I costi della dissalazione sono scesi moltissimo negli ultimi anni, gli impianti più performanti riescono a fornire acqua ad un costo di 0,50 dollari per metro cubo. Se pensate che mediamente in Italia l'acqua è pagata dagli utenti attorno ai 3 o 4 euro ma mc, direi che ora della fine i costi non cambierebbero affatto per l'utenza. Ma forse sta proprio in questo il problema, se l'acqua dolce scarseggerà sempre di più si potrà speculare alla grande, mentre con i dissalatori ogni speculazione verrebbe stroncata. E i nostri corrotti governanti sono al servizio della finanza specualtiva non certo della popolazione. Benché l’Italia presenti caratteristiche ideali per lo sviluppo della desalinizzazione, con una lunga linea costiera e molte aree soggette a scarsità cronica di acqua, questa tecnologia conta oggi solo per lo 0,1% dei prelievi idrici complessivi. Claudio
LOBBY DELL’ACQUA – Dissalatori Indispensabili contro la Siccità ma “scordati” dal Governo
In copertina un impianto dissalatore realizzato in Sardegna
Introduzione di Redazione Gospa News
Alla luce della recente emergenza siccità e delle caotiche risposte del Governo, assai simili ai lockdown precipitosi e dannosi contro la pandemia da Covid-19 e finalizzati solo alla vendita dei vaccini delle Big Pharma, pubblicheremo alcune inchieste sulla gestione dell’acqua dolce.
La Lobby dell’Acqua si sta infatti affacciando sulla crisi idrica italiana e globale attraverso dinamiche di provvedimenti politici cominciati con l’apertura alla privatizzazione di un Decreto governativo della fine del 2021 e alla prossima nomina di un Commissario che avrà autorità nazionale nella gestione del sempre più grave problema.
Sono sei, al momento, le Regioni che hanno formalmente inviato alla Protezione civile la richiesta di riconoscimento dello stato di emergenza per la siccità. Si tratta di Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Friuli e Veneto che hanno trasmesso i documenti al Dipartimento che ora vaglierà le richieste da portare in Consiglio dei ministri e provvederà a un primo stanziamento, che si aggirerebbe su diverse decine di milioni, per i primi interventi e i ristori agli agricoltori.
Riportiamo di seguito un interessantissimo articolo pubblicato sul sito Energia & Mercato che spiega l’importanza degli impianti di desalinizzazione e la scarsa attenzione prestata ad essi dalle politiche governative, come se ci fosse una precisa volontà di speculare anche sull’emergenza siccità.
NB – I link agli articolo di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori
I dissalatori per contrastare l’emergenza siccità: i dati al 2022
La dissalazione rappresenta una risposta reale e attuabile in tempi brevi all’emergenza idrica, ma sembra essere penalizzata da un quadro normativo e socio-politico sfavorevole.
Il Governo è al lavoro per rispondere all’emergenza idrica che sta colpendo l’Italia, puntando prevalentemente su misure di water saving ed efficientamento delle infrastrutture idriche. Con il processo di desalinizzazione è possibile rendere potabile l’acqua di mare, ma nella recente Legge “Salvamare” questa soluzione non solo non viene promossa, ma sembra essere penalizzata da un aggravio dell’iter autorizzativo.
A livello globale, le Nazioni Unite denunciano che la mancanza d’acqua riguarda oggi 2 miliardi di persone, con il rischio di un aumento della domanda idrica con l’intensificarsi degli effetti dei cambiamenti climatici.
In mezzo secolo, il nostro Paese ha perso 5 miliardi di metri cubi d’acqua e affronta un rischio di desertificazione che cresce di anno in anno. Un aiuto nella gestione dello stress idrico può essere quello offerto dalle tecnologie di dissalazione, che permettono di disporre di volumi significativi di acqua dolce partendo da quella marina e salmastra.
A Catania si è tenuto il convegno “Dal mare l’acqua per resistere al climate change. Le opportunità della dissalazione e il riutilizzo delle acque in Italia” organizzato da Althesys e dalla multinazionale spagnola Acciona.
«Il potenziale della dissalazione è enorme, ed è favorito anche dalla riduzione dei suoi costi e dalla possibilità di sfruttare le energie rinnovabili – afferma Alessandro Marangoni, CEO di Althesys – Il crescente impatto dei cambiamenti climatici, che sta aggravando fenomeni siccitosi e di desertificazione in alcune regioni, ne favoriranno lo sviluppo nei prossimi anni anche in Italia».
Riduzione dei costi
Grazie al progresso tecnologico, i costi per gli impianti di dissalazione sono diminuiti negli ultimi anni. Ad oggi, i costi totali oscillano tra 0,6 e 1,6 dollari per metro cubo, e gli impianti più performanti riescono a scendere fino a 0,50 dollari per metro cubo.
I costi caleranno ancora grazie all’innovazione tecnologica e al know-how acquisito nel corso degli anni, che ha permesso un’ottimizzazione dei processi di costruzione, e al costo del capitale sempre più basso. La dissalazione può diventare una componente dell’intero ciclo idrico integrato, che permette l’equilibrio del sistema di approvvigionamento nel suo complesso.
Vantaggi ambientali
Un altro fattore da tenere in considerazione sono i vantaggi ambientali della dissalazione in termini di sostenibilità nel lungo periodo. I punti critici del processo sono gli elevati consumi energetici e lo smaltimento dei residui, e proprio su questo si stanno facendo progressi.
Il ricorso alle rinnovabili può costituire un punto di svolta, sia nel favorirne la sostenibilità, sia nel ridurre i costi operativi. Le rinnovabili oggi più usate per la dissalazione sono solare ed eolico, a volte combinate tra loro e con fonti tradizionali per assicurare continuità di funzionamento all’impianto.
Vantaggi per il Sud e le isole
Altro fattore importante è quello legato all’approvvigionamento idrico nelle isole. Investimenti in questo ambito potrebbero contribuire a fronteggiare la scarsità idrica, con consistenti vantaggi in termini sia economici che ambientali.
Per l’approvvigionamento idrico oggi si ricorre principalmente a navi cisterne con costi elevati a carico delle Regioni e dello Stato. Desalinizzare l’acqua è più economico che trasportarla via mare fino al luogo di utilizzo.
Come sviluppare la dissalazione in Italia?
La produzione di acqua dissalata in Italia è oggi solo lo 0,1% del prelievo di acqua dolce. Lo sviluppo dei dissalatori è stato finora limitato a impianti di dimensioni medio-piccole, che si trovano prevalentemente in Sicilia, Toscana e Lazio.
Il potenziale della dissalazione in Italia è enorme, e grazie al perfezionamento dei processi e allo sviluppo dei materiali si prevede un’ulteriore diminuzione dei prezzi. Se nel 2019 erano scesi per la prima volta sotto i 3 dollari, il 2020 ha visto un nuovo record storico, con il prezzo che si è attestato a 1,5 dollari al metro cubo.
Dal punto di vista energetico, la desalinizzazione può offrire forti sinergie con le rinnovabili. Le zone aride, dove i dissalatori sono più usati, sono anche quelle con il maggior irraggiamento solare, e quindi più adatte al fotovoltaico. L’unione tra impianti di dissalazione, generazione solare, eolica, CSP e termoelettrica permette di limitare le emissioni e ridurre i costi energetici e la loro volatilità legata ai combustibili.
Benché l’Italia presenti caratteristiche ideali per lo sviluppo della desalinizzazione, con una lunga linea costiera e molte aree soggette a scarsità cronica di acqua, questa tecnologia conta oggi solo per lo 0,1% dei prelievi idrici complessivi.
Nelle isole la desalinizzazione in situ è più conveniente del trasporto. Il costo dell’acqua desalinizzata si attesta infatti sui 2-3 €/m3, mentre il prezzo di un metro cubo di acqua trasportata via nave si aggira su livelli molto più alti, circa 13-14 euro. Molte isole, soprattutto in Sicilia, Toscana e Lazio, hanno iniziato a dotarsi di impianti di desalinizzazione. La maggior parte di quelli presenti nelle principali isole italiane è stata costruita dopo il 2005.
Il PNRR individua quattro voci di investimento con lo scopo di “garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l’intero ciclo” per risorse totali di 4,38 miliardi di euro, circa 51% nel Mezzogiorno, delle quali poco meno della metà sono dedicate a “infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico”.
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