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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Un'accurata ed esaustiva analisi della fallimentare controffensiva ucraina. Da attacanti sembrano divenuti assediati, il collasso rischia di essere imminente

 História Militar em Debate | Tag: Rabotino-Verbove

Sfuggire al guerra di logoramento: l’Ucraina tenta la sorte

Il blockbuster estivo di Zaporizhia

bigserge.substack.com

È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che avevo pubblicato un pezzo di una certa lunghezza a commento della guerra russo-ucraina in corso, e confesso che scrivere questo articolo mi ha creato un po’ di problemi. La tanto attesa grande controffensiva estiva dell’Ucraina è in corso da circa ottanta giorni e non ha dato grandi risultati. L’estate ha visto combattimenti accaniti in diversi settori (che verranno elencati di seguito), ma la linea di contatto si è spostata assai poco. Ero riluttante a pubblicare una discussione sulla campagna ucraina semplicemente perché gli ucraini avevano continuato a non impegnare le truppe di riserva, e non volevo pubblicare un commento prematuro che andasse in stampa proprio prima che gli ucraini mostrassero qualche nuovo trucco o rivelassero un asso nascosto nella manica. Avevo comunque scritto la maggior parte di questo articolo la settimana scorsa, proprio prima che l’Ucraina lanciasse l’ennesimo tentativo di forzare una breccia nel settore di Orikhiv.

A questo punto, però, l’apparizione di alcune delle ultime brigate d’elite ucraine, che in precedenza erano state tenute in riserva, conferma che gli assi dell’attacco ucraino si sono concretizzati. Solo il tempo ci dirà se queste preziose riserve riusciranno a fare breccia nelle linee russe, ma ne è passato abbastanza da poter delineare cosa esattamente l’Ucraina ha cercato di fare, perché, e perché ha fallito, almeno fino a questo punto.

Parte del problema nel raccontare la guerra in Ucraina è la natura posizionale e di logoramento dei combattimenti. Si continua a cercare una qualche manovra operativa coraggiosa per sbloccare la situazione, ma la realtà sembra essere che, per ora, una combinazione di capacità e reticenza ha trasformato questa guerra in una lotta posizionale con un ritmo offensivo lento, che assomiglia molto di più alla Prima Guerra Mondiale che alla seconda.

L’Ucraina aveva l’ambizione di aprire questo fronte logorante e di riprendere le operazioni mobili, sfuggire ai combattimenti di attrito e puntare su obiettivi significativi dal punto di vista operativo, ma finora questi sforzi non sono andati a buon fine. Per quanto si sia vantata di avere un’arte di manovra superiore, l’Ucraina si trova ancora intrappolata in un assedio, e cerca dolorosamente e senza successo di sfondare le impenetrabili posizioni russe.

L’Ucraina potrebbe non essere interessata ad una guerra di logoramento, ma il logoramento è certamente interessato all’Ucraina.

Il paradigma strategico dell’Ucraina

Per coloro che hanno seguito da vicino la guerra, quelle che seguono non saranno probabilmente informazioni nuove, ma credo che valga la pena di riflettere in modo completo sulla guerra dell’Ucraina e sui fattori che guidano il suo processo decisionale strategico.

Per l’Ucraina, la conduzione della guerra è influenzata da una serie di inquietanti asimmetrie strategiche.

Alcune di queste sono ovvie, come il fatto che la Russia dispone di una popolazione e di una industria militare molto più grandi, o che l’economia bellica russa è interna, mentre quella Ucraina dipende esclusivamente dalle forniture occidentali di attrezzature e munizioni. La Russia è in grado di aumentare autonomamente la produzione di armamenti e dal campo di battaglia arrivano numerosi segnali che l’economia bellica russa sta iniziando a trovare il suo ritmo, con nuovi sistemi, come il Lancet, presenti in quantità crescente e con le fonti occidentali che ammettono che la Russia è ora in grado di produrre in serie una versione nazionale del drone iraniano Shahed. Inoltre, la Russia ha la capacità asimmetrica di colpire le retrovie ucraine in una misura che l’Ucraina non può ricambiare, anche se le vengono forniti i temuti ATACM (questi missili hanno un raggio d’azione sufficiente per dare all’Ucraina la possibilità di colpire obiettivi in profondità operativa nel teatro bellico, ma con essi non è possibile raggiungere le fabbriche di Mosca e Tula, mentre i missili russi possono colpire ovunque in Ucraina).

Con le significative asimmetrie russe in termini di dimensioni della popolazione, capacità industriale, capacità di attacco e – diciamolo pure – sovranità e libertà decisionale, una lotta di tipo posizionale è semplicemente negativa per l’Ucraina, eppure è proprio questo il tipo di guerra in cui è rimasta intrappolata.

Ciò che è importante capire, tuttavia, è che l’asimmetria strategica va oltre le capacità fisiche, come la base di popolazione, gli impianti industriali e la tecnologia missilistica, e si estende al regno degli obiettivi strategici e delle tempistiche.

La guerra, da parte della Russia, è stata deliberatamente inquadrata in modo abbastanza aperto, con obiettivi in gran parte legati all’idea di “smilitarizzare” l’Ucraina. In effetti, gli obiettivi territoriali della Russia rimangono piuttosto nebulosi al di là dei 4 oblast annessi (anche se è sicuro che Mosca vorrebbe acquisire una fetta molto più ampia di territorio). Tutto questo per dire che il governo di Putin ha deliberatamente inquadrato la guerra come un’impresa tecnico-militare incentrata sulla distruzione delle forze armate ucraine e si è dimostrato perfettamente libero di cedere territori in nome della prudenza operativa.

Al contrario, l’Ucraina ha obiettivi massimalisti di natura esplicitamente territoriale. Il governo Zelensky ha dichiarato apertamente che mira – per quanto fantasioso possa essere – a ripristinare la totalità dei territori del 1991, compresi non solo i quattro oblast’ continentali ma anche la Crimea.

La confluenza di questi due fattori – il massimalismo territoriale ucraino combinato con i vantaggi asimmetrici russi in una lotta di posizione-logoramento – costringe l’Ucraina a cercare un modo per rompere il fronte e ripristinare uno stato di fluidità operativa. Rimanere bloccati in una lotta posizionale è impraticabile per Kiev, in parte perché i vantaggi materiali della Russia inevitabilmente emergeranno (in un combattimento tra due individui che si scambiano mazzate, è meglio scommettere sul più grosso e con la mazza più grande) e in parte perché una guerra posizionale (che equivale essenzialmente ad un massiccio assedio) semplicemente non è un modo efficiente per riconquistare un territorio.

Questo non lascia all’Ucraina altra scelta che sbloccare il fronte e cercare di ripristinare le operazioni mobili, con l’obiettivo di creare una propria asimmetria. L’unico modo possibile per raggiungere questo obiettivo è lanciare un’offensiva che vada ad interrompere le linee vitali di comunicazione e di rifornimento russe. Contrariamente ad alcuni suggerimenti diffusi questa primavera, una grande offensiva ucraina contro Bakhmut o Donetsk non era semplicemente adatta.

Francamente, c’erano sono solo due obiettivi operativi adatti all’Ucraina. Uno era Starobils’k, il cuore pulsante al centro del fronte russo di Lugansk. Catturare Svatove e poi Starobils’k avrebbe creato una vera e propria catastrofe operativa per la Russia nel nord, con effetti a cascata fino a Bakhmut. Il secondo possibile obiettivo era il ponte terrestre verso la Crimea, che avrebbe potuto essere tagliato da un’avanzata attraverso la bassa Zaporizhia verso la costa di Azov.

Era probabilmente inevitabile che l’Ucraina scegliesse l’opzione Azov, per diverse ragioni. Il ponte terrestre verso la Crimea è uno spazio di battaglia più autonomo – un’offensiva a Lugansk sarebbe troppo vicina alle regioni russe di Belgorod e Voronezh, e sarebbe molto più difficile mettere fuori gioco forze russe significative. Forse ancora più importante, tuttavia, è l’ossessione di Kiev per la Crimea e il ponte di Kerch, obiettivi che esercitano un’influenza ipnotica che Starobils’k non potrebbe mai avere.

Ancora una volta, questa può sembrare una ipotesi abbastanza intuitiva, ma credo valga la pena contemplare come e perché l’Ucraina ha finito per lanciare un’offensiva ampiamente telegrafata e prevista. Non c’è stata alcuna sorpresa strategica – un video, sicuramente reale, del capo del GUR Budanov che sogghignava non aveva ingannato nessuno. Le forze armate russe non si sono certo lasciate ingannare, dopo aver passato mesi a saturare il fronte con campi minati, trincee, postazioni di tiro e ostacoli vari. Tutti sapevano che l’Ucraina avrebbe attaccato verso la costa di Azov, in particolare con un occhio di riguardo per Tokmak e Melitopol, ed è esattamente quello che hanno fatto. Un attacco frontale contro una difesa preparata senza l’elemento sorpresa è generalmente considerato una scelta sbagliata, ma ecco che l’Ucraina non solo tenta un attacco di questo tipo, ma lo sferra addirittura in un contesto di festeggiamenti globali e aspettative fantasmagoriche.


È impossibile dare un senso a tutto questo senza capire come attualmente l’Ucraina sia bloccata in una particolare interpretazione della guerra. L’Ucraina e i suoi sostenitori si rifanno a due successi nel 2022, in cui l’Ucraina era stata in grado di riconquistare una parte sostanziale del territorio, negli oblast di Kharkov e Kherson. Il problema è che nessuna di queste situazioni è trasferibile a quella di Zaporizhia.

Nel caso dell’offensiva di Kharkov, l’Ucraina aveva individuato un settore del fronte russo che era stato svuotato e che era difeso solo da un velo di truppe. L’Ucraina era stata in grado di allestire una forza d’attacco e di ottenere una certa sorpresa strategica, grazie alle fitte foreste e alla generale scarsità di ISR russa nell’area. Questo non per sminuire la portata del successo ucraino in quell’area; sicuramente aveva utilizzato al meglio le forze a sua disposizione e aveva sfruttato una sezione debole del fronte. Questo successo non è affatto rilevante per le circostanze odierne nel sud; la mobilitazione ha migliorato i problemi di generazione di forze della Russia, che ora non deve più fare scelte difficili su cosa difendere, e la linea del fronte di Zaporizhia, pesantemente fortificata, non è per nulla simile al fronte di Kharkov, che era tenuto solo da un velo di truppe.

Il secondo caso di studio – la controffensiva di Kherson – è ancora meno pertinente. In questo caso, la leadership ucraina sta riscrivendo la storia a tempo di record. L’AFU aveva sbattuto la testa contro le difese russe a Kherson per mesi, durante l’estate e l’autunno dell’anno scorso, subendo perdite atroci. Un intero gruppo di brigate dell’AFU era andato distrutto a Kherson senza ottenere uno sfondamento, e questo anche con le forze russe in una disposizione operativa unica e difficile, con le spalle al fiume. Kherson era stata abbandonata [dai russi]  mesi dopo per il timore che la diga di Kakhovka potesse cedere o essere sabotata (in effetti, poi era andata a finire proprio così) e per la necessità della Russia di economizzare le forze.

Ancora una volta, questo può essere facilmente frainteso come il fatto che il ritiro della Russia da Kherson non avrebbe avuto importanza. Ovviamente, abbandonare una testa di ponte duramente guadagnata è una battuta d’arresto importante e la riconquista della riva occidentale di Kherson era stata una manna per Kiev. Ma dobbiamo essere onesti sul perché era successo e, chiaramente, non era dovuto alla controffensiva estiva dell’Ucraina, ricordiamoci che i funzionari ucraini si erano apertamente chiesti se il ritiro russo fosse un trucco o una trappola. La questione è, semplicemente, se l’offensiva ucraina di Kherson sia predittiva di futuri successi offensivi. Non lo è.

Quindi, abbiamo un caso in cui l’Ucraina aveva individuato una sezione di fronte poco difesa e l’aveva sfondata e un altro in cui le truppe russe avevano abbandonato una testa di ponte a causa di problemi logistici e di allocazione delle forze. Nessuno dei due casi è particolarmente rilevante per la situazione sulla costa di Azov e, in effetti, una riflessione onesta sulla controffensiva ucraina di Kherson avrebbe potuto indurre l’Ucraina a ripensare ad un assalto frontale contro difese russe preparate.

Invece, Kharkov e Kherson sono state presentate come la prova che l’Ucraina avrebbe potuto distruggere le difese russe in uno scontro diretto – in realtà, in questa guerra non abbiamo ancora visto situazioni in cui l’AFU abbia sconfitto posizioni russe fortemente difese, in particolare dopo la mobilitazione russa, quando la Russia aveva finalmente iniziato a risolvere le sue carenze di personale. Ma l’Ucraina è presa nella morsa della sua particolare narrativa bellica, che le ha trasmesso una fiducia non meritata nella sua capacità di condurre operazioni offensive. Tragicamente per tutti i Mykolas mobilitati, questa storia si è intrecciata con una seconda mitologia, utile solo a generare spavalderia.

Uno dei principali argomenti di marketing a favore della controffensiva ucraina è stata la cosiddetta superiorità delle grandi donazioni all’AFU da parte dell’Occidente – carri armati pesanti e veicoli da combattimento per la fanteria. Da quando erano state annunciate le prime consegne, non sono mancate le vanterie sulle qualità superiori dei modelli occidentali, come i Leopard e i Challenger. Il messaggio era essenzialmente che gli abili carristi ucraini aspettavano solo di scatenarsi alla guida di questi superlativi modelli occidentali. Il mio ritornello preferito era l’abitudine di liquidare i carri armati russi come “dell’era sovietica“, trascurando il fatto che anche l’Abrams (progettato nel 1975) e il Leopard 2 (1979) sono modelli della Guerra Fredda.


Va detto ancora una volta che non c’è nulla di sbagliato nei carri armati occidentali. L’Abrams e il Leopard sono ottimi mezzi, ma la fiducia nelle loro capacità di cambiare le carte in tavola deriva da un presupposto sbagliato sul ruolo dei mezzi corazzati. Bisogna rendersi conto che i carri armati sono sempre stati e sempre saranno oggetti di consumo di massa. I carri armati bruciano. Vengono messi fuori uso. Si rompono e possono essere catturati. I carri armati si logorano molto più velocemente di quanto creda la gente. Dato che le brigate ucraine preparate per l’assalto alla linea di Zaporizhia erano significativamente sotto-fornite di veicoli, era semplicemente irrazionale aspettarsi che potessero avere un impatto significativo. Questo non vuol dire che i carri armati non siano importanti – i corazzati sono fondamentali per i combattimenti moderni – ma in un conflitto alla pari ci si deve sempre aspettare di perdere blindati a ritmo costante, soprattutto quando il nemico mantiene la superiorità di fuoco.

Si può quindi capire come una certa dose di arroganza possa facilmente insinuarsi nel pensiero ucraino, alimentata da una sana dose di disperazione e necessità strategica. Ragionando sulla base di una comprensione distorta dei successi ottenuti a Kharkov e Kherson, confortati dai loro nuovi giocattoli scintillanti e guidati da un’ansia strategica che imponeva loro di sbloccare il fronte a tutti i costi, l’idea di un attacco frontale senza sorpresa strategica contro una difesa preparata avrebbe potuto comunque sembrare una buona idea. Se si aggiunge il buon vecchio tropo dell’incompetenza e del disordine dell’esercito russo, ci sono tutti gli ingredienti per un imprudente lancio di dadi da parte dell’Ucraina.

Il fallimento

Veniamo ora alle minuzie operative. Per una serie di ragioni, l’Ucraina ha scelto di tentare un assalto frontale al fronte fortificato russo di Zaporizhia, con l’intenzione di sfondare verso il mare di Azov. Come potrebbe riuscirci?

Avevamo avuto alcuni indizi all’inizio, derivanti da una serie di caratteristiche geografiche e da presunte fughe di notizie da parte dell’intelligence. A maggio, il Rapporto Dreizin aveva pubblicato una presunta sintesi russa dell’OPORD (Ordine Operativo) ucraino. Il documento condiviso da Dreizin era stato presentato come una sintesi delle aspettative russe per l’offensiva ucraina (in altre parole, non si trattava di una fuga di notizie sui documenti di pianificazione interna dell’Ucraina, ma della migliore ipotesi russa sui piani dell’Ucraina).

In ogni caso, in mancanza di meglio era comunque lecito chiedersi se l’OPORD di Dreizin fosse autentico, ma, in seguito, siamo stati in grado di verificarlo. Questo è stato reso possibile da un’altra e ancor più famosa fuga di notizie, avvenuta all’inizio della primavera e che includeva il piano del Pentagono per la costruzione della forza di combattimento ucraina.

La NATO è stata molto generosa e ha regato all’Ucraina un pacchetto d’attacco meccanizzato partendo da zero. Poiché questa forza meccanizzata è stata messa insieme con una varietà di sistemi diversi provenienti da tutti gli angoli dell’Universo Cinematico della NATO, le formazioni ucraine sono identificabili in modo univoco dalla loro particolare combinazione di veicoli ed equipaggiamenti. Così, ad esempio, l’apparizione di Stryker, Marder e Challenger indica la presenza sul campo dell’82ª Brigata, e così via.

Quindi, nonostante le pretese ucraine di sicurezza operativa, per gli osservatori è stato molto facile sapere quali formazioni ucraine erano sul campo. C’erano state alcune deviazioni dal copione – per esempio, la 47a Brigata avrebbe dovuto schierare i carri armati “Frankenstein” sloveni M55, [i più brutti al mondo], ma, alla fine, si era deciso di inviare gli M55 sottopotenziati al fronte settentrionale e la 47a era stata schierata con un contingente di carri armati Leopard originariamente gestiti dalla 33a Brigata. Ma questi sono dettagli minori e, nel complesso, avevamo avuto una buona percezione di quando e dove specifiche formazioni AFU sarebbero scese in campo.

Sulla base di unità identificabili, l’OPORD di Dreizin sembra molto vicino a ciò che avevamo effettivamente visto all’inizio dell’offensiva ucraina. L’OPORD di Dreizin prevedeva un assalto della 47a e della 65a Brigata alle linee russe a sud di Orikhiv, nel settore delimitato da Nesterianka e Novoprokopivka. Proprio al centro di questo settore si trova la città di Robotyne, ed è proprio lì che il 7 e 8 giugno si è verificato il primo grande assalto dell’AFU, guidato dalla 47ª Brigata.

Da allora è diventato difficile valutare l’OPORD di Dreizin, semplicemente perché l’attacco ucraino è deragliato all’istante, ma una cosa che possiamo dire è che la fonte di Dreizin era corretta riguardo all’ordine con cui le unità ucraine sarebbero state usate in battaglia. Su questa base, possiamo analizzare l’OPORD e scommettere con sicurezza che questo è ciò che gli ucraini speravano di ottenere:


L’intenzione sembra essere stata quella di aprire una breccia nella linea russa utilizzando un assalto concentrato di mezzi corazzati da parte della 47a e della 65a Brigata, dopodiché una forza successiva composta dalla 116a, 117a e 118a avrebbe iniziato l’avanzata vera e propria, dirigendosi verso la costa del Mare di Azov e le città di Mikhailivka e Vesele a ovest. L’obiettivo era chiaramente quello di non impantanarsi in combattimenti urbani nel tentativo di catturare località come Tokmak, Berdyansk o Melitopol, ma di aggirarle e tagliarle fuori, istituendo posti di blocco sulle strade principali.

Contemporaneamente, una spinta minore – ma non meno critica – avrebbe progredito dall’area di Gulyaipole e si sarebbe diretta lungo l’asse di Bilmak. Questo avrebbe avuto l’effetto sia di proteggere l’avanzata principale a ovest, che quello di inserire un cuneo nel fronte russo, spezzando l’integrità delle forze russe prese nel mezzo. Nel complesso, si trattava di un piano abbastanza sensato, anche se ambizioso e poco creativo. Per molti versi, questa era davvero l’unica opzione.

Cos’è andato storto, dunque? Beh, concettualmente è facile da capire. La breccia non c’è. La maggior parte dello schema di manovra è dedicata all’avanzata: raggiungere una tale linea, occupare questa posizione di blocco, aggirare quella città e così via. Ma cosa succede quando non c’è una breccia? Come può verificarsi una tale catastrofe e come si può salvare l’operazione quando va tutto a rotoli già nella fase di apertura?

In effetti, è proprio quello che è successo. L’Ucraina si è trovata bloccata ai margini della linea di protezione più esterna della Russia, e ha speso ingenti risorse nel tentativo di catturare il piccolo villaggio di Robotyne, e/o di aggirarlo a est infiltrandosi nel varco tra questo e il vicino villaggio di Verbove. Quindi, invece di questa rapida manovra di sfondamento e di svolta verso Melitopol, abbiamo qualcosa del genere:

Potremmo essere generosi e dire che Robotyne è l’ultimo villaggio prima che l’attacco ucraino raggiunga la principale cintura difensiva russa, ma mentiremmo: dovranno anche liberare la città più grande di Novoprokopivka, due chilometri a sud. A titolo di riferimento, ecco uno sguardo più ravvicinato alle difese russe mappate nello spazio di battaglia, basato sull’eccellente lavoro di Brady Africk.

La discussione su queste postazioni può diventare un po’ confusa, semplicemente perché non è sempre chiaro cosa si intenda con la famosa frase “prima linea di difesa”. Chiaramente ci sono alcune opere difensive intorno e a Robotyne, e i russi hanno scelto di combattere per il villaggio, quindi, in un certo senso, Robotyne fa parte della “prima linea” – ma sarebbe più corretto considerarlo come parte di quella che chiameremmo una “linea di schermatura”. La prima linea di fortificazioni continue lungo il fronte si trova diversi chilometri più a sud, ed è questa la fascia che l’Ucraina non ha ancora raggiunto, figuriamoci sfondarla.

Al momento, sembra che le truppe russe abbiano perso il controllo totale di Robotyne ma che continuino a tenere la metà meridionale del villaggio, mentre le truppe ucraine nella metà settentrionale del villaggio continuano ad essere soggette a pesanti bombardamenti russi. Probabilmente a questo punto dovremmo considerare il villaggio come conteso e come un elemento della zona grigia.


Ora, una breve nota sulla stessa Robotyne e sul motivo per cui entrambe le parti sono così determinate a combattere per il suo possesso. Sembra piuttosto strano in apparenza, dal momento che nel 2022 i russi avevano preferito effettuare ritiri tattici sotto il loro ombrello di fuoco. Questa volta, però, stanno contrattaccando ferocemente per il possesso di Robotyne. Il valore del villaggio non risiede solo nella sua posizione sull’autostrada T-0408, ma anche nella sua eccellente posizione in cima ad un crinale. Sia Robotyne che Novoprokopivka si trovano su una cresta elevata di ben 70 metri rispetto alla pianura più bassa a est.

Ciò significa che se l’AFU si spingerà in avanti nel tentativo di aggirare la posizione di Robotyne-Novoprokopivka avanzando nel varco tra Robotyne e Verbove, sarà vulnerabile al fuoco laterale (in particolare degli ATGM) delle truppe russe dislocate in altura. Abbiamo già visto filmati di questo tipo, con veicoli ucraini colpiti ai fianchi dal fuoco proveniente da Robotyne. Sono molto scettico sul fatto che l’Ucraina possa anche solo tentare un serio assalto alla prima cintura difensiva, almeno finché non avrà catturato sia Robotyne che Novoprokopivka.

In circostanze ideali, [anche per una forza fresca] tutto questo sarebbe una bella gatta da pelare, con una serie di problemi ingegneristici da risolvere, ostacoli progettati per incanalare l’attaccante in corsie di tiro, trincee perpendicolari per consentire il fuoco di infilata sulle colonne ucraine in avanzamento, e difese robuste su tutte le principali arterie stradali. Ma queste non sono le circostanze migliori. [Quella ucraina] è una forza stanca, che ha esaurito gran parte della propria potenza di combattimento e che sta cercando di organizzare l’attacco utilizzando un pacchetto d’assalto frammentario e sotto-forza.

Diversi fattori hanno cospirato contro l’offensiva ucraina e, in modo sinergico, hanno creato una vera e propria catastrofe militare per Kiev. Elenchiamoli.

Problema 1: lo strato difensivo nascosto

A questo punto, per quel che riguarda le tattiche difensive russe, dobbiamo puntualizzare una cosa che è sfuggita a tutti. In precedenza avevo espresso grande fiducia nel fatto che le forze ucraine non sarebbero state in grado di fare breccia nelle difese russe, ma credevo erroneamente che la difesa russa avrebbe funzionato secondo i classici principi sovietici della difesa in profondità (delucidati in modo molto dettagliato dagli scritti di David Glantz, per esempio).


Una difesa di questo tipo, in parole povere, è aperta all’idea che il nemico possa sfondare la prima o anche la seconda linea di difesa. Lo scopo della difesa a più livelli (o “echeloned”, nella terminologia classica) è quello di garantire che la forza nemica rimanga bloccata nel tentativo di sfondamento. Può penetrare il primo livello, ma, man mano che procede, viene continuamente triturata dalle fasce successive. L’esempio classico è la Battaglia di Kursk, dove i potenti panzer tedeschi erano penetrati nelle cinture difensive sovietiche, per poi essere bloccati e distrutti. Si può fare un’analogia con il giubbotto di kevlar, che utilizza una rete di fibre per fermare i proiettili: invece di rimbalzare, il proiettile viene catturato e la sua energia viene assorbita dagli strati di fibre.

In realtà ero abbastanza aperto all’idea che l’Ucraina avrebbe generato una certa penetrazione, ma prevedevo che si sarebbe incastrata nei livelli successivi e che sarebbe stata respinta.

Ciò che mancava in questo quadro – e questo è un merito della pianificazione russa – era una cintura difensiva invisibile davanti alle trincee e alle fortificazioni vere e proprie. Questa cintura anteriore consiste in campi minati estremamente densi e in posizioni avanzate fortemente difese nella linea di schermatura, posizioni che i russi intendono evidentemente difendere con ferocia. Invece di sfondare la prima cintura e rimanere bloccati nelle zone intermedie, gli ucraini sono stati continuamente fatti a pezzi nella zona di sicurezza, subendo i contrattacchi russi ogni volta che riuscivano ad ottenere un punto d’appoggio.

In altre parole, mentre ci aspettavamo che la Russia combattesse una difesa in profondità che assorbisse le punte di diamante ucraine e le facesse a pezzi nel cuore della difesa, i russi hanno, in realtà, dimostrato un forte impegno nel difendere le loro posizioni più avanzate, di cui Robotyne è la più famosa.

Sulla carta, Robotyne avrebbe dovuto funzionare come parte di una cosiddetta “zona di accartocciamento”, o “zona di sicurezza” – una sorta di cuscinetto per tenere il nemico sotto linee di tiro prefissate prima che riesca ad arrivare a contatto della prima cintura di difese continue e fortemente presidiate. In effetti, una serie di rilevamenti aerei e satellitari dell’area, effettuati prima che l’Ucraina passasse all’attacco, mostrano che Robotyne si trova molto avanti rispetto alla prima cintura di fortificazioni russe solide e continue.

Ciò che è sfuggito, a quanto pare, è la misura in cui i difensori russi hanno minato le aree di avvicinamento a Robotyne e il loro impegno a difendersi all’interno della zona di sicurezza. L’estensione delle aree minate sembra aver sorpreso gli ucraini e sta mettendo a dura prova le limitate capacità di sminamento dell’Ucraina. Ancora più importante è il fatto che il tappeto di mine ha incanalato le forze ucraine su vie di avvicinamento prevedibili, battute dal fuoco incrociato dell’artiglieria russa.

Problema 2: soppressione insufficiente

L’immagine caratteristica dei primi grandi assalti alla Linea Zapo è stata quella di colonne di mezzi non supportati dalla fanteria, distrutti dal fuoco russo, sia a terra (missili, ATGM e artiglieria a tubo) che da piattaforme aeree, come gli elicotteri d’attacco Ka-52 Alligator. Uno degli aspetti più sorprendenti di queste scene era il modo in cui le forze ucraine si ritrovavano sotto un fuoco pesante mentre erano ancora in colonna, subendo perdite prima ancora di schierarsi in linea di tiro per iniziare l’assalto vero e proprio.

Le ragioni sono molteplici. Una di queste è la questione, ormai banale, della scarsità di munizioni ucraine. Considerate i seguenti elementi di interesse. Nel periodo precedente la controffensiva ucraina, la Russia ha condotto una pesante campagna aerea di contro-preparazione che ha messo fuori uso grandi depositi di munizioni dell’AFU. Gli assalti iniziali dell’Ucraina erano crollati di fronte al fuoco pesante e impossibile da sopprimere dei russi. Gli Stati Uniti avevano quindi deciso di trasferire all’Ucraina munizioni a grappolo perché, nelle parole del Presidente, “[gli ucraini] stavano finendo le munizioni“. Se a ciò si aggiunge il degrado della difesa aerea ucraina, che permette agli elicotteri russi di operare con grande efficacia lungo la linea di contatto, si ottiene la ricetta del disastro. Mancando i pezzi di controbatteria per sopprimere il fuoco russo o la difesa aerea per tenere alla larga gli aerei russi, l’AFU ha aperto la sua offensiva spingendo disastrosamente in avanti in una grandinata di fuoco elementi di manovra non adeguatamente supportati.

Problema 3: le armi russe lanciate a distanza

È fondamentale capire che la cassetta degli attrezzi russa è molto diversa rispetto alla battaglia di Kherson dell’anno scorso, grazie alla rapida espansione della produzione di una serie di armi standoff  – in particolare il Lancet e il kit di planata UMPK per le bombe a gravità.

Il Lancet, in particolare, ha avuto un ruolo di primo piano – sembra che l’affidabile e piccolo proiettile vagante sia responsabile di quasi la metà dei successi dell’artiglieria russa – e ha colmato una lacuna di capacità che, a tratti, aveva afflitto l’esercito russo per tutto il primo anno di guerra. Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni in Occidente, secondo i quali la Russia non sarebbe in grado di fabbricare droni in quantità sufficienti, la produzione dei Lancet è stata incrementata con successo in un breve periodo di tempo e anche la produzione di massa di altri sistemi, come il Geran, sta arrivando a regime.

La proliferazione del Lancet e di sistemi simili significa, in poche parole, che nulla entro 30 km dalla linea di contatto è sicuro, e questo a sua volta limita il dispiegamento da parte dell’AFU di mezzi di supporto critici, come la difesa aerea e i veicoli del genio, amplificando la loro vulnerabilità alle mine e al fuoco russo. In effetti, abbiamo visto sempre più diminuire l’uso dell’artiglieria ucraina nell’area di Robotyne a causa della minaccia dei Lancet (sembra che stiano trasferendo i pezzi ad altri fronti), e l’AFU sta favorendo l’uso degli HIMARS come sistemi di soppressione.

Problema 4: linee di avvicinamento ripetitive

Poiché l’AFU non è riuscita a sfondare il settore di Robotyne al primo tentativo, è stata costretta a spostare continuamente unità e risorse aggiuntive per martellare la posizione. Questo ha particolari implicazioni, primo perchè le forze AFU devono continuamente percorrere le stesse vie di avvicinamento alla linea di contatto, secondo, perché devono utilizzare le stesse aree arretrate per assemblare e allestire le loro forze d’assalto.

Ciò facilita notevolmente l’onere dell’ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) russa, poiché l’AFU non ha un modo efficace per disperdere o nascondere i mezzi destinati all’assalto. Forze e materiali ucraini sono stati ripetutamente nascosti nei villaggi immediatamente alle spalle di Orikhiv, come Tavriiske e Omeln’yk, ma la Russia è in grado di colpire le infrastrutture delle retrovie, come i depositi di munizioni, perché – per dirla in parole povere – c’è solo un numero finito di posti in cui queste risorse possono essere concentrate quando si assalta ripetutamente lo stesso settore di fronte largo 20 km.

Recentemente la viceministro della Difesa ucraino Hanna Malair si è lamentata del fatto che l’82esima brigata – appena dispiegata nel settore di Orikhiv – era stata colpita da una serie di attacchi aerei russi ancora nelle aree di sosta. Secondo la Malair, ciò sarebbe dovuto a una scarsa OPSEC che avrebbe rivelato ai russi la posizione della brigata. Ma questo ha davvero poco senso; l’intera area di operazioni intorno a Orikhiv è profonda forse 25 km (da Kopani a Tavriiske) e larga 20 km (da Kopani a Verbove). Si tratta di un’area piccola, che ha visto un’enorme quantità di traffico militare lungo le stesse strade per tutta l’estate. L’idea che la Russia abbia bisogno di informazioni privilegiate per sapere che deve sorvegliare e attaccare obiettivi in quest’area è assurda.

Problema 5: brigate fragili

In realtà, per “distruggere” un’unità di livello operativo ci vuole molto meno di quanto si pensi. Un’unità può essere definita inabile al combattimento al 30% di perdite (con qualche variazione a seconda di come queste vengono assegnate). Questo perché quando la gente sente il termine “distruzione”, pensa che significhi perdite totali. A volte questo è il modo in cui la parola viene usata nelle conversazioni colloquiali, ma ciò che conta per gli ufficiali che cercano di gestire un’operazione è se una formazione sia o meno in grado di combattere e portare a termine i compiti che le vengono assegnati – e queste capacità possono svanire molto più rapidamente di quanto si pensi.

Questo è proprio il caso del pacchetto meccanizzato ucraino, per una serie di ragioni. In primo luogo, come abbiamo discusso in articoli precedenti, queste brigate hanno iniziato la battaglia ben al di sotto delle loro forze (ricordiamo, ad esempio, che l’82a brigata ucraina ha solo 90 Stryker AFV, mentre una brigata americana di Strkyer dovrebbe averne 300). Inoltre, la natura di queste brigate, tutte assemblate, e la totale mancanza di sistemi di supporto indigeni, come i servizi di riparazione e manutenzione, fanno sì che gli ucraini dovranno ovviamente cannibalizzare questi veicoli. Hanno già iniziato a designare i veicoli “donatori”, che vengono depennati dal servizio e smontati in cerca di pezzi di ricambio. Il nesso di questi due fatti è che le brigate meccanizzate ucraine, tanto per cominciare, sono sotto-dotate di veicoli e avranno percentuali di recupero scarsissime, con un notevole tasso di logoramento a causa della cannibalizzazione.

Ciò significa che, quando a metà luglio avevamo avuto la notizia che l’Ucraina aveva già perso il 20% dei suoi mezzi di manovra, si era verificato un calo catastrofico della sua capacità di combattimento. Le brigate principali – che hanno perso il 50% o più dei loro veicoli di manovra – non possono più sostenere compiti di combattimento appropriati per una brigata, e gli ucraini sono quindi costretti ad utilizzare prematuramente le loro unità di secondo livello.

A questo punto, nel settore di Robotyne sono stati dispiegati elementi parziali di almeno dieci brigate diverse, e l’82° probabilmente si unirà presto a loro. Dato che il piano di costruzione della potenza di combattimento della NATO prevedeva solo 9 brigate addestrate dalla NATO, più alcune formazioni ucraine ricostituite, si può dire che non era previsto che tutte le brigate venissero impiegate in 71 giorni di combattimento solo per cercare sfondare la prima linea di protezione.

Sull’orlo dell’abisso

Ultimamente ho visto diversi analisti e scrittori sostenere che l’inserimento di ulteriori unità ucraine nel settore di Robotyne segnerebbe la prossima fase dell’operazione.

È un’assurdità. L’Ucraina è ancora impantanata nella prima fase. Quello che è successo è che il logoramento delle brigate di prima linea ha costretto l’Ucraina ad impegnare la seconda (e terza) ondata per completare i compiti della fase iniziale. L’attacco iniziale, guidato dalla 47a brigata, aveva lo scopo di creare una breccia nella cintura di protezione russa intorno a Robotyne e di raggiungere la principale linea russa più a sud. Le brigate aggiuntive destinate all’avanzata vera e propria – la 116ª, la 117ª, la 118ª, l’82ª, la 33ª e altre ancora – vengono ora sistematicamente gettate nel calderone per mantenere la pressione.

Queste brigate non sono state distrutte, ovviamente, semplicemente perché non sono state impegnate nella loro interezza, ma piuttosto come sotto-unità. Tuttavia, a questo punto le perdite ucraine rappresentano il meglio di un’intera brigata, distribuita nel pacchetto più ampio, e oltre 300 elementi di manovra (carri armati, IFV, APC, ecc.) sono stati eliminati.

Dobbiamo dirlo in modo molto esplicito. L’Ucraina non è passata alla fase successiva dell’operazione. È bloccata nella prima fase ed è stata costretta ad impegnare prematuramente unità facenti parte del secondo livello che erano destinate ad azioni successive. Stanno lentamente ma inesorabilmente bruciando l’intero raggruppamento operativo e finora non hanno superato la linea di protezione della Russia. La grande controffensiva si sta trasformando in una catastrofe militare.

Questo non significa che l’operazione sia fallita, semplicemente perché è ancora in corso. La storia ci insegna che non è saggio pronunciarsi in modo definitivo. La fortuna e i fattori umani (coraggio e intelligenza, codardia e stupidità) hanno sempre qualcosa da dire. Tuttavia, al momento la traiettoria è innegabilmente verso il fallimento.

Finora l’AFU ha mostrato una certa capacità di adattamento. In particolare, gli ucraini hanno di recente abbandonato l’idea di spingere in avanti colonne non supportate di mezzi meccanizzati – si sono invece appoggiati a piccole unità di fanteria, cercando di avanzare lentamente nello spazio tra Robotyne e Verbove. Questo tipo di dispersione è inteso a ridurre il tasso di perdite, ma riduce anche ulteriormente la probabilità di uno sfondamento e segnala il temporaneo abbandono dell’azione di sfondamento decisiva a favore – ancora una volta – di una strisciante guerra di posizione.

Saremmo negligenti se non notassimo che in tutto questo ci sono state significative perdite russe. Sappiamo che le forze russe nel settore di Robotyne hanno richiesto una rotazione e un rafforzamento, anche con unità d’élite VDV e di fanteria navale. La Russia ha subito perdite in pezzi di controbatteria, ha perso veicoli in azioni di contrattacco e ci sono state perdite nella difesa delle trincee. I gruppi d’assalto iniziali lanciati dagli ucraini avevano una grande potenza di combattimento e la lotta è stata molto sanguinosa per entrambe le parti. Non si tratta di un tiro a segno, ma di una guerra ad alta intensità.

Ma è proprio questo il nocciolo della questione: l’Ucraina sembra incapace di sfuggire alla guerra di posizione e di logoramento in cui si trova. È bello proclamare il ritorno alla guerra “di manovra”, ma se non si riesce a sfondare le difese nemiche, si tratta solo di un vanto, e la lotta rimane di logoramento. Quando la domanda diventa “riusciremo a sfondare prima di esaurire la potenza di combattimento”, non si sta manovrando. Ci si sta logorando.

Nella mia serie di articoli sulla storia militare, ho esaminato una serie di casi in cui gli eserciti avevano cercato disperatamente di sbloccare il fronte e ripristinare uno stato di manovra operativa, ma quando non c’è la capacità tecnica per farlo, queste intenzioni non contano affatto. Nessuno vuole essere intrappolato dalla parte sbagliata di una guerra di logoramento, ma a volte ciò che si vuole non ha alcuna importanza. A volte il logoramento viene imposto.

In mancanza delle capacità necessarie a violare con successo le prodigiose difese russe – più fuoco di precisione, più difesa aerea, più ISR, più EW, più mezzi del genio, più e più – l’Ucraina è intrappolata in una lotta impossibile. Due combattenti si stanno scambiando mazzate e la Russia è quello più grande e con la mazza più grossa.

Due brutte figure

In mezzo ad un chiaro fallimento e ad una crescente delusione strategica, due nuove suggestioni si sono sempre più insinuate nella conversazione – “trucchi”, se volete, che vengono utilizzati come conforto narrativo per spiegare come l’operazione ucraina stia, in realtà, andando bene (nonostante il riconoscimento quasi universale in Occidente che i risultati sono a dir poco scarsi). Vorrei affrontare brevemente questi due argomenti.

Argomento 1: “La prima fase è la più difficile”

Si sente spesso dire che tutto ciò che l’AFU deve fare è rompere la prima linea russa, e il resto delle difese cadrà come un domino. L’argomentazione generale è che i russi non hanno riserve e che le linee difensive successive non sono adeguatamente presidiate: basterà sfondare la prima linea e il resto crollerà.

Probabilmente è una cosa confortante da dire a se stessi, ma è piuttosto irrazionale. Potremmo parlare, ad esempio, dello schema dottrinale russo per la difesa in profondità, che prescrive un’assegnazione liberale di riserve a tutte le profondità del sistema difensivo, ma probabilmente è più proficuo puntare a prove più immediate.

Consideriamo semplicemente il comportamento della Russia negli ultimi sei mesi. Ha speso un’enorme quantità di energie per costruire difese a schiera – dobbiamo davvero credere che abbia fatto tutto questo solo per sprecare tutta la sua potenza di combattimento  davanti a queste difese? Non ci sono nemmeno prove che, in questo momento, la Russia abbia problemi a rifornire di uomini il fronte. In Russia abbiamo assistito a continue rotazioni e ridispiegamenti nell’ambito di un processo generale di potenziamento dell’esercito. In effetti, tra i due belligeranti, è l’Ucraina che sembra stia raschiando il barile alla ricerca di coscritti.

Argomento 2: “Arrivare a portata di tiro”

Questa è la storia più fantasiosa e rappresenta un radicale spostamento ad hoc degli obiettivi. L’argomentazione è che l’Ucraina non avrebbe bisogno di avanzare fino al mare e tagliare fisicamente il ponte di terra [con la Crimea], tutto ciò che deve fare è arrivare a portata di tiro delle vie di rifornimento russe per tagliare i rifornimenti alle truppe russe. Questa teoria è stata diffusa su Twitter X e da personalità come Peter Zeihan (uno che non sa nulla di questioni militari).

Ci sono molti problemi con questa linea di pensiero, la maggior parte dei quali deriva dal concetto super-abusato di “controllo del fuoco”. In parole povere, essere “a portata di tiro” con l’artiglieria non implica un’efficace negazione dell’area o la recisione delle linee di rifornimento nemiche. Se così fosse, l’Ucraina non sarebbe affatto in grado di attaccare da Orikhiv, poiché l’intero asse di avvicinamento è nel raggio di tiro russo. A Bakhmut, l’AFU aveva continuato a combattere molto tempo dopo che le sue principali vie di rifornimento erano state sottoposte ai bombardamenti russi.

La verità è che la maggior parte dei compiti militari vengono portati a termine nel raggio di almeno una parte del fuoco a distanza del nemico, e l’idea che la Russia crollerà se l’AFU riuscirà a piazzare una granata sull’autostrada costiera di Azov è abbastanza ridicola. In realtà, la principale linea ferroviaria russa è già nel raggio d’azione degli HIMARS ucraini e gli ucraini hanno lanciato con successo attacchi contro alcune città costiere, come Berdyansk. Nel frattempo, la Russia colpisce regolarmente le infrastrutture di supporto ucraine, eppure nessuno dei due eserciti è ancora crollato. Questo perché il fuoco a distanza è uno strumento per aumentare il tasso di logoramento e per raggiungere gli obiettivi operativi, ma non si vincono magicamente le guerre dando solo una graffiata alle vie di rifornimento del nemico.

Ma siamo caritatevoli e assecondiamo questa linea di pensiero. Supponiamo che gli ucraini riescano ad avanzare, non fino alla costa, ma abbastanza da portare le principali vie di rifornimento della Russia a portata della loro artiglieria. Cosa farebbero? Caricherebbero una batteria di obici, li parcheggerebbero in prima linea e comincerebbero a sparare senza sosta sulla strada? Cosa pensate che succederebbe a quegli obici? I sistemi di controbatteria li distruggerebbero sicuramente. L’idea che si possa semplicemente piazzare un grosso cannone e iniziare a sparare contro i camion dei rifornimenti russi è davvero infantile. Per mettere fuori gioco i rifornimenti delle forze nemiche è sempre stato necessario bloccarne fisicamente il transito, ed è quello che l’Ucraina dovrà fare se vuole tagliare il ponte terrestre della Russia.

La distrazione

Sono consapevole del fatto che verrei messo sotto il torchio se non parlassi di un’altra area di impegno ucraino, più a est, nell’oblast’ di Donestk. Qui gli ucraini hanno avanzato per un buon tratto lungo l’autostrada, a partire dalla città di Velyka Novosilka, conquistando diversi insediamenti.

Il problema di questo “altro” attacco ucraino è che, in effetti, è insignificante. Questo asse di avanzata è operativamente del tutto sterile, in quanto comporta la spinta di gruppi su uno stretto corridoio stradale che non porta da nessuna parte. Come nel settore di Robotyne, l’AFU si trova ancora ad una certa distanza dalle fortificazioni russe più importanti e, come se non bastasse, la strada e gli insediamenti su questo asse si trovano lungo un piccolo fiume. I fiumi, come sappiamo, scorrono nel punto più basso del terreno, il che significa che la strada si trova in fondo ad un uadi/rilevato/spalto, scegliete voi il termine. Di fatto, la rete stradale in quanto tale non consiste in nulla, se non in una carreggiata a una sola corsia su entrambi i lati del fiume.

La mia lettura di questo asse è che essenzialmente era stato concepito come una finta per creare una parvenza di confusione operativa, ma, quando lo sforzo primario sull’asse di Orikhiv si è trasformato in un colossale errore, si è deciso di continuare a premere qui semplicemente per scopi narrativi. In definitiva, questo non è un asse di avanzata in grado di esercitare un’influenza significativa sulla guerra in generale. Le forze dispiegate qui sono relativamente minuscole in confronto al resto, e non hanno un vero obiettivo significativo. Di certo, una penetrazione sottile e simile a un ago non riuscirà a percorrere più di 80 chilometri su una strada verso il mare a una sola corsia e a vincere la guerra.

Conclusione: le accuse

Uno dei segni più evidenti che la controffensiva ucraina ha preso una piega catastrofica è il modo in cui Kiev e Washington hanno già iniziato ad accusarsi a vicenda, conducendo un’autopsia mentre il corpo è ancora caldo. Zelensky ha incolpato l’Occidente di essere troppo lento nel consegnare le attrezzature e le munizioni necessarie, sostenendo che questi ritardi inaccettabili avevano permesso ai russi di migliorare le loro difese. Questo mi sembra piuttosto osceno e ingrato. La NATO ha regalato all’Ucraina un nuovo esercito partendo da zero, in un processo che ha già richiesto una notevole riduzione dei tempi di addestramento.

D’altra parte, gli esperti occidentali hanno iniziato a rimproverare all’Ucraina la presunta incapacità di adattarsi alla “guerra ad armi combinate”. Si tratta in realtà di un tentativo molto insensato di usare un gergo (errato) per giustificare i problemi. Per armi combinate si intende semplicemente l’integrazione e l’uso simultaneo di varie armi come i blindati, la fanteria, l’artiglieria e i mezzi aerei. Sostenere che l’Ucraina e la Russia siano in qualche modo cognitivamente o istituzionalmente incapaci di farlo è estremamente sciocco. L’Armata Rossa aveva una dottrina complessa ed estremamente approfondita sulle operazioni ad armi combinate. Un professore della Scuola di Studi Militari Avanzati degli Stati Uniti aveva affermato che: “Il nucleo più coerente di scritti teorici sull’arte operativa si trova ancora tra gli autori sovietici“. L’idea che le armi combinate siano un concetto estraneo e nuovo per gli ufficiali sovietici (una casta che comprende gli alti comandi russi e ucraini) è ridicola.

Il problema non è una sorta di ostinazione dottrinale ucraina, ma una combinazione di fattori strutturali radicati nell’insufficienza della potenza di combattimento ucraina e nel cambiamento del volto della guerra.

È francamente un po’ sciocco dire che l’Ucraina ha bisogno di imparare ad usare le “armi combinate”, quando semplicemente le mancano importanti capacità che renderebbero possibile una campagna di manovra di successo – vale a dire, una adeguata capacità di fuoco a distanza, una forza aerea funzionante (e no, gli F-16 non risolveranno questo problema), ingegneria e guerra elettronica. Il problema fondamentale non è la flessibilità dottrinale, ma la capacità. Per analogia, è un po’ come mandare un pugile sul ring con un braccio rotto e poi criticare la sua tecnica. Il problema non è la tecnica, il problema è che è menomato e materialmente più debole del suo avversario. Anche per l’Ucraina il problema non è l’incapacità di coordinare le braccia, ma il fatto che le braccia sono rotte.

In secondo luogo – e questo, lo ammetto, è piuttosto scioccante per me – gli osservatori occidentali non sembrano aperti alla possibilità che la precisione del moderno fuoco a distanza (che si tratti di droni Lancet, di proiettili di artiglieria guidati o di razzi GMLRS), combinata con la densità dei sistemi ISR, possa semplicemente rendere impossibile condurre operazioni mobili a largo raggio, se non in circostanze molto specifiche. Quando il nemico ha la capacità di sorvegliare le aree di sosta, di colpire le infrastrutture delle retrovie con missili da crociera e droni, di colpire con precisione le linee di avvicinamento con il fuoco dell’artiglieria e di saturare il terreno di mine, come si fa a manovrare?

Le armi combinate e la manovra si basano sulla capacità di concentrare rapidamente un’enorme potenza di combattimento e di attaccare con grande violenza in punti ristretti. Questo è probabilmente impossibile, data la densità della sorveglianza e della potenza di fuoco russa e i molti ostacoli che hanno eretto per negare agli ucraini la libertà di movimento e sclerotizzare la loro attività. I principali esempi di manovra nella memoria recente dell’Occidente – le campagne in Iraq – hanno solo una vaga attinenza con la realtà di Zaporizhia.

In definitiva, siamo tornati a una guerra di massa. L’unico modo in cui l’Ucraina può manovrare a piacimento è quello di aprire il fronte, e può farlo solo con un numero maggiore di tutto: più attrezzature per lo sminamento, più granate e più cannoni, più missili, più blindati. Solo la massa può aprire una breccia adeguata nelle linee russe. Altrimenti sono bloccati in una strisciante guerra di posizione davanti alle dense difese russe, e criticarli perché non sarebbero in grado di capire il magico concetto occidentale di “armi combinate” è forse l’accusa più strana.

Quindi, come andrà la guerra da qui in poi? Beh, la domanda ovvia da porsi è se pensiamo che l’Ucraina avrà mai un pacchetto d’assalto più potente di quello che aveva all’inizio dell’estate. La risposta sembra chiaramente essere no. Mettere insieme queste brigate sottopotenziate era stato come farsi cavare un dente – l’idea che, dopo la sconfitta nella battaglia di Zaporizhia, la NATO possa in qualche modo mettere insieme un pacchetto più potente sembra più che altro una forzatura. Infatti, i funzionari americani hanno detto in modo abbastanza esplicito che questo era il miglior pacchetto meccanizzato che l’Ucraina potesse ottenere.

Non sembra controverso affermare che questa è stata la migliore occasione per l’Ucraina di ottenere una sorta di vera vittoria operativa, che a questo punto sembra lentamente ridursi a modesti, ma materialmente costosi, progressi tattici. L’implicazione finale è che l’Ucraina non è in grado di sfuggire ad una guerra di logoramento industriale, che è proprio il tipo di guerra che non può vincere, a causa di tutte le asimmetrie di cui abbiamo parlato prima.

In particolare, l’Ucraina non può vincere una guerra di posizione-logoramento a causa della sua stessa definizione massimalista di “vittoria”. Dal momento che Kiev insiste sul fatto che non si arrenderà fino al ritorno ai confini del 1991, l’incapacità di sloggiare le forze russe pone un problema particolarmente spiacevole: Kiev dovrà ammettere la sconfitta e riconoscere il controllo russo sulle aree annesse, oppure continuare a combattere ostinatamente fino a diventare uno Stato fallito senza più nulla nel serbatoio.

Intrappolata in un combattimento a colpi di mazza, e visti gli inutili tentativi di sbloccare il fronte manovrando, quello di cui l’Ucraina ha più bisogno è una mazza più grande. L’alternativa è il disastro strategico totale.

Big Serge

Fonte: bigserge.substack.com
Link: https://bigserge.substack.com/p/escaping-attrition-ukraine-rolls
29.08.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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