Ancora un colpo di stato in Africa: i militari prendono il potere in Gabon
Un altro colpo di stato – l’ottavo nel giro di tre anni – ha scosso questa mattina l’Africa quando gli ufficiali militari del Gabon hanno annunciato di aver preso il potere subito dopo che l’organo elettorale statale aveva annunciato che il presidente Ali Bongo aveva vinto ottenendo un terzo mandato. I militari hanno annullato i risultati delle elezioni che si sono svolte nel Paese centrafricano lo scorso 26 agosto e sul canale televisivo Gabon 24 hanno detto di rappresentare tutte le forze di sicurezza e di difesa del Paese, comunicando inoltre che tutti i confini sono stati chiusi fino a nuovo avviso e che le istituzioni statali sono state sciolte: tra queste, il governo, il senato, l’assemblea nazionale, la Corte costituzionale e l’organo elettorale. «In nome del popolo gabonese, abbiamo deciso di difendere la pace mettendo fine a questo regime», hanno detto, aggiungendo in un comunicato che «oggi la nazione sta attraversando una severa crisi a livello istituzionale, politico, economico e sociale» e che le ultime elezioni mancavano di trasparenza e credibilità. Le opposizioni, infatti, hanno accusato il governo in carica di frode elettorale. Il golpe ha avuto l’immediato sostegno della popolazione che festeggiava nelle strade dopo il discorso dei militari.
Il governo di Bongo è ritenuto responsabile soprattutto della grave crisi economica che affligge il Paese: il Gabon è uno dei più grandi produttori di petrolio, membro dell’OPEC, con il 70,5% dei ricavi provenienti dalle esportazioni. È inoltre ricco di cacao, manganese – materiale che si utilizza per la costruzione delle rotaie ferroviarie e per le batterie delle automobili – ferro, uranio, oro e diamanti. La ricchezza di queste risorse ne ha fatto uno dei tanti Paesi africani sfruttati dalle multinazionali e dai governi occidentali. Anche per questo e per la complicità del governo che ha fatto ben poco per incanalare i proventi delle enormi risorse petrolifere verso la gente comune, le politiche economiche messe in atto non sono riuscite a ridurre la povertà che nel 2022 colpiva il 32,9% della popolazione secondo i dati della Banca Mondiale, mentre il tasso di disoccupazione si attesta al 37%. Inoltre, nonostante la crescita positiva del PIL, questo indicatore è inferiore alla media regionale (+4,5%). La famiglia Bongo Ondimba è al governo della nazione da oltre cinquant’anni: nello specifico dal 1967, quando è salito al potere Omar Bongo Ondimba, padre del presidente appena destituito, Ali, eletto per la prima volta nel 2009 dopo la morte del padre con il 41,7% dei voti. È stato poi rieletto nel 2016 con il 49,8% dei voti, mentre il suo rivale dell’opposizione ha ricevuto il 48,2%. Secondo gli esperti è riuscito ad attuare solo 13 delle 105 disposizioni elencate nel suo programma elettorale del 2016. Alle ultime elezioni, invece, il Centro elettorale gabonese aveva dichiarato Bongo vincitore alle elezioni con il 64,27% dei voti, mentre il suo principale sfidante, Albert Ondo Ossa, era arrivato secondo con il 30,77%.
Proprio quest’ultimo avrebbe accusato il governo di brogli elettorali: un’accusa corroborata da diversi elementi sospetti, tra cui il fatto che dopo la chiusura dei seggi elettorali è stato imposto il coprifuoco e l’accesso a Internet è stato bloccato. Precedentemente, le frontiere esterne erano state chiuse e il ministro degli Interni Lambert Noel Mata aveva giustificato l’iniziativa sostenendo che nel paese esistono forze capaci di minare la stabilità e la pace. Sono state sospese anche la televisione francese France 24 e la radio RFI. Inoltre, le elezioni si sarebbero svolte senza osservatori internazionali, mentre altre irregolarità sono state denunciate dall’alleanza Alternance 2023 che ha segnalato che alcune schede elettorali non erano state distribuite correttamente in alcune aree ritenute vicine all’opposizione e l’inizio tardivo delle elezioni in diversi seggi elettorali. Non ci sono state immediate dichiarazioni da parte del governo dopo il colpo di stato e attualmente non si sa dove si trovi Bongo che è stato visto l’ultima volta in pubblico quando ha votato alle elezioni di sabato. Tentativi sventati di golpe erano già stati messi in atto nel 2016 e nel 2019 a causa dell’insoddisfazione della popolazione verso le politiche del governo.
L’ennesimo colpo di stato in una ex colonia francese ha ulteriormente destabilizzato gli equilibri a livello regionale e internazionale: in caso andasse a buon fine, il golpe in Gabon sarebbe l’ottavo dopo quello in Mali, Guinea, Burkina Faso, Ciad e Niger, confermando il grande fermento che sta attraversando molti stati africani, desiderosi di riscattarsi dall’egemonia occidentale, e che non potrà non ripercuotersi anche sugli equilibri internazionali. «Se questo è confermato, si tratta di un altro golpe che aumenta l’instabilità nell’intera regione», ha affermato l’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri, Josep Borrell. Anche la Cina, che ha sempre più interessi nel Continente e che da 50 anni mantiene relazioni diplomatiche con il Gabon, è intervenuta, chiedendo di «tutelare la sicurezza del presidente eletto Ali Bongo».
Il Gabon è stato sotto dominio francese a partire dal 1903, riacquisendo l’autonomia nel 1958. Tuttavia, anche dopo l’indipendenza ha mantenuto stretti rapporti con l’ex potenza coloniale che è ancora oggi il maggior partner commerciale del paese equatoriale. A Libreville, la capitale gabonese, Parigi può inoltre disporre di un’importante base militare dove sono presenti 775 soldati. Anche per via dei numerosi interessi, la Prima ministra francese, Elisabeth Borne ha affermato che la Francia sta seguendo attentamente la situazione. Nel frattempo, si avvertono già le prime ripercussioni a livello industriale: le attività del gruppo minerario francese Eramet, infatti, sono state interrotte e l’annuncio ha fatto crollare il corso delle azioni Eramet alla Borsa di Parigi.
Con quest’ultimo golpe, l’Africa è sempre più lontana dall’orbita occidentale, mentre la popolazione esterna il suo appoggio ai militari dopo anni in cui è stata solo una élite economica – al servizio di potentati stranieri – ad arricchirsi sulla pelle dei cittadini che oggi si sono riversati in strada per festeggiare la destituzione del pluridecennale “regime” dei Bongo.
[di Giorgia Audiello]
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