Vittoria e sconfitta
Nestor Halak per Comedonchisciotte.org
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Si dice, giustamente, che le guerre si perdono o si vincono a seconda che si raggiungano o meno gli obbiettivi politici per i quali erano state iniziate. Quindi, per sapere da chi sarà vinta la corrente guerra in Ucraina, che potrebbe finire o essere interrotta nei prossimi mesi come durare ancora più a lungo, dovremo usare questo criterio.
Per capire bene l’attuale situazione dobbiamo necessariamente fare un passo indietro nel tempo, poiché se è vero che il conflitto non è iniziato nel febbraio dell’anno scorso, è anche vero che non è neppure iniziato col golpe di Maidan: possiamo fissare l’origine del problema Ucraina al momento della caduta e conseguente smembramento dell’Unione Sovietica nel 1991. La questione si apre, insomma con una netta sconfitta russa, cioè con la perdita dell’intero territorio Ucraino, che fino a quel momento era parte integrante e importante del mondo russo (con l’unica eccezione della Galizia), cui si aggiunse la perdita della Bielorussia e infine del Kazakhstan che, seppure per ragioni diverse, era anch’esso di fondamentale importanza. Difficilmente la Russia poteva conservare la potenza e l’influenza che aveva avuto fino a quel momento nel consesso internazionale senza che l’Ucraina e la Crimea tornassero a farne parte e senza che le frontiere nelle steppe dell’Asia centrale fossero sicure.
Per la verità la Russia stessa si era rassegnata alla perdita di queste regioni purché fosse ammessa a far parte integrante delle nazioni europee con il posto che la sua stazza le conferiva di diritto e purché l’Ucraina e la Bielorussia e il Kazhakistan non diventassero di fatto stati nemici e minacciosi alle frontiere. La dirigenza russa, ora che il problema dell’ideologia era stato superato, sognava un’Europa da Lisbona a Vladivostok costituita da una comunità di nazioni, magari rivali in molti sensi, ma comunque membri dello stesso consesso internazionale. Un poco com’era prima della rivoluzione, ma, si sperava, senza più guerre interne.
Sfortunatamente gli americani la vedevano diversamente: per loro l’Europa era solo una colonia spocchiosa e poiché si ritenevano vincitori esclusivi della guerra fredda, nella loro ottica gli Stati Uniti avevano ereditato il mondo ed erano oramai l’unica nazione dominante con il diritto di dirigerlo secondo il loro modello e la loro volontà, impedendo a qualsiasi altro di raggiungere una posizione che potesse anche solo insidiare il loro indiscutibile primato.
La federazione Russa, nonostante lo smembramento avvenuto, era ancora geograficamente troppo estesa ed era armata di atomiche: doveva perciò essere ulteriormente suddivisa in porzioni più piccole e l’Ucraina, come pezzo di Russia già staccato, doveva non solo uscire dal mondo russo e entrare in quello degli stati europei vassalli, ma doveva essere trasformata in un vero e proprio nemico per la prosecuzione della frammentazione. A tale scopo sono stati usati i soliti mezzi americani: l’espansione della Nato e la destabilizzazione interna. Quale migliore soddisfazione che fomentare una guerra civile in casa altrui, facendo uccidere i nemici tra di loro?
La Russia, che nel frattempo aveva davvero ritrovato un certo grado di indipendenza nazionale sotto la guida di una classe dirigente non del tutto venduta all’occidente, si è ostinata a lungo a non voler vedere la situazione reale: non solo non sarebbe mai potuta entrare a far parte così com’era delle normali nazioni occidentali, ma anche solo per sopravvivere avrebbe dovuto combattere. Infatti, la contrapposizione ideologica tra comunismo e capitalismo, era stata solo una delle ragioni della rivalità geopolitica Usa – Urss e non bastava certo la fine del socialismo reale a cambiare la situazione. Era semplicemente l’esistenza di un’altra potenza paragonabile che gli americani non potevano più accettare.
Inoltre non la rispettavano come succedeva per l’Urss perché non ne avevano più paura, ma la trattavano come una qualsiasi altra nazione sconfitta e vassalla, come potrebbero essere la Germania o l’Italia. Non aveva forse perso la guerra (fredda)? Perché mai non avrebbero dovuto semplicemente obbedire come facevano tutti gli altri europei civilizzati? Su tutt’altro pianeta, i russi sembravano invece aspettarsi di essere accolti a braccia aperte e magari persino ammirati per essersi liberati del comunismo. L’arroganza americana si è poi ulteriormente aggravata con la presa del potere negli Stati Uniti da parte di una fazione oligarchica estremista e fanatica munita di deliranti visioni messianiche.
La guerra in Ucraina deve essere compresa in questo quadro: i russi sono partiti dal dover limitare e possibilmente rovesciare le conseguenze di una sconfitta già avvenuta. Lungi dall’essere la parte attaccante, stanno solo difendendo il proprio diritto di esistere, senza peraltro mai riuscire ad abbandonare del tutto lo stupore davanti al loro mancato pacifico accoglimento nella “comunità internazionale”, che, per come la intendano gli americani, è composta sostanzialmente da loro stessi e dai paesi occupati. Partendo da una sconfitta, sono costretti loro malgrado a combattere in casa loro, contro la loro gente, senza nemmeno poter danneggiare direttamente i veri nemici che si mantengono lontani e intoccabili.
A questo punto, a quasi un anno dall’inizio della fase più cruenta della guerra, possiamo chiederci: quali esiti possibili possono essere considerati una vittoria russa e quali una vittoria americana? Ed ancora, quali sono invece i compromessi, i possibili “pareggi” che comporterebbero comunque solo una sospensione della disputa e, necessariamente, un ritorno dello scontro in tempi successivi più o meno favorevoli dei presenti a ciascuno dei contendenti?
A mio avviso, una vera vittoria russa non può prescindere dal riportare l’Ucraina (con l’eccezione della Galizia), all’interno del mondo russo. Il controllo può essere diretto, attraverso l’ingresso nella federazione, o indiretto, con la creazione di uno stato nel quale gli americani non abbiano alcuna voce in capitolo e tanto meno la possibilità di impiantare armamenti.
Una vera sconfitta russa comporterebbe il ritiro della federazione entro i confini precedenti il 2014 con l’Ucraina e la Crimea lasciate definitivamente all’occidente.
Tra questi due esiti estremi, ce ne sono diversi intermedi più o meno favorevoli alle due parti che sono sicuramente i più probabili, ma nessuno di loro risolverebbe il problema da cui si è partiti ovvero il controllo del territorio attualmente chiamato Ucraina né definirebbe stabilmente il conflitto.
In definitiva qualsiasi “pareggio” sarebbe comunque più favorevole agli statunitensi che ai russi, sia perché lascerebbe irrisolta una guerra ai confini con possibilità per i nemici di riaccenderla in qualunque momento, sia perché priverebbe la Russia di una sua importante regione. Dato che gli americani sono stati capaci di far combattere altri al posto loro e necessitano dell’Ucraina solo per indebolire la Russia, possono accontentarsi di conservare anche solo alcuni dei vantaggi acquisiti: dopo tutto non si sta combattendo in Texas e sono i russi a morire.
Insomma: agli occidentali il pareggio potrebbe bastare. Ciò rende ancora più incomprensibile il fatto che i più inclini al compromesso sembrino invece proprio i russi, gli americani, al contrario, con straordinaria imprudenza, continuano a tentare di mettere definitivamente all’angolo una potenza atomica che possiede armi sufficienti a radere al suolo tutte le loro principali città.
Se la guerra fosse solo congelata sui fronti attuali, sarebbe un risultato straordinariamente favorevole all’occidente in quanto gli darebbe il tempo per ricostituire l’esercito ucraino come hanno fatto negli anni degli accordi di Minsk, anche se l’accordo prevedesse il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea e, almeno di fatto, sulle quattro regioni già ucraine recentemente annesse, rimarrebbe solo un pareggio poiché il resto dell’Ucraina rimarrebbe comunque uno strumento in mano a Washington. Senza il controllo di tutto il litorale del Mar Nero, Odessa compresa, e quello dell’est dell’Ucraina almeno fino al Dnjepr, mi pare difficile poter parlare di un “successo” da parte russa. E rimarrebbe comunque il problema di chi controlla Kiev: con gli americani a Kiev siamo sempre nella categoria del “pareggio” che favorisce comunque chi è già in vantaggio, cioè chi non combatte a casa propria.
Fin qui il lato militare del conflitto, ma ovviamente ne esiste anche uno economico, anzi si può dire che gli americani contavano e contano principalmente sulla rovina dell’economia russa ed i conseguenti problemi interni per vincere. Almeno sulla carta, il paragone tra le economie dei belligeranti sembrava semplicemente insostenibile. Fatto sta che le sanzioni non hanno fin’ora dato il risultato sperato, aumentando in questo modo l’importanza dei fattori militari. E’ semmai proprio dal lato militare piuttosto che da quello economico che la prestazione russa è parsa inferiore a quella che i più si aspettavano prima dell’inizio delle ostilità.
Comunque sia, prima o poi la guerra si concluderà ed a meno che non lo faccia con un esito schiacciante o conduca infine ad un conflitto termonucleare (eventualità pur sempre possibile), in tutti i casi intermedi, cioè i più probabili, tutte le parti in lotta si dichiareranno vittoriose. Perciò è importante rendersi conto fin da ora, ad esiti non ancora acquisiti, prima di essere fuorviati dalla propaganda, chi vincerà o perderà realmente a seconda della situazione al momento in cui i cannoni taceranno.
Potete star certi che anche coloro che cadranno rovinosamente da cavallo, giureranno che volevano scendere.
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