Francia: i cittadini bloccano il Paese contro la riforma delle pensioni
Oltre un milione di persone (dati del ministero dell’Interno) sono scese giovedì in piazza in tutta la Francia per protestare contro la riforma delle pensioni voluta dal presidente Macron, il cui contenuto era stato presentato dalla premier Elisabeth Borne nemmeno dieci giorni fa. Secondo i sindacati quasi mezzo milione di manifestanti si trovavano solo a Parigi, mentre erano oltre due milioni in tutto il Paese. Il presidente Macron, che ieri si trovava in Spagna per siglare il trattato di amicizia franco-spagnolo con il suo omologo francese Sanchez, ha ribadito la sua «determinazione» a portare avanti la misura nonostante le «legittime» proteste.
Secondo la Confederazione generale del lavoro (CGT) in 400 mila hanno manifestato ieri a Parigi contro la riforma delle pensioni annunciata dal governo, prendendo parte al corteo che alle 14 di giovedì ha iniziato a marciare da Place de la République. Durante le proteste del 2019, sempre secondo CGT, erano scese in piazza 250 mila persone. Sempre secondo la confederazione sindacale, in 140 mila hanno sfilato a Marsiglia (per le autorità erano 26 mila), dove era presente anche il leader della sinistra Mélenchon, e 35 mila a Grenoble (18 mila per la polizia). In tutto oltre 200 iniziative di protesta si sono svolte in tutta la Francia, con circa un terzo dei dipendenti pubblici in sciopero. D’altronde, è la prima volta in dodici anni che tutte e otto le principali sigle sindacali (da CFDT a CGT, passando per FO e Solidaires) indicono proteste congiunte, con il sostegno dei partiti di sinistra. Gli scioperi hanno interessato tutti i settori, ma i più colpiti sono stati i trasporti e la scuola: secondo i dati del ministero, a mezzogiorno di giovedì scioperava il 42% degli insegnanti delle scuole primarie (secondo i sindacati erano il 70%), mentre era in sciopero il 34% delle scuole secondarie (il 65% secondo il FSU).
Il punto principale di scontro della riforma è il rinvio dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, considerato all’unanimità inaccettabile. È stato questo il principale oggetto delle proteste di ieri, alle quali si sono aggiunti gli slogan contro l’inflazione e il caro vita a fronte del mancato aumento dei salari e contro la guerra che minaccia le sorti dell’Europa. «La riforma delle pensioni canalizza tutti gli scontenti» ha sottolineato il segretario di CGT, Philippe Martinez. Nel corso della manifestazione vi sono stati alcuni tafferugli, il lancio di lacrimogeni e qualche fermato, ma il corteo ha comunque proseguito senza interruzioni.
Da mesi i sindacati e il governo intavolano discussioni per trovare un punto di accordo sulla riforma, ma fino ad ora non si è riusciti a giungere ad alcun compromesso soddisfacente. L’aumento delle pensioni minime a 1200 euro e qualche altra miglioria secondaria non sono serviti a placare la rabbia per l’aumento dell’età pensionabile. Macron, che aveva fatto di questa riforma uno dei propri cavalli di battaglia in campagna elettorale per la rielezione – poi avvenuta lo scorso aprile -, ha ribadito la propria «determinazione» a portarla avanti, pur definendo «legittime» le manifestazioni e augurandosi che si svolgessero «senza eccessi e senza violenza».
Ieri il ministro del Lavoro Olivier Dussopt, che pure ritiene che la riforma sia necessaria e ha condannato i «blocchi» causati dagli scioperi, i quali hanno portato a disservizi quali la riduzione della produzione di elettricità, ha ammesso che la riforma potrebbe essere «migliorata». Le modifiche, tuttavia, non riguarderanno i punti cardine della riforma, quali l’età pensionabile o l’estensione del periodo di contribuzione, sui quali il governo non è disposto a scendere a compromessi. Mentre il governo non accenna alla retromarcia, forte del fatto di avere i numeri per far passare la legge grazie ai voti dei repubblicani, i sindacati si preparano a proseguire con le mobilitazioni e annunciano nuove giornate di sciopero nelle prossime settimane, la prima prevista per il 31 gennaio.
[di Valeria Casolaro]
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