di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org
Uno studio pubblicato lo scorso marzo evidenzia che l’uso dello schermo da parte dei bambini (smartphone, tablet, videogiochi e TV) è in grado di alterare il loro cervello in via di sviluppo e che sarebbe proprio l’età intorno ai 9-10 anni quella più delicata. In questo periodo, infatti, i bambini entrano nell’adolescenza e, in base a ciò che hanno osservato i ricercatori, quelli
che trascorrono più tempo davanti a uno schermo finiscono poi, nei due
anni successivi, per sviluppare livelli più elevati di depressione e
ansia.
Inoltre, gli autori hanno visto che alcuni
di questi disturbi dell’umore sono collegati a effettivi cambiamenti
strutturali che si verificano nel cervello in via di sviluppo (i cambiamenti osservati hanno riguardato sia le regioni cerebrali corticali coinvolte nei processi di livello superiore, come l’attenzione o la regolazione emotiva, sia le regioni sottocorticali legate agli impulsi).
Lo studio ha analizzato i dati di oltre 5000 bambini includendo scansioni cerebrali, valutazioni psicologiche e monitoraggio del comportamento.
Si
è trattato, quindi, di un lavoro importante per iniziare a esaminare e
comprendere meglio i processi che possono essere correlati all’impatto
dell’attività dei mezzi tecnologici dotati di schermo sulla salute
mentale giovanile.
I bambini che hanno partecipato alla ricerca continueranno ad essere monitorati man mano che cresceranno ed è possibile che i rapporti futuri possano fornire ancora più informazioni su come gli schermi siano in grado di influenzare un cervello in via di sviluppo. Va precisato, però, che in realtà questo studio non è stato il primo a occuparsi della questione: varie
ricerche internazionali hanno via via puntato i riflettori sui
possibili rischi derivanti da un eccesso di utilizzo della tecnologia
digitale.
Ciononostante, l’emergenza Covid ha sdoganato ed esaltato enormemente l’utilizzo dei media basati sullo schermo facendo passare gran parte dell’istruzione attraverso i computer e i tablet e, anche se adesso i bambini e gli adolescenti sono tornati normalmente a frequentare la scuola, è rimasta la tendenza a utilizzare i mezzi tecnologici in misura maggiore rispetto a prima. Inoltre, è stato recentemente pubblicato il c.d. Piano Scuola 4.0 (adottato dal Ministero dell’Istruzione con il decreto n. 161 del 14 giugno 2022) che mira a una vasta digitalizzazione grazie a un massiccio finanziamento (prestito) europeo. Il progetto è previsto dal PNRR per accompagnare le linee di investimento nel campo della didattica digitale (ben 2,1 miliardi di euro).
Digitalizzare, dunque, è un imperativo categorico e, a quanto pare, poco importa che la prolungata esposizione degli studenti ai dispositivi elettronici possa comportare nel tempo effetti deleteri anche gravi. A riguardo, infatti, è stata chiara la VII Commissione Permanente (Istruzione Pubblica e Beni Culturali) del Senato nel Documento approvato nella seduta del 9 giugno 2021 e trasmesso alla Presidenza il 14 giugno dello stesso anno in cui parla espressamente di danni fisici (“miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscoloscheletrici, diabete”) e psicologici (“dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia”). “Ma a preoccupare di più” – si legge nella relazione – “è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica”.
Questo importante documento – che risale a due anni fa, di cui poco si è parlato e che consiglio, invece, di leggere – approfondisce l’impatto del digitale sugli studenti con particolare riferimento ai processi di apprendimento.
Ne riporto un altro passaggio fondamentale: “Tutte le ricerche internazionali citate nel corso del ciclo di audizioni giungono alla medesima conclusione: il cervello agisce come un muscolo, si sviluppa in base all’uso che se ne fa e l’uso di dispositivi digitali (social e videogiochi), così come la scrittura su tastiera elettronica invece della scrittura a mano, non sollecita il cervello. Il muscolo, dunque, si atrofizza. Detto in termini tecnici, si riduce la neuroplasticità, ovvero lo sviluppo di aree cerebrali responsabili di singole funzioni. Analogo effetto si registra nei bambini cui è stata limitata la «fisicità». Nei primi anni di vita, infatti, la conoscenza di sé e del mondo passa attraverso tutti e cinque i sensi: sollecitare prevalentemente la vista, sottoutilizzando gli altri quattro sensi, impedisce lo sviluppo armonico e completo della conoscenza. È quel che accade nei bambini che trascorrono troppo tempo davanti allo schermo di un iPad o simili. Per quest’insieme di ragioni, non è esagerato dire che il digitale sta decerebrando le nuove generazioni, fenomeno destinato a connotare la classe dirigente di domani.”
In sostanza dal ciclo delle audizioni svolte (neurologi, psichiatri, psicologi, pedagogisti, grafologi, esponenti delle Forze dell’ordine) e
dalle documentazioni acquisite dalla sopra citata Commissione, non sono
emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato
all’insegnamento.
Anzi, tutte le informazioni raccolte sembrano dimostrare il contrario.
Detta in sintesi, in base a quanto si legge nel documento,“più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri”.
Appare, quindi, necessario consapevolizzare a riguardo genitori, insegnanti, dirigenti scolastici, educatori e riflettere bene su ciò che sta accadendo.
Molto interessante è anche l’intervento del giurista e docente universitario Giuliano Scarselli che si espresso sul tema attraverso un articolo di analisi giuridica intitolato “Il Piano Scuola 4.0., una rivoluzione che i giuristi non possono ignorare”, pubblicato sul sito della rivista Giustizia Insieme.
Senza tanti giri di parole il Prof. Scarselli definisce “devastante” il Piano Scuola 4.0. e sottolinea che presenta “più di un dubbio di legittimità costituzionale”. Chi desidera approfondire può leggere cliccando QUI.
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