Viaggia da globetrotter Viktor Orban, viaggia in continuazione per fini diplomatici e per cercare di ampliare il peso politico della sua Ungheria sfruttando il semestre di presidenza di turno del Consiglio Europeo. Spesso promuovendo un’agenda in controtendenza con quella della Commissione Europea di Ursula von der Leyen.
La recente visita del leader magiaro a Tbilisi, a valle della vittoria, contestata dalle opposizioni, di Sogno Georgiano ha rappresentato per il leader di Fidesz l’occasione per blindare il primo ministro Irakli Kobakhidze. Andando in controtendenza con la posizione della Commissione Ue che a lungo ha, prima del voto, criticato duramente il partito di governo, paventando un suo ruolo nel minare il percorso di avvicinamento all’Unione. Ma Sogno Georgiano è tutto fuorché anti-europeista a priori, e Orban visitano Tbilisi ha conseguito una facile passerella politica. Troppo semplicistico ridurre il tutto all’incontro tra due leader “filorussi”: Orban parla come portavoce di un’altra Europa. Meno occidentalista, meno fondata sul tradizionale canone dirittista, soprattutto meno atlantica: piaccia o meno, un’Europa che vede nella Commissione von der Leyen l’alternativa a cui contrapporsi.
Lo stesso è valso per il tour diplomatico estivo di luglio di Orban, appena insediato come presidente di turno del Consiglio Ue, che ha portato il primo ministro di Budapest a visitare in rapida successione Kiev, Mosca, Pechino e Washington, incontrando Volodymyr Zelensky, Vladimir Putin, Xi Jinping prima del summit Nato in America. Uno sforzo notevole da improvvisato pontiere per la pace tra Occidente e rivali e tra Russia e Ucraina che ha suscitato la levata di scudi delle istituzioni comunitarie. Aprendo però una discussione: Orban ha acquisito peso diplomatico come attore autonomo, nonostante le tendenze illiberali in patria e il peso ridotto dell’Ungheria in Europa, perché l’Ue glielo ha permesso con il suo sostanziale vuoto di proposta politica e strategica.
Orban ha dichiarato in un recente discorso all’Università Nazionale di Budapest di volersi impegnare per una vera “autonomia strategica europea” sulla base della spinta a costruire “un’Europa di nazioni” autonome e sovrane, capaci anche di peso diplomatico. Orban ha sottolineato che in passato questa spinta “è venuta solo da leader che immaginano un’Europa federale come parte di essa”. Quindi, “non stanno parlando di autonomia strategica su base nazionale, ma di autonomia strategica per un’Europa federale“. A cui lui contrappone la proiezione degli interessi nazionali di ogni Stato in un comune orizzonte europeo. Cosa spesso fatta da Budapest, anche cinicamente, su ogni tavolo comunitario, dalle sanzioni alla Russia all’immigrazione.
Fumo negli occhi per la Commissione Europea e per Ursula von der Leyen. Ma una prospettiva che, nella diversità di vedute, sta creando un interlocutore interessato all’Orban-pensiero nel presidente francese Emmanuel Macron, che ha ricevuto il collega a Parigi il 22 ottobre scorso poco dopo un incontro di Orban con Thierry Breton, commissario Ue uscente all’Industria “silurato” da von der Leyen. Orban e Macron si preparano a costruire un asse per logorare o provare a impallinare Ursula von der Leyen? Difficile dirlo, ma sicuramente lo spot di Orban per una via europea alle relazioni globali non avrà lasciato indifferente Macron, che soffre il protagonismo di Frau Ursula e la sua decisione di non confermare Breton in commissione, giudicata un affronto dal capo di Stato di Parigi. Entrambi parlano di un’Europa autonoma strategicamente, per quanto a modo loro, e la comune rivalità per l’agenda ortodossa in campo atlantico, accentratrice e contraria a ogni idea di sovranità europea dell’Ursula-bis è un fattore d’unione non secondario. Nei voti per i futuri membri dell’esecutivo Ue questo potrebbe far emergere sinergie che non vanno sottovalutate. A dimostrazione che dare Orban per isolato, dentro e fuori l’Ue, è un errore.
Nessun commento:
Posta un commento