, ed è possibile che media occidentali ripetano post russi su qualche social finalizzati a far scappare la popolazione al fine di intasare le vie di comunicazione interne. Difatti, queste risultano già congestionate di veicoli di ogni tipo che tentano di dirigersi verso frontiere polacche, ungheresi e moldave. Le pochissime arterie stradali dell’heartland urcaino, dunque, si prestano davvero poco a spostamenti di truppe ucraine da un fronte all’altro. È anche per questo che le unità dell’Esercito di ogni fronte ingaggiato si affidano a rinforzi ad hoc creati sul posto tramite l’afflusso volontario di civili più o meno militarizzati. Quanto questo fosse stato previsto nel concetto operativo difensivo iniziale o sia un qualcosa spontaneamente creatosi sotto la pressione del conflitto non risulta ancora chiaro, sebbene di massima propenderemmo più per la prima ipotesi. E qui arriviamo a quella sorta di “difesa totale” alla jugoslava titina che, sia come sia, ha comunque preso corpo in questa guerra, e che può contribuire fortemente alla crisi del dispositivo offensivo russo. Cominciamo subito a dire che, a differenza di alcuni titoli mediatici, in pressoché tutti i casi le battaglie cittadine si sono sinora svolte alle periferie dei centri urbani. In tal senso, le unità di volontari alla bisogna hanno giocato un ruolo non indifferente nella sicurezza dei centri da taluni raid compiuti da gruppi tattici di forze speciali russe a sabotatori filo-russi. Tuttavia, il grosso dei combattimenti, finora vittoriosi, è stato senz’altro svolto da formazioni regolari dell’Esercito e della Guardia Nazionale (che da anni ha riunito i menzionati Battaglioni/Reggimenti Territoriali del 2014). Le crescenti unità di volontari civili stanno però: rinforzando i centri delle città minando ponti, viadotti e canalini (probabilmente degli IED stanno venendo predisposti); mettendo in opera nidi di mitragliatrici e postazioni per cecchinaggio, armi portatili anticarro e MANPADS; confondendo la segnaletica stradale; fabbricando e distribuendo bombe molotov (stabilimenti di prodotti alcolici si sono convertite allo scopo, come nella Finlandia della Guerra d’Inverno). Parte della popolazione non direttamente belligerante (o perlomeno non direttamente armata) contribuisce in questo quadro in ulteriori forme, quasi da epopee romantiche, quali: anziani abitanti di condomini e casermoni residenziali che si prestano a fare da spotter di movimenti avversari con telefonini e radio portatili; cordoni di civili che sfidano i carri russi a travolgerli (finora non vi sono notizie che ciò si sia poi verificato, anzi, in rete si trovano video di formazioni meccanizzate che desistono da ulteriori avanzate); donne e bambini che cuciono uniformi e teloni mimetici per i propri soldati. Al di là dell’alone, come già detto, epico, questo fenomeno sembra abbastanza generalizzato e certamente preoccupante per i russi che, c’è da scommetterci, temono una, dieci, cento Grozny. É in questo quadro che probabilmente si colloca il turning point di oggi a Kharkhiv. Il terribile bombardamento indiscriminato del centro città con MRLS, difatti, segna un distacco da quello che, forse, aveva finora rappresentato parte del concetto operativo dei russi: puntare con forza sulle città etnicamente e/o linguisticamente ucraine, e aggredire con minore violenza (soprattutto artiglieresca) i centri russofoni dell’est (che in qualche caso erano anche caduti parzialmente e/o brevemente sotto controllo separatista nel 2014). Il tentativo stroncato di entrare a Kharkhiv con forze leggere, sembra aver portato i russi ad abbracciare una strategia diversa, basata su accerchiamento delle città ed impiego all’occorrenza del fuoco di artiglieria.
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