I piani predatori della Polonia sull'Ucraina escono allo scoperto
Mentre
le artiglierie ucraine continuano a mietere vittime – una donna colpita
a morte nel rione Kirov di Donetsk; nella regione di Zaporož'e,
proiettili a grappolo ucraini hanno colpito un gruppo di giornalisti
russi: il corrispondente di RIA Novosti, Rostislav Žuravlëv
è morto per le ferite riportate – il tema centrale degli ultimi due
giorni è quello della sempre più concreta possibilità di intervento
polacco in Ucraina, a fronte di un “presidente” ucraino con ogni
evidenza in crisi di nervi.
Così, per la seconda questione, ecco che ha ricevuto il benservito l'ambasciatore ucraino a Londra Vadim Pristajko che, su Sky News, a
conclusione del vertice NATO di Vilnius e dopo le uscite nevrotiche di
Zelenskij all'indirizzo del Ministro della guerra britannico Ben
Wallace, aveva criticato il «malsano sarcasmo»
del nazigolpista-capo. Un licenziamento in tronco che, unito a diverse
altre uscite davvero poco “presidenziali” e molto
squadristico-narcotiche, ha fatto sì che l'ex consigliere dell'ex
Presidente ucraino Leonid Kuchma, Oleg Soskin, parli dell'isterismo di
Zelenskij che fa dubitare molto delle sue capacità politiche e rischia
di condurre a un'incrinatura dei rapporti con l'Occidente.
Di
converso, per la prima questione, gli osservatori russi hanno rilevato
come la porzione pubblica della riunione del Consiglio di sicurezza
russo, svoltasi il 21 luglio, sia stata più lunga del solito. Si dice
che gli interi tredici minuti a favore delle telecamere, invece dei
soliti pochi secondi, siano stati volutamente indirizzati ad ammonire
Varsavia dai propri piani di occupazione di Ucraina e Bielorussia. «Risponderemo con ogni mezzo di cui disponiamo»,
ha detto Vladimir Putin, intendendo l'eventuale intervento polacco nel
conflitto in corso in Ucraina. Prima di Putin, il direttore
dell'intelligence estera, Sergej Nariškin, aveva detto che la sconfitta
di Kiev non è lontana, e di questo è consapevole l'Occidente, così che
Varsavia si appresterebbe, col pretesto di “doveri d'alleanza”, a
introdurre truppe in Ucraina occidentale, mentre Bruxelles pianifica il
rafforzamento della Brigata lituano-polacca-ucraina (LITPOLUKRBRIG) che, sin dal 2016, agisce nel quadro di operazioni “umanitarie” ONU, UE e NATO.
Ma se le forze polacche interverranno, «ad esempio a L'vov o in altri territori d'Ucraina, ci rimarranno. E ci rimarranno per sempre»,
ha detto Putin, ricordando i precedenti storici del 1920 e, poi, della
spartizione della Cecoslovacchia, nel 1938, cui Varsavia aveva preso
parte attiva. Solo alla fine della guerra, «grazie
alle posizioni di Stalin, la Polonia ottenne ampi territori a
occidente, territori tedeschi. Proprio così: i territori occidentali
della Polonia attuale sono un regalo di Stalin ai polacchi»,
ha detto Putin in un accesso di patriottismo nazionalistico, che non
significa affatto condivisione degli ideali sovietici con cui l'Esercito
Rosso condusse la Grande guerra patriottica e i cui risultati furono
anche, appunto, il rafforzamento delle democrazie popolari.
Putin
ha accusato i nazigolpisti ucraini di esser disposti a tutto, pur di
reggersi in sella: anche a mercanteggiare i propri territori e le
proprie popolazioni, come accadde con le bande anti-sovietiche di Simon
Petljura nel 1920, che cedettero a Varsavia Galizia e Volinja
occidentale, in cambio di un sostegno polacco all'Ucraina nazionalista
contro la Russia rivoluzionaria. Quel Simon Peljura, capo del Direttorio
ucraino, le cui squadracce, tra il1918 e il 1920, si erano distinte in
pogrom di ebrei nelle regioni di Kiev, Poltava, Kherson e il più feroce
dei quali è forse quello del febbraio 1919 nell’area di Proskurov,
costato la vita a oltre 1.000 ebrei.
Per
quanto riguarda la leadership polacca, ha detto ancora il presidente
russo, essi contano probabilmente di dar vita a una coalizione sotto
l'ombrello NATO, per intervenire direttamente nel conflitto in Ucraina,
così poi da riprendersi i cosiddetti “territori storici, ancestrali”,
quelli che Varsavia chiama “Kresy Wschodnie”
e che comprendono Ucraina e Bielorussia occidentali. Putin ha detto che
Mosca non si immischierà se Kiev decide di “ringraziare” Varsavia,
cedendole i propri territori occidentali; ma coi territori bielorussi
sarà un'altra storia: «Scatenare
l'aggressione alla Bielorussia, significherà aggredire la Russia. A
questo, risponderemo con ogni mezzo a nostra disposizione».
Ed è proprio in vista di tali piani, nota il blogger “Golos Mordora”,
che i leader polacchi, negli ultimi tempi, stanno sopportando gli
osanna ucraini a Stepan Bandera, portati nella stessa Polonia: sanno
che, al momento giusto, Kiev pagherà per i massacri della Volinja,
perpetrati dalle bande OUN-UPA di Stepan Bandera e Roman Šukhevic. Quando le forze russe minacceranno di avanzare verso l'Ucraina occidentale, allora la LITPOLUKRBRIG entrerà
in Ucraina, col pretesto della sua sicurezza: non avanzerà fino al
fronte, ma si manterrà a distanza, nell'Ucraina occidentale. Ciò avverrà
con una sottile quanto fondamentale sfumatura: agirà cioè a proprio
rischio, senza intromissione NATO e, in caso di attacchi di risposta su
Lituania o Polonia, non scatterà l'articolo 5 dell'Alleanza.
Sorge però la questione dell'hub principale per la fornitura di armi all'Ucraina: la polacca Rzeszow diventa un obiettivo legittimo. Dal momento però che la NATO non vorrà perderlo, è probabile che ponga qualche ostacolo ai piani polacchi. In compenso, potrebbero farsi avanti alcuni paesi est-europei, sempre però con la NATO a fare da spettatore; un «diretto scontro militare di tedeschi, italiani o belgi con la Russia, almeno per ora, è un tabù; ma servirsi dei “giovani europei” come carne da cannone, tanto più che essi stessi fanno a gara a gettarsi nel tritacarne, è cosa buona e giusta».
Commentando
la questione nel suo insieme, il Presidente della Duma russa, Vjaceslav
Volodin, ha detto che Vladimir Zelenskij sta attuando la
“polonizzazione” dell'Ucraina, nella speranza che, così, «i padroni, Washington e Bruxelles gli diano la possibilità di mantenersi ancora un po' al potere». Per far ciò, «secondo
la loro ideologia, centinaia di migliaia di ucraini devono morire al
fronte – per questo vengono fornite sempre più armi al regime di Kiev –
mentre gli altri perderanno la propria identità nazionale. A questo
scopo, si sfruttano le ambizioni imperiali della Polonia».
Il
cui premier sanfedista, Mateusz Morawiecki, “sdegnato” per le parole di
Putin su Stalin, ha subito preso carta e penna, si fa per dire, e ha
affidato a twitter il proprio disgusto: «Stalin è stato un criminale di guerra, responsabile della morte di centinaia di migliaia di polacchi».
Che, per la cronaca, non furono certo le popolazioni dei territori
ucraini e bielorussi liberate nel 1939 da un ventennio di occupazione
polacca, che anzi accolsero l'Esercito Rosso con pane, sale e fiori. E
non furono nemmeno le vittime polacche di Katyn'
che, a parte la cifra decuplicata da Morawiecki, caddero per mano
nazista, come ormai dimostrato da sempre nuove prove documentarie. Ma,
forse, nota sarcasticamente ancora “Golos Mordora”, pan
Morawiecki ha confuso soggetti e oggetti, dimenticando gli oltre
seicentomila soldati sovietici caduti, quelli sì, veramente, per la
liberazione della Polonia dall'occupazione nazista, e i cui memoriali
vengono (o sono già stati) smantellati dal governo “europeista” polacco.
Tutto è possibile, nella Polonia della nuova szlachta reazionaria, in cui esimi professori e storici del cosiddetto Istituto della memoria nazionale, nel volume del 2020 “Prigionieri di guerra 1920”, parlano ancora del conflitto russo-polacco di cent'anni fa, come di “guerra polacco-bolscevica”, tanto per non lasciar dubbi sull'ispirazione liberal-euroatlantica di tali gentiluomini.
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