Il vero obiettivo USA è trascinarli in guerra in paesi europei a fianco dell'ucraina, a questo serve veramente l'ultima fornitura di carri armati.I DEM vogliono presentarsi alle prossime lezioni presidenziali con il merito di aver definitivamente assoggettato l’Europa ai voleri e interessi americani anche in vista del confronto strategico con la Cina. Claudio
L’illusione che 300 tank cambino la guerra
di Fabio Mini - 27/01/2023
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Fonte: Il Fatto Quotidiano
Se il cancelliere Scholz credeva di poter continuare a
traccheggiare sulla questione dell’invio di carri armati Leopard
all’Ucraina, condizionandolo all’invio americano dei propri carri
Abrams, si è sbagliato. Il presidente Biden ha raccolto l’implicita
sfida non solo promettendo altri miliardi di dollari, ma autorizzando
l’invio di 20-50 carri Abrams e chiedendo agli alleati europei di fare
la loro parte. L’apparente convinzione generale negli Usa e nella Nato è
che una massa consistente di almeno 300 carri occidentali, come
richiesto da Kiev, consentirebbe di riconquistare i territori occupati e
annessi dalla Russia. La valutazione non è sbagliata, ma la
realizzazione dipende molto da quanti mezzi verranno effettivamente
consegnati, dai tempi di consegna, dalla capacità di usarli non solo
come mezzi singoli ma come elementi di forze corazzate e meccanizzate
tra loro cooperanti, dalle condizioni del terreno, dalla copertura
aerea, dalla disponibilità di artiglierie di sostegno, dal rifornimento
di carburanti e munizioni e, non ultimo, dalla disponibilità di fanterie
in grado di mantenere le posizioni riconquistate.
Finora si hanno
notizie della cessione di 12 carri inglesi, 17 americani, un centinaio
di carri Leopard tedeschi da parte della Polonia e qualche carro
Stridsvagn-122 (versione del Leopard) dalla Svezia.
L’inverno, la primavera e l’offensiva.
I
tempi di consegna variano da uno a sei mesi e oltre. Kiev chiede le
forniture con insistenza crescente nella previsione che la Russia sia in
procinto di attaccare in forze. La stagione invernale non favorisce le
manovre militari, ma ne consente la preparazione. La stagione
primaverile è storicamente la meno adatta per i movimenti corazzati in
Ucraina e Russia, ma proprio per questo un attacco potrebbe sfruttare la
sorpresa. L’Ucraina non è in grado di assicurare la superiorità aerea e
soltanto in parte la difesa contraerea e contro missili.
La
logistica dei rifornimenti e del personale è l’aspetto più sensibile. I
consumi di munizioni e carburanti di una armata corazzata sono
altissimi. Inoltre, un esercito proiettato in avanti e a oriente del
Dniepr allunga il braccio dei rifornimenti e rende vulnerabili i centri
logistici sia avanzati che arretrati. Meno importante è il problema
delle parti di ricambio visto che in questa guerra gli ucraini non si
sono preoccupati di riparare i mezzi danneggiati o inefficienti.
I mezzi “usa e getta”: niente riparazioni.
Di
fatto, i carri armati ucraini, come altri equipaggiamenti forniti
dall’Occidente, sembrano essere articoli “monouso”: usa e getta. Anche
gli uomini, di entrambe le parti, sembrano avere lo stesso destino. E le
riserve sono scarse. Per quanto riguarda l’impiego dei mezzi, gli
ucraini hanno già previsto di mandare uomini ad addestrarsi sui carri
Challenger inglesi, sugli Abrams americani e sui Leopard tedeschi. Se
anche l’Italia manderà i carri Ariete e la Francia, dopo gli AMX10
leggeri, manderà i Leclerc, l’Ucraina disporrà di sei linee di carri
diversi che si aggiungono a quelle dei mezzi ex sovietici: un incubo per
qualsiasi nazione che pensi seriamente alla logistica, ma evidentemente
non per l’Ucraina che in dieci mesi di guerra ha visto affluire
armamenti e veicoli di 160 tipi diversi, ha consumato tutto il proprio
arsenale e sta esaurendo anche i mezzi graziosamente ma non
gratuitamente forniti dai committenti della guerra.
Il panzer non è un trattore.
L’addestramento
di singoli equipaggi ai nuovi carri è una cosa da fare, ma non la più
importante. Far funzionare un carro è abbastanza semplice, ma non è un
trattore agricolo. Per farlo muovere a 70 chilometri all’ora e farlo
sparare in movimento ha bisogno di un equipaggio ben addestrato anche su
carri dotati di sistemi avanzati di tiro che in teoria sparano da soli.
In teoria. Passando dal funzionamento del carro singolo a quello di un
reparto, la semplicità si perde ed entra in gioco l’aritmetica della
guerra. Condurre un semplice attacco di plotone (tre carri) è già più
complesso e condurre un attacco di battaglione (31 carri) richiede
elevate capacità di comando e logistiche. Con 300 carri armati,
l’Ucraina potrebbe armare dieci battaglioni in grado di attaccare su non
più di tre direttrici nel solo Donbass. Contro un nemico in difesa
dotato di armi controcarro e carri sostenuti da artiglierie e aerei,
come il fronte russo che l’Ucraina presume di sfondare, si perderebbero
almeno due terzi della forza.
In uno scontro frontale perdite del 50 per cento.
In
un combattimento d’incontro tra forze corazzate paritetiche (come
un’eventuale controffensiva ucraina in Donbass) il tasso di perdite per
entrambi è di oltre il 50%. Nel caso di eventuale manovra difensiva nei
riguardi di un attacco russo, la massa dei carri ucraini dovrebbe
bloccare l’avanzata avversaria perdendo gran parte della sua capacità
dinamica e dovrebbe ricorrere a contrattacchi locali sui fianchi del
nemico. La manovra potrebbe aver successo nel senso di non cedere altro
terreno all’avversario, ma di certo non per recuperare quello già
perduto. Passando dall’aritmetica elementare alle teorie dei giochi e
della complessità applicate alla guerra, l’incremento di masse corazzate
nel conflitto, se da un lato consente di continuare a “giocare”
dall’altro porta all’innalzamento del livello di scontro e
all’allargamento del conflitto. In ogni caso, considerare la battaglia
convenzionale corazzata come risolutiva della guerra fino al punto da
permettere la vittoria ucraina sulla Russia è un macroscopico errore di
valutazione. Troppo grossolano per essere attribuito a un qualsiasi
Stato Maggiore, ma non del tutto peregrino in termini politici.
L’urgenza
manifestata da Kiev, oltre alla preoccupazione per la minaccia russa,
rivela una situazione di crisi interna confermata dalle prime purghe e
una crescente diffidenza nel sostegno occidentale. Il capo della Cia,
William Burns, ha già ventilato a Kiev la possibile flessione degli
aiuti americani a partire dal prossimo agosto e forse ha rivolto qualche
sollecitazione in materia di lotta alla corruzione. Sono all’orizzonte
le elezioni americane e senza risultati concreti dell’Ucraina sul fronte
militare e della correttezza di governo, la leadership democratica
potrebbe essere in difficoltà. Perciò, la cessione di carri armati
all’Ucraina non sembra finalizzata alla distruzione reciproca
dell’esercito ucraino e delle forze russe in Donbass, anche se proprio
questo sarà l’effetto visibile e scontato.
Il conflitto per procura: i veri obiettivi.
Per
gli Stati Uniti è il mezzo per mettere alla prova la capacità ucraina
di riguadagnare terreno e sedersi da vincitori a un eventuale tavolo
negoziale. È il mezzo per indurre i Paesi europei e Nato a sottostare
alle direttive Usa e trascinarli in guerra. È la prova che nella guerra
per procura dichiarata dagli Stati Uniti e la Nato contro la Russia il
vero proxy non è l’Ucraina, ma l’intera Europa. È la prova che
l’Amministrazione democratica si vuole presentare alle elezioni del 2024
non soltanto con il vanto (tutto da verificare) di aver difeso
l’Ucraina e “depotenziato” la Russia, ma con il merito di aver
definitivamente assoggettato l’Europa ai voleri e interessi americani
anche in vista del confronto strategico con la Cina.
Per la Nato e
l’Europa è il mezzo per rafforzare il nucleo bellicista e isolare gli
Stati più restii a sostenere la guerra. Per la Gran Bretagna è il mezzo
per frantumare la coesione europea ed esercitare la leadership in tutto
il Nord a partire dalla Polonia fino al Baltico, alla Scandinavia e
all’Artico. Per Francia e Germania è la rinuncia a un qualsiasi ruolo di
leadership europea e per l’Italia è la conferma della vocazione alla
resa. Incondizionata.
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