18 Gen 2023
Braccio di ferro in corso a Washington per l’attacco alla Russia o il congelamento del conflitto
di Luciano Lago
La
deriva bellicista che stanno manifestando gli Stati Uniti e i loro
alleati/vassalli su tutto il fronte occidentale, incluso il Giappone,
non ha precedenti nella storia degli ultimi 50 anni e non ha
giustificazioni se non in funzione di interessi economici e geopoitici
inconfessabili.
Questa ondata di aggressività diretta oggi
contro la Russia e che investe anche i paesi che non si adeguano alle
direttive di Washington, sembra non avere freni neppure davanti alla
prospettiva, sempre più vicina, di un conflitto allargato e nucleare.
A
sostegno di questa ondata bellicista e aggressiva troviamo il grande
apparato dei media , la stampa scritta e i social media che sono gestiti
finanziariamente e ideologicamente dalle centrali di propaganda
collegate con gli anglo-USA e che propugnano una visione del mondo
egemonica, unilaterale e preconcetta che disinforma e manipola
l’opinione pubblica indicando il nemico da abbattere: la Russia di
Putin.
D’altra parte l’Occidente non può vivere senza un nemico
e nelle varie fasi storiche delle guerre americane e della NATO, questo
nemico è stato di volta in volta trovato ed indviduato, vuoi in
Milosevic (guerra contro la ex Jugoslavia), vuoi in Saddam Hussein
(aggressione dell’Iraq), vuoi in Gheddafi (aggressione della Libia),
vuoi in Bashar al-Assad (aggressione alla Siria), e tanti altri della
lista dei nemici della democrazia e dell’America.
L’Impero USA non cerca partner, amici, cooperazione, ma semplicemente , sottomissione incondizionata, servilismo e obbedienza.
Un mondo in cui una elite ordina, decreta e il resto dei governi si
registrano come prestanome o marionette dell’egemone sempre a
disposizione anche quando le azioni dell’egemone cozzano contro i propri
interessi.
Questo il caso dell’Europa che si adegua senza
discutere al blocco energetico contro la Russia a costo di subire la
deindustrializzazione e la crisi energetica dei propri paesi.
Le
nazioni che osano opporsi a tale politica rientrano nella definizione
di nemici e quindi diventano obiettivi su cui lanciare tutte le
politiche di massima pressione che possono essere utilizzate, incluse le
guerre ibride.
Se si esamina quale sia, in sostanza, l’obiettivo
strategico dell’odierna guerra istigata e guidata dagli Stati Uniti
contro la Russia, risulta chiaro che l’obiettivo di fondo è quello di imporre il controllo USA sull’Eurasia e mantenere l’egemonia del dollaro americano che
fino ad oggi ha consentito all’elite di potere USA di mantenere il suo
primato su gran parte delle risorse mondiali, con un secondo fine di
neutralizzare la Russia come concorrente geo politico.
Il punto è che questi due obiettivi non sono raggiungibili e possono portare a uno sbocco diverso da quello programmato.
Sembra
chiaro che, nella fase attuale, ci troviamo al punto di svolta, in cui
l’Ucraina non può “vincere”. Nella migliore delle ipotesi, l’Ucraina,
colonizzata e divenuta una base d’atacco della NATO, può ottenere dei
successi organizzando sporadicamente operazioni di sabotaggio, con
l’appoggio della NATO, utilizzando gruppi di sabotatori infiltrati
all’interno della Russia.
Tuttavia, queste azioni sporadiche non
cambiano l’equilibrio militare strategico che ora è fortemente inclinato
a vantaggio della Russia.
Questa situazione mette l’elite di potere USA di fronte a due opzioni:
continuare il sostegno incondizionato all’Ucraina con un intervento
diretto un gruppo di paesi nel conflitto (la coalizione dei
“volenterosi”) o concordare con Mosca un congelamento del conflitto che
consentirebbe di riorganizzare le forze dell’Ucraina ormai al collasso
ed evitare uno scontro diretto con la Russia.
Questa soluzione
potrebbe garantire la sopravvivenza delle strutture finanziarie e
militari associate, sia statunitensi che internazionali, preservando gli
ingenti profitti e il trasferimento dei risparmi globali alle casse
delle entità finanziarie occidentali. Tale sopravvivenza sarebbe
semplicemente impossibile senza il dominio del mondo militare-economico,
o più precisamente, militare-finanziario.
Come sosteneva Paul Wolfowitz,
il sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti, il quale affermava,
nella sua “dottrina Wolfowitz”, che era essenziale, per il dominio USA
dopo la guerra fredda, “impedire la ricomparsa di un nuovo
rivale nell’ex Unione Sovietica o altrove che sarebbe una minaccia per
la supremazia americana nel nuovo secolo”.
Questo
spiega la logica del conflitto in Ucraina, una guerra per procura
contro la Russia che però non ha raggiunto l’obiettivo previsto e
prefigurato a Washington del disarticolamento della Russia.
L’economia
russa non è crollata, come avevano predetto gli strateghi anglo USA. Il
sostegno del presidente Putin è alto,intorno all’81%; e la Russia
collettiva si è consolidata attorno agli obiettivi strategici di
denazificare e neutralizzare la minaccia ucraina, oltre al favorire la
creaziome di un mondo multipolare. Inoltre, la Russia non è isolata a
livello globale ma conta su un sistema di alleanze che si va
consolidando.
Questo potrebbe essere il fattore che potrebbe indurre
il team di Biden a congelare la guerra e obbligare Zelensky (o chi per
lui) a negoziare un accordo, anche se svantaggioso per l’Ucraina. In
gioco c’è molto di più dell’Ucraina, vale a dire la sopravvivenza
dell’ordine mondiale a guida statunitense da cui sempre più paesi si
stanno allontanando.
Tuttavia la fronda dei guerrafondai
neocons di Washington è molto forte e potrebbe ricattare Biden
obbligandolo ad acconsentire ad un intervento diretto contro la Russia,
con tutte le conseguenze che questo porterebbe, in primis il rischio di
un conflitto nucleare.
Nessuno oggi è in grado di
prevedere quale sarà l’esito di questo braccio di ferro ma, per ogni
evenienza, in Russia stanno già predisponendo l’apparato delle armi
nucleari fra cui spiccano i missili ipersonici di ultima generazione.
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