A che ora è la fine del mondo?
di Andrea Zhok - 23/01/2023
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/a-che-ora-e-la-fine-del-mondo
Fonte: Andrea Zhok
Oggi ho curiosato sulla stampa mainstream (ogni tanto è
utile fare una passeggiata dietro le linee nemiche) e mi sono imbattuto
in un titolo interessante su "La Stampa" di Torino:
TITOLO
"La Russia ha più uomini, mezzi, risorse; o la Nato entra in campo o Kiev perderà."
SOTTOTITOLO
"Usa ed Europa sono davanti a scelte difficili: l’ipotesi di inviare truppe occidentali non può essere scartata."
Questo
titolo campeggia su un articolo nientepopodimeno del prestigioso
analista Lucio Caracciolo. Ora, leggendo l'articolo, come c'era da
aspettarsi, gli argomenti di Caracciolo sono di carattere analitico e
descrittivo, pesati attentamente, e presentano tre scenari possibili:
"(1) Ridurre il sostegno militare a Kiev fino a convincere
Zelensky dell’impossibilità di vincere, dunque della necessità di
compromettersi con Mosca; (2) entrare in guerra per salvare
l’Ucraina e distruggere la Russia a rischio di distruggere anche sé
stessi; (3) negoziare con i russi un cessate-il-fuoco alle spalle degli
ucraini per imporlo agli aggrediti."
Queste opzioni vengono
considerate da Caracciolo: "Scenari molto improbabili (primo e terzo) o
semplicemente assurdi (il secondo)."
L'articolo prosegue e dice cose
di buon senso, cose che, spiace per i prestigiosi analisti geopolitici,
quelli che sono stati derisi come "complottisti putiniani" hanno
sostenuto dal primo minuto del conflitto: la Russia non può perdere.
Questo per due motivi: perché la sua superiorità in termini di risorse,
mezzi e uomini è netta nonostante il fiume di armi e denaro fornito
dalla Nato, e soprattutto perché si tratta per la Russia di un conflitto
esistenziale, un conflitto letteralmente in casa propria, non un remoto
conflitto imperialista come quelli che sono abituati a gestire gli USA
in terre esotiche (dal Vietnam all'Afghanistan). Una sconfitta in un
conflitto del genere vuol dire nel migliore dei casi, un ritorno agli
anni orribili di Eltsin, in cui la Russia era impotente terreno di
sfruttamento per oligarchi interni ed esterni, nel peggiore la
disgregazione civile e il caos.
Non è bello infierire sui vinti e
dunque non ricorderemo la infinita trafila di besuaggini che le testate
nazionali - quelle "serie", mica la controinformazione "complottista" -
ci ha ammannito da nove mesi a questa parte.
Non ricorderemo perciò
come la Russia abbia già esaurito i missili una ventina di volte, come
Putin sia in fin di vita dalla nascita, come i soldati russi siano
dopati con tutte le droghe pazze che tipicamente usano gli Imperi del
Male nei film di Hollywood, come la politica ucraina incarni
esemplarmente i valori europei (invero chi potrebbe negare che il NASDAP
sia stato un prodotto europeo), come la Russia sia isolata sul piano
internazionale e distrutta su quello economico, come da questo conflitto
l'Europa uscirà più forte di prima, e via delirando in caduta libera.
No,
lasciamo stare tutto questo, tralasciamo i primi segni di ingresso
della realtà nella fantanarrativa ufficiale, e concentriamoci invece sul
titolo.
Già, perché come tutti sanno il titolo degli articoli sui
giornali è scelto dal titolista, non dall'autore. E il titolo dice -
come al solito - una cosa che nell'articolo non c'è: dice che un
ingresso diretto in guerra della Nato (dunque anche dell'Italia) è la
strada che dovremmo prendere, se non vogliamo che l'Ucraina perda (e noi
non vogliamo che perda, nevvero?)
Per chi avesse bisogno di un
chiarimento, ci troviamo di fronte all'auspicio della Terza Guerra
Mondiale, cui l'opinione pubblica deve trovarsi preparata.
Ora, dopo
gli anni della pandemia, in cui abbiamo imparato che l'unica regola
affidabile della stampa mainstream è quella di mentire strumentalmente
sempre, niente ci dovrebbe più stupire.
E tuttavia un titolo di una
testata nazionale che auspica serenamente un'opzione che nel migliore
dei casi significherebbe una strage europea senza precedenti, nel
peggiore la fine del mondo, rimane qualcosa su cui meditare.
Fino a
che punto, fino a quale livello di irresponsabilità sono disposti ad
arrivare i sedicenti "professionisti dell'informazione" mainstream?
Esiste ancora un limite morale non in vendita?
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