Italia, il nonpaese fondato sulle stragi impunite e sulle celebrazione dei morti (senza colpevoli)
di LEONARDO FACCO
L’Italia è un paese (dove paese è da intendersi come accezione generica di una landa messa insieme con lo sputo e le baionette) fondata sulla celebrazione dei morti. La tragica farsa pandemica fondata sul Covid ne è la conferma, al punto che si sono inventati, con tanto di celebrazioni a Bergamo, alla presenza del vile affarista, il bosco della memoria per in ricordo delle vittime dell’epidemia (Come mai non l’hanno definita pandemia? Un lapsus?).
Come ogni pseudo-nazione senza una storia di libertà alle spalle, l’Italia per dare un senso al suo nonsenso è costretta a piantare bandierine tricolori sulle fosse comuni su cui si fonda la Repubblica.
Nel solco di questa tradizione abbiamo visto ricordare il “complimese” del crollo del ponte Morandi, dove i soliti noti hanno messo in mostra il peggio dell’italianità: da quelli che promettono ricostruzioni miracolose a quelli che promettono case per tutti; da quelli che promettono sfracelli contro Autostrade (i Benetton stanno festeggiando con lo champagne, invece) a quelli che stampano magliette ad hoc per speculare sulle vittime; da quelli dei comitati sociali più disparati e quelli che amano la solidarietà coatta, fino quelli che è sempre colpa degli altri. Tutti quanti questi signori, vere e proprie prefiche della modernità, trovano il loro collante in qualche artista di turno (il Covid ha avuto come stampelle mediatiche i patetici Vasco Rossi e Piero Pelù, trasgressivi di ‘sta cippa), tutti ascrivibili alla categoria dei giullari “progressisticamente sbilanciati”, che salgono sul palco per ottenere soldi pubblici e applausi a comando.
Alla faccia delle mille commemorazioni, l’Italia, ovvero il “Bordello italia”, è il paese delle stragi impunite, delle ingiustizie continue, dei genocidi per via sanitaria, della moltiplicazione dei parassiti, ma soprattutto delle lugubri celebrazioni perenni: da Ustica a Piazza Fontana, fino a Bergamo nulla cambia e nulla cambierà.
Perché, in fondo, anche quello di celebrare è un modo per far festa e non lavorare!
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