Come la dinastia Bongo ha tenuto in ostaggio il Gabon per 56 anni (per conto della Francia)
I militari hanno annunciato mercoledì che "metteranno fine al regime in vigore" in Gabon, dopo che i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali di sabato avevano appena confermato la vittoria del presidente Ali Bongo, al potere da 14 anni, considerata fraudolenta.
di Enrico Vigna
Subito dopo l'annuncio ufficiale della vittoria di Bongo con il 64,27% dei voti, nella notte tra martedì e mercoledì, un gruppo di una dozzina di ufficiali è apparso sugli schermi del canale televisivo Gabon 24, dall'interno della stessa presidenza del paese.
Questo il testo integrale del primo comunicato letto da un colonnello dell'esercito regolare:
“Il nostro bellissimo Paese, il Gabon, è sempre stato un’oasi di pace.
Oggi il Paese attraversa una grave crisi istituzionale, politica, economica e sociale. Siamo quindi costretti a constatare che l’organizzazione delle elezioni generali del 26 agosto 2023 non ha soddisfatto le condizioni per uno scrutinio trasparente, credibile e inclusivo tanto auspicato dal popolo del Gabon.
A ciò si aggiunge una governance irresponsabile e imprevedibile, che si traduce in un continuo deterioramento della coesione sociale, con il rischio di portare il Paese nel caos.
Oggi, 30 agosto 2023, noi, rappresentanti di tutte le Forze di difesa e sicurezza, riunite nel Comitato per la transizione e il ripristino delle istituzioni (CTRI) a nome del popolo del Gabon e come garanti della tutela delle istituzioni, abbiamo deciso di difendere la pace con il porre fine al regime attuale.
A tal fine vengono annullate le elezioni generali del 26 agosto 2023 e i relativi risultati annullati. Le frontiere sono chiuse fino a nuovo avviso.
Tutte le istituzioni della Repubblica vengono sciolte: il governo, il Senato, l'Assemblea nazionale, la Corte costituzionale, il Consiglio economico, sociale e ambientale e il Centro elettorale gabonese.
Chiediamo calma e serenità al popolo, alle comunità dei paesi fratelli stabiliti in Gabon e alla diaspora gabonese.
Riaffermiamo il nostro impegno a rispettare gli impegni del Gabon nei confronti della comunità nazionale e internazionale. Popolo del Gabon, siamo finalmente sulla strada della felicità.
Possa Dio e gli spiriti dei nostri antenati benedire il Gabon. Onore e lealtà alla nostra patria. Grazie. Il CTRI”.
Tra gli ufficiali in TV c'erano membri della Guardia Repubblicana (GR),
un'unità d'élite e guardia pretoriana della presidenza riconoscibile
dai suoi berretti verdi, oltre a soldati dell'esercito regolare e agenti
di polizia. Dei quattro ufficiali superiori di primo grado, due erano
colonnelli della GR e due colonnelli dell'esercito regolare.
La dinastia familiare Bongo, sostenuta e legata alla Francia, ha avuto in ostaggio il Gabon per 56 anni
Queste elezioni sono arrivate in un clima di scontri e repressioni delle opposizioni, continuo e violento, con morti e feriti. Dal 26 agosto 2023, data delle elezioni presidenziali, Ali Bongo aveva deciso di isolare il paese, aspettandosi reazioni violente di piazza per la sua rielezione. È stato chiuso internet in tutto il paese, vietati i media stranieri e schierato il suo esercito nelle strade. Un civile dittatore in giacca e cravatta, fedele servitore ed esecutore degli interessi stranieri, come piacciono a Macron e agli USA.
Mentre sui media occidentali il regime di Ali Bongo si vantava della democrazia in Gabon, assicurava che la libertà di espressione sarebbe stata garantita e che Internet non sarebbe stato tagliato come durante le elezioni presidenziali del 2009 e del 2016, il governo del Gabon aveva imposto il 26 agosto 2023, la chiusura di Internet e la sospensione dei Media in tutto il Paese "fino a nuovo ordine", per voce del ministro delle Comunicazioni, per "evitare il diffondersi di appelli alla violenza" e secondo lui perché "la stabilità, la pace e l'unità del nostro Paese sono priorità assolute e dobbiamo fare di tutto per proteggerli". Per questo motivo è stato introdotto il coprifuoco dalle 19:00 alle 6:00, la chiusura delle frontiere terrestri e marittime fino a nuovo ordine.
Le elezioni si sono svolte senza osservatori stranieri, l'ultima missione di osservazione dell'Unione europea era andata molto male, per cui le autorità gabonesi avevano deciso di sospendere tre media francesi: Radio France International (RFI), France 24 e TV5 Monde. Il regime gabonese, attraverso la voce dell'Alta Autorità per le Comunicazioni (HAC), li criticava per “una mancanza di obiettività ed equilibrio nel trattamento delle informazioni in relazione alle elezioni generali in corso”.
Passando dalle parole ai fatti, l'esecutivo gabonese ha dispiegato l'esercito in tutto il paese. Giorno e notte ben visibile, effettuando perquisizioni e controlli dei veicoli in diversi luoghi della capitale del paese: Libreville. Misure canaglia, degne di uno stato di polizia o di una dittatura militare, lungi dal calmare la situazione, queste misure hanno messo sotto pressione la popolazione e le opposizioni, facendo salire la tensione ancora di più e sfociando nel passo del rovesciamento militare, gravido di prospettive ancora non semplici da delineare, ma certamente sorretto da un vasto consenso popolare, come si può vedere dalle immagini qui sotto, che sconquassa nuovamente, dopo il Niger, gli equilibri e l’egemonia degli interessi occidentali in Africa.
Queste elezioni sono arrivate in un clima di scontri e repressioni delle opposizioni, continuo e violento, con morti e feriti. Dal 26 agosto 2023, data delle elezioni presidenziali, Ali Bongo aveva deciso di isolare il paese, aspettandosi reazioni violente di piazza per la sua rielezione. È stato chiuso internet in tutto il paese, vietati i media stranieri e schierato il suo esercito nelle strade. Un civile dittatore in giacca e cravatta, fedele servitore ed esecutore degli interessi stranieri, come piacciono a Macron e agli USA.
Mentre sui media occidentali il regime di Ali Bongo si vantava della democrazia in Gabon, assicurava che la libertà di espressione sarebbe stata garantita e che Internet non sarebbe stato tagliato come durante le elezioni presidenziali del 2009 e del 2016, il governo del Gabon aveva imposto il 26 agosto 2023, la chiusura di Internet e la sospensione dei Media in tutto il Paese "fino a nuovo ordine", per voce del ministro delle Comunicazioni, per "evitare il diffondersi di appelli alla violenza" e secondo lui perché "la stabilità, la pace e l'unità del nostro Paese sono priorità assolute e dobbiamo fare di tutto per proteggerli". Per questo motivo è stato introdotto il coprifuoco dalle 19:00 alle 6:00, la chiusura delle frontiere terrestri e marittime fino a nuovo ordine.
Le elezioni si sono svolte senza osservatori stranieri, l'ultima missione di osservazione dell'Unione europea era andata molto male, per cui le autorità gabonesi avevano deciso di sospendere tre media francesi: Radio France International (RFI), France 24 e TV5 Monde. Il regime gabonese, attraverso la voce dell'Alta Autorità per le Comunicazioni (HAC), li criticava per “una mancanza di obiettività ed equilibrio nel trattamento delle informazioni in relazione alle elezioni generali in corso”.
Passando dalle parole ai fatti, l'esecutivo gabonese ha dispiegato l'esercito in tutto il paese. Giorno e notte ben visibile, effettuando perquisizioni e controlli dei veicoli in diversi luoghi della capitale del paese: Libreville. Misure canaglia, degne di uno stato di polizia o di una dittatura militare, lungi dal calmare la situazione, queste misure hanno messo sotto pressione la popolazione e le opposizioni, facendo salire la tensione ancora di più e sfociando nel passo del rovesciamento militare, gravido di prospettive ancora non semplici da delineare, ma certamente sorretto da un vasto consenso popolare, come si può vedere dalle immagini qui sotto, che sconquassa nuovamente, dopo il Niger, gli equilibri e l’egemonia degli interessi occidentali in Africa.
Il mancato accreditamento di osservatori indipendenti e giornalisti stranieri, faceva ben immaginare che si trattava di un voto a senso unico, conquistabile a maggioranza relativa, senza garanzie di trasparenza e senza credibilità, organizzato solo formalmente, per consentire al candidato Bongo di battere i suoi sfidanti, alcuni dei quali erano solo candidati divisivi per favorire la dispersione dei voti e garantire le condizioni per il prolungamento della permanenza al palazzo presidenziale del presidente uscente.
L’opposizione, seppur tardivamente, aveva attenuato le sue divisioni interne designando, il 18 agosto, Albert Ondo Ossa come unico candidato.
Albert Ondo Ossa è nato nel 1954 da una famiglia con radici cristiane. Dopo aver conseguito il diploma di maturità, si iscrive all'Università Nazionale del Gabon conseguendo un dottorato in economia presso l'Università Nancy 2 in Francia. Dal 1987 ha poi percorso tutti i gradi universitari presso l'Università Omar Bongo Ondimba fino a diventare preside del dipartimento di economia e poi nel preside della facoltà di diritto ed economia. Nel 1996 ha ottenuto il grado di professore ordinario. Questa carriera accademica è stata caratterizzata anche da un forte attivismo sindacale. È stato membro fondatore della SNEC (Unione Nazionale Insegnanti e Ricercatori), che è stato il primo sindacato libero che ha dato un contributo decisivo per il mondo del lavoro in Gabon. Ossa è stato nel governo del primo ministro J. E. Ndong. Poi Ministro dell'Istruzione Nazionale e dell'Istruzione Superiore (2006), Ministro dell'Istruzione Superiore e della Ricerca (2007), Ministro della Ricerca Scientifica e dello Sviluppo Tecnologico (2008), finendo poi per dimettersi, vista l’impossibilità di cambiamenti e la stagnazione politica, E’ un membro attivo e un fondatore della Piattaforma di opposizione "Alternanza 2023".
La piattaforma di opposizione Alternance 2023 che riunisce i principali partiti d'opposizione del Gabon, aveva annunciato venerdì 18 agosto, la nomina di Albert Ondo Ossa come candidato "consensuale " contro il presidente uscente Ali Bongo Ondimba nelle elezioni presidenziali del 26 agosto. Rivolgendosi al paese, Ossa così si era espresso: “…Donne e uomini gabonesi, volevate che ci fosse un candidato consensuale. Ora c’è, è stata una vostra scelta, voluta da voi… Sta a voi mobilitarvi, nelle campagne, nei villaggi, nelle città, affinché questo vostro candidato diventi effettivamente il prossimo Presidente della Repubblica. Lotteremo con i mezzi che ci offre la Costituzione…Dato che abbiamo di fronte un potere iniquo, che manomette tutto, che mette tutto a suo favore, abbiamo chiesto ai candidati di andare ad elezioni legislative, così non ci sarà altra scelta che sciogliere l’Assemblea per poter tornare ad elezioni credibili…”.
Quindi c’era già la consapevolezza senza dubbi, sull’esito delle elezioni presidenziali; tutti i principali attori incaricati dell'organizzazione dello scrutinio, della compilazione e della proclamazione dei risultati finali, erano fedeli sostenitori del candidato alla propria successione: il presidente del Centro elettorale gabonese è un membro del partito al governo, il presidente della Corte Costituzionale, giudice delle elezioni, è la suocera del presidente uscente, ed il Ministero dell'Interno è manovrato da un figlio di Bongo, impegnato ad organizzare ciò che l'opposizione già sapeva: una "farsa elettorale”. Come poteva, in queste condizioni, l’opposizione far vincere il proprio candidato, seppure questo può contare a grande maggioranza sui voti delle città di Libreville e Port-Gentil che concentrano, da sole, più della metà degli elettori generalmente ostili al partito al governo?
In questo scenario, l’autorità elettorale nazionale sotto controllo governativo aveva da subito dichiarato che Bongo aveva vinto un terzo mandato nelle elezioni di sabato, con il 64,27% dei voti. Secondo i risultati, il principale rivale Ossa aveva ottenuto solo il 30,77% dei voti.
A quel punto Ondo Ossa aveva denunciato "una frode orchestrata dal partito Bongo", rivendicando la vittoria alla chiusura delle urne. Il responsabile della campagna di Ossa, Mike Jocktane, ha invitato pubblicamente Bongo a cedere il potere pacificamente “senza spargimento di sangue", ribadendo che un conteggio parziale indicava chiaramente la sua sconfitta.
Per il dittatore di Libreville e i suoi “padrini” francesi, non restava altro che chiudere il paese e impedire manifestazioni popolari…Ma molto probabilmente l’opposizione aveva già preventivato questa situazione e preso accordi con forze sane e patriottiche all’interno dei militari…e questi, poche ore dopo questi accadimenti, essendo fallita l’opzione civile di transizione dei poteri, hanno preso in mano la situazione con il rovesciamento militare. Ora si tratterà di capire nei prossimi giorni come evolverà il contesto interno e quello internazionale.
Intanto il CTRI ha invitato le forze francesi presenti nel paese a non coinvolgersi negli affari interni del Gabon e tenersi esterne agli avvenimenti. Infatti, l'esercito francese ha lì una base con circa 350 militari, che è stata mantenuta fin dall'indipendenza: si definisce “Elementi Francesi Gabon” (EFG). Questi hanno finora svolto un ruolo di supporto logistico per gli interventi militari francesi nella regione e per l'addestramento dei vari eserciti regionali.
Intanto l’ambasciata russa nella capitale ha definito la situazione calme e pacifica.
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