CGIA avverte: il nuovo governo dovrà trovare 40 miliardi nei primi 100 giorni
Il nuovo governo che si insedierà a Palazzo Chigi avrà in eredità i provvedimenti introdotti dal Governo Draghi che non decadono con l’avvio della nuova legislatura. In altre parole, partirà con le mani legate dietro la schiena per quanto riguarda le misure economiche da adottare per fronteggiare il caro energia e il problema dell’inflazione. È quanto sostiene l’ufficio studi della Associazione artigiani e piccole imprese (CGIA) di Mestre secondo cui «il nuovo esecutivo che uscirà dalle urne ha già una ipoteca da 40 miliardi di euro e sarà quasi impossibile mantenere, almeno nei primi 100 giorni, le promesse elettorali annunciate in questi ultimi due mesi; come, ad esempio, la drastica riduzione delle tasse, la riforma delle pensioni, il taglio del cuneo fiscale». Il nuovo governo dovrà reperire entro il prossimo 31 dicembre cinque miliardi di euro per estendere anche al mese di dicembre i sostegni contro il caro energia introdotti con il decreto Aiuti ter, oltre a 35 miliardi di euro per ridurre di almeno la metà i rincari che gravano su famiglie e imprese.
I problemi riguardano, inoltre, anche i tempi strettissimi a disposizione del nuovo esecutivo per redigere, entro il 15 ottobre, il Documento programmatico di bilancio (Dpb) e, entro il 20, il disegno di legge di bilancio. «Scadenze, queste ultime due – si legge nello studio – che quasi certamente non potranno essere rispettate, visto che la prima seduta delle nuove Camere è stata fissata il 13 ottobre». Sarà il governo uscente, invece, a presentare – entro il 27 settembre – la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef). La CGIA passa quindi ad elencare tutte le risorse necessarie per estendere anche all’anno prossimo alcuni provvedimenti introdotti dal governo Draghi per un totale di 35 miliardi: 15 miliardi di euro per rinnovare nei primo trimestre le misure contro il caro energia previste dal decreto Aiuti ter; almeno 8,5 miliardi di euro per indicizzare le pensioni; almeno 5 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego; 4,5 miliardi di euro per lo sconto contributivo del 2 per cento a carico dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 35 mila euro e, infine, 2 miliardi di euro di spese indifferibili.
Il pericolo denunciato dalla CGIA per l’economia del Paese è quello della stagflazione che si verifica quando ad una crescita pari a zero o negativa si affianca un alto livello di inflazione: secondo gli artigiani mestrini è «uno scenario che potrebbe verificarsi l’anno prossimo anche in Italia, così come già è successo nella seconda metà degli anni settanta del secolo scorso». La soluzione proposta dal centro studi è, dunque, quella di un taglio delle tasse e della spesa corrente.
Tornando al nuovo governo che si insedierà nelle prossime settimane, risulta evidente come esso si dovrà muovere in un contesto di manovre e provvedimenti già prestabiliti, in cui il margine per iniziative autonome è minimo o del tutto nullo: in buona sostanza si inserirà nel solco già tracciato dal precedente esecutivo. Situazione del tutto simile a quella che il governo dovrà affrontare nel contesto del Pnrr dove i margini di discrezionalità e di contrattazione in sede europea sono pressoché nulli. Di conseguenza, rimane ancora un’incognita la possibilità di adottare soluzioni promesse in campagna elettorale come la riduzione della pressione fiscale e della spesa corrente, in quanto – come sostiene la CGIA – si tratta di operazioni «non facili da applicare in misura importante, almeno fino a quando non verrà “rivisto” il Patto di Stabilità a livello europeo». Ipotesi non sul tavolo di Bruxelles e sulle quali il nuovo governo italiano non pare avere intenzione di alzare la voce, come lasciato intendere più volte prima delle elezioni dalla stessa Giorgia Meloni che ha rassicurato di non voler sforare i vincoli di bilancio.
[di Giorgia Audiello]
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