Tutti i dati che non tornano sulla sicurezza del rigassificatore di Ravenna
A Ravenna sono ufficialmente iniziati i lavori per l’allestimento del terminale a mare che, dall’autunno dell’anno prossimo, ospiterà la nave rigassificatrice BW Singapore, che processerà circa 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno, l’8% del fabbisogno nazionale. La realizzazione dell’opera è stata affidata all’azienda parastatale Snam, che ha previsto un investimento di circa un miliardo di euro. Il decreto autorizzativo che ha dato il via libera alla collocazione del rigassificatore è stato firmato lo scorso novembre dal presidente della Regione Emilia-Romagna e Commissario straordinario di governo Stefano Bonaccini, che ha assicurato che l’approvazione è arrivata al seguito di «un lavoro meticoloso di analisi del progetto, individuando tutti gli interventi necessari a garantire la sicurezza, il rispetto dell’ambiente e la salvaguardia dell’ecosistema». Eppure, non tutto è così chiaro. L’ingegnere ravennate Riccardo Merendi, districandosi tra la documentazione inerente al progetto, ha infatti svolto un’ampia e dettagliata analisi del progetto. Da questa emergono molteplici criticità burocratiche, sostanziatesi in grossolani errori tecnici e procedurali che, nel corso dell’iter di approvazione del progetto, non sono stati corretti. E su cui pesano enormemente le mancate risposte da parte degli organi preposti.
“A un primo sguardo – spiega Merendi nel rapporto – si tratta solo di errori formali e cavilli burocratici, ma chi è stato superficiale e disattento nel redigere e controllare i documenti potrà diventare scrupoloso nel costruire e gestire l’impianto o compiere con diligenza le ispezioni previste? Dietro alla presenza degli errori, già grave di per sé, si intravedono problemi ben più consistenti e tutt’altro che formali”. L’autore spiega che i contenuti del report sono stati messi nero su bianco “dal momento della pubblicazione del progetto fino a oggi per cercare di fermare un’opera che si ritiene non solo inutile ma anche dannosa (tranne per chi ne ricaverà lauti profitti) e di smascherare chi si ammanta di green, trasparenza e legalità ma poi procede negando anche l’evidenza più lampante”.
Quegli orrendi strafalcioni
Il primo errore – forse il più pesante e significativo tra quelli evidenziati dall’ingegnere – riguarda la questione del collaudo. Infatti, mentre nel progetto del rigassificatore si scrive che “la prova idraulica è considerata superata se la pressione si mantiene costante al variare della temperatura”, nel decreto 17 aprile 2008 del MISE “Regola tecnica per la progettazione, costruzione, collaudo, esercizio e sorveglianza delle opere e degli impianti di trasporto di gas naturale con densità non superiore a 0,8” si prevede che “il collaudo delle condotte è considerato favorevole se, dopo almeno 48 ore, la pressione si è mantenuta costante a meno delle variazioni dovute all’influenza della temperatura”.
La differenza – dice Merendi – “è evidente, sostanziale e concettuale e non è necessario essere tecnici specializzati per coglierla: nella prima formulazione la pressione si mantiene costante al variare della temperatura, nella seconda la pressione varia al variare della temperatura”. Infatti, spiega ancora l’ingegnere, “ogni materiale ha un proprio coefficiente di dilatazione termica e, essendo molto diversi quelli di acqua e acciaio, non è fisicamente possibile che in un recipiente in acciaio pieno d’acqua e sigillato la pressione possa mantenersi costante al variare della temperatura (proprio per questo motivo, per esempio, negli impianti di riscaldamento domestico è previsto un vaso di espansione)”. Insomma, “quella procedura, oltre a non essere conforme alle norme, rende impossibile il superamento della prova di collaudo”. La medesima procedura errata, denuncia ancora l’ingegnere, “è riportata in almeno altri tre documenti (REL-AMB-E-09001, REL-MEC-E-13004, REL-FTE-E-35052) prodotti da aziende diverse: è credibile che, se davvero i controlli fossero stati effettuati, l’errore sarebbe passato da un documento all’altro senza che nessuno se ne accorgesse? Ed è credibile che nessuno di quanti dicono di avere verificato li abbia rilevati? Il probabile copia-incolla selvaggio sarebbe un’attenuante?”.
Il secondo errore colto dall’ingegnere concerne un’altra frase presente nel documento del progetto, in cui si legge che, all’interno dell’impianto, è “presente il pozzetto di immissione dell’aria nel flusso di metano” per regolare il potere calorifico del gas. “Non serve scomodare norme e direttive – afferma ironicamente Merendi -, qualsiasi massaia sa di non dover lasciare aperto il rubinetto di un fornello da cucina con la fiamma spenta perché aria e metano possono formare una miscela esplosiva”. E, ancora, “la stessa frase errata è riportata in altri sette documenti: REL-PROG-E-00001, REL-AMB-E-09012, REL-AMB-E-09009, REL-AMB-E-09003, REL-AMB-E-09002, REL-AMB-E-09001, REL-ARC-E-05010, REL-AMB-E-35058”.
L’ingegnere prosegue evidenziando un altro grave errore, questa volta inerente le condizioni termiche citate nel progetto ufficiale. Nel documento, infatti, viene scritto che “il fluido rigassificato sarà scaricato ad una temperatura nel range 3°C ± 50°C”. Il che, spiega Merendi, significa considerare “una temperatura compresa tra 3 – 50 = -47°C e 3 + 50 = +53°C, ma i tubi sono progettati per una temperatura minima di + 3°C e non sono adatti per -47 °C”. La medesima indicazione errata “è riportata anche nel documento REL-MEC-E-13000 e (stranamente) compare anche in due documenti relativi al progetto di Piombino REL-AMB-E-00004 e REL-MEC-E-00100”.
Nella ricerca, l’ingegnere spiega che il colosso Snam ha effettivamente risposto alle osservazioni sollevate su tali (macroscopiche) imprecisioni: per il collaudo “depositando la procedura corretta”, per l’immissione di aria nel flusso del metano “assicurando che sarebbe stato immesso azoto (gas inerte) e non aria”; per la temperatura, affermando “che si era trattato di un refuso” e che il dato corretto “avrebbe dovuto essere 3°C ÷ 50°C, cioè intervallo da +3 °C a +50 °C”. Eppure, “oltre a ritenere non accettabile che un progetto contenga qualsiasi errore, soprattutto nel caso di un impianto a elevatissimo Rischio di Incidente Rilevante – scrive nel report l’ingegnere Merendi – e sembrando quanto meno strano che gli stessi errori siano stati ripetuti in così tanti documenti, tra l’altro elaborati da aziende diverse (per non parlare del refuso che sarebbe addirittura passato da un progetto a un altro), considerando infine poco credibile che, se davvero qualcuno avesse controllato, nessuno degli oltre sessanta enti coinvolti nelle verifiche si sarebbe accorto degli errori, l’aspetto che pare più inquietante è che i documenti non siano stati corretti nemmeno dopo le segnalazioni (e non lo sono tuttora)”.
Il nulla osta del MISE
Il Ministero dello Sviluppo Economico – oggi Ministero delle Imprese e Made in Italy – ha infine rilasciato il nulla osta di propria competenza. Merendi evidenzia, però, che il dicastero l’ha fatto subordinandolo alla condizione che tutte le opere “siano realizzate in conformità a quanto contenuto nel Progetto REL-PROG-E_00001 di luglio 2022”, proprio quel documento che “riporta tutti gli errori che erano stati rilevati, segnalati e mai corretti”. Dunque, “come sarà possibile realizzare un gasdotto conforme a una procedura di collaudo non a norma e comunque impossibile da superare? E sarà opportuno immettere aria nel flusso del metano con possibilità di esplosioni?”, si chiede sarcasticamente Merendi. “Certo, Snam non adotterà queste procedure (almeno si spera!) ma sono quelle approvate dal Ministero! Si dovrebbe forse concludere che l’impiego di tante risorse pubbliche per una procedura di approvazione così complessa è stato un inutile spreco di tempo e denaro in quanto ciò che è stato messo nero su bianco non ha alcun valore?”.
“La questione – spiega Merendi – non era accertare se Snam sapesse o meno come si progettavano, costruivano e collaudavano i gasdotti – era ovvio che lo sapesse, come lo sanno tutti gli addetti ai lavori –, bensì come fosse stato possibile che i documenti presentati per l’approvazione del progetto contenessero degli errori e perché gli stessi non erano stati corretti nemmeno dopo che erano stati segnalati. Per questi motivi, non potendosi escludere che ci fossero altri errori, si chiedeva una revisione del progetto”. Sul punto, quindi, vennero prodotte due petizioni: una, sostenuta da una ventina di gruppi, indirizzata alla Regione Emilia Romagna; un’altra, sottoscritta da quasi settecento persone, al Comune di Ravenna. “La prima – dice Merendi – fu liquidata senza nemmeno essere considerata nel merito in quanto ritenuta non ammissibile dalla Regione”; la seconda “fu discussa il 24 aprile 2023 in una Commissione Comunale”. L’assessore di competenza, invece di rispondere, “si limitò a leggere le repliche di Snam (che nessuno aveva messo in dubbio)”, non spendendo “nemmeno una parola” sulla questione del nulla osta. Successivamente, un Consigliere Comunale della lista civica “Lista per Ravenna” depositò un ordine del giorno con cui veniva chiesta nuovamente la revisione del progetto. Ma l’iniziativa cadde nel vuoto: nonostante il documento fosse stato firmato da tutti i gruppi di opposizione, al momento del voto – avvenuto intorno alle 20:30 del 4 luglio 2023 -, “erano presenti solo quattro consiglieri di opposizione”. La maggioranza, invece, contava sulla presenza di 19 consiglieri su 22, che “votarono tutti contro”.
Le altre imprecisioni
Ad ogni modo, gli errori rinvenuti dall’ingegner Merendi ed evidenziati nel report non sono finiti. Nel progetto di Ravenna, infatti, i calcoli risultano essere stati svolti sul sistema di ormeggio della “Golar Tundra”, nome della nave rigassificatrice ormeggiata e operante nel porto di Piombino (“strana casualità”, secondo Merendi), mentre la nave attesa a Ravenna è, ovviamente, la BW Singapore.
Altra clamorosa imprecisione riguarda il numero delle briccole di accosto presenti nella Piattaforma Petra: nell’immagine inserita nel progetto se ne vedono 6, mentre in legenda ne sono indicate soltanto 2. E si potrebbe continuare con altri abbagli, tra cui spiccano anche traduzioni “sgangherate” dall’inglese: ad un tratto, “cooling water” diventa, addirittura, “acqua di riscaldamento”.
La ricollocazione
Altro capitolo centrale della ricerca riguarda poi le “storture” burocratiche che hanno riguardato una modifica del progetto per la ricollocazione della struttura. Il 18 ottobre 2022, il Consiglio Comunale di Ravenna ha infatti approvato una delibera (riportata come allegato al decreto 3 novembre 2022 con il quale il Commissario Straordinario ha approvato il progetto) in cui si scrive che “a seguito della suddetta richiesta del Comune, Snam ha prodotto in data 12/9/2022 una modifica progettuale che determina la ricollocazione dell’impianto PDE_Wobbe a circa 700 m in direzione sud-ovest, allontanandolo dalla aree di maggior pregio ambientale e dalle zone residenziali”. Merendi evidenzia come la richiesta avanzata dal Comune di Ravenna “era stata più o meno contemporanea a quella di una società immobiliare preoccupata, oltre che per l’impatto ambientale, anche di una possibile ‘riduzione del valore degli immobili di progetto nel piano urbanistico in corso di approvazione entro l’anno’ (per fatalità una delle poche osservazioni accolte)”. Fatto sta che, in risposta, Snam aveva “emesso il documento di integrazioni volontarie REL-AU-E-35060 datato 09.09.2022 e protocollato il 12.09.22, nel quale è descritta una ottimizzazione di tracciato per effetto della quale l’impianto a terra (il cosiddetto PDE-WOBBE) veniva spostato di circa 700 metri verso sud-ovest”. Il nuovo tracciato e la nuova posizione dell’impianto PDE-Wobbe, dice ancora l’ingegnere, “sono quelli poi approvati dal Consiglio Comunale come da variante al RUE allegata alla delibera del 18 ottobre 2022”.
Merendi afferma che, scandagliando la documentazione, è stata rinvenuta “una revisione della corografia PG-TP-D-35281 datata 20/09/2022 riportante la posizione nuova del PDE-WOBBE, ma NON depositata come allegato al progetto REL-PROG-E_00001 (mai modificato e che è rimasto alla revisione zero di luglio 2022), bensì come allegato ad altri documenti”. Per quanto risulta ad oggi, spiega ancora l’autore del report, “il nulla osta rilasciato dal MISE era ed è subordinato alla conformità di tutte le opere ai documenti di luglio 2022, corografia del 06/07/2022 compresa, quindi l’autorizzazione rilasciata dal Comune non sarebbe compatibile con la condizione posta dal Mise”. I tracciati del metanodotto e dell’impianto PDE-Wobbe risultano, insomma, “contemporaneamente presenti nel decreto Bonaccini: una come condizione per la validità del nulla osta Mise, l’altra approvata dal Comune di Ravenna”. L’ingegnere spiega dunque che, date le enormi perplessità sulla compatibilità del nulla osta rilasciato con gli errori contenuti nel documento al contenuto del quale tutte le opere avrebbero dovuto essere conformi, nel novembre 2022 è stata inviata una PEC al mise con richiesta di spiegazioni. A cui, però, non è mai stato dato riscontro.
In attesa di risposte
Alla prima petizione popolare con la quale si chiedeva di sospendere le autorizzazioni concesse in attesa di ulteriori verifiche, considerata non ammissibile, ne è seguita un’altra incentrata sull’intesa Stato-Regione sul rigassificatore, documento che si conclude così:
A questo proposito, l’ingegnere evidenzia che, “per quanto riguarda il rispetto di TUTTE le condizioni e prescrizioni contenute nel verbale conclusivo della conferenza dei servizi, si torna al nulla osta rilasciato dal Mise, quindi per la validità dell’intesa Stato-Regione pare necessario anche che tutte le opere siano conformi al progetto di luglio 2022 (contenente il collaudo impossibile) e alla corografia del 06/07/2022 che non comprende lo spostamento dell’impianto PDE-WOBBE”. Il prot. 24/10/2022.1104909.U consiste invece nel parere del Settore Governo e qualità del territorio che, dopo aver più volte richiamato la delibera 127 del 18/10/2022 del Consiglio Comunale di Ravenna e constatato che è pervenuto il nulla osta del Mise, termina con queste parole:
“Di nuovo, risalendo la catena delle autorizzazioni – conclude l’autore della ricerca -, si arriva alle condizioni poste dal Mise per il rilascio del nulla osta di propria competenza”.
Questo mese, ricorda Merendi nella parte finale del suo documento, due liste civiche (“Rete Civica” a livello regionale e “La Pigna” a livello comunale) hanno depositato interrogazioni sulla questione, chiedendo lumi sulla discrepanza tra le autorizzazioni rilasciate dal Comune e il nulla osta del MISE. A queste si aggiunge una interrogazione parlamentare presentata dall’On. Angelo Bonelli, portavoce di Verdi, il quale ha chiesto come si possa soddisfare la condizione posta dal Mise per il rilascio del nulla osta. Che, dall’aprile 2023, è ancora in attesa di risposta.
[di Stefano Baudino]
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