In Moldavia, due settimane dopo, si torna al punto di partenza al ballottaggio presidenziale: vince la presidente Maia Sandu, rieletta per un secondo mandato; lo fa grazie al contributo decisivo della cospicua diaspora dall’estero, che ribalta un verdetto sfavorevole sul fronte interno; la vittoria avviene sulla scia di un’anomala serie di accuse che nella giornata di domenica 3 novembre, quando il voto è andato in scena, hanno fatto parlare di “ingerenze russe” a favore dell’avversario di Sandu, l’ex procuratore Alexandr Stoianoglo, esponente del Partito Socialista.
Stoianoglo ha ottenuto un risultato notevole: dato sotto il 15% al primo turno, è arrivato secondo col 28% contro il 40% di Sandu e nel voto in patria si è classificato primo, conquistando il 51,19% dei suffragi contro il 48,81% della presidente uscente. Solo i voti dall’estero, in cui Sandu ha vinto con circa l’80%, che rappresentano un quinto degli aventi diritto hanno ribaltato l’esito. E ora paradossalmente Sandu dovrà gestire il peso dei suoi due successi, quello del referendum per mettere in Costituzione il percorso di avvicinamento all’Ue e quello delle presidenziali, dalle accuse di governare con la Moldavia reale contro. E, ci permettiamo di affermare, spaccare il Paese tra una Moldavia moderna, desiderosa di abbracciare l’Occidente, e una componente profonda dello Stato e delle sue periferie condizionata dalla Russia e per questo retrograda non basterà.
Del resto, Sandu ha già parlato di ingerenze russe nel voto – poi vinto – sull’adesione all’Ue e lo stesso hanno fatto ieri fonti di governo. Ma davvero oltre 700mila moldavi che hanno votato contro le sue proposte possono essere derubricati a agenti del Cremlino? O davvero un capo di Stato può avere così tanta sfiducia verso la popolazione che rappresenta, nella sua interezza, da ritenerla così facilmente condizionabile?
Non sa Sandu che, così facendo, finisce solo per legittimare accuse, palesemente infondate, diffuse nelle frange più radicali dei suoi oppositori, che la presentano come una figura non autonoma, un burattino di George Soros e pongono dubbi sul suo passato alla Banca Mondiale per mettere in campo critiche alla sua capacità di rappresentare il Paese?
La Moldavia è un Paese dall’identità fragile e ancora in via di definizione. Molte delle sue componenti sociali non vedono con maggior benevolenza alla Russia piuttosto che all’Occidente e temono l’integrazione europea per motivi ideologici ma per un ricordo dei tempi che furono, quando il legame con l’Unione Sovietica era sintomo di una relativa stabilità, o perché consci che un’accelerazione improvvisa dello sbarco in Europa potrebbe certamente destabilizzare le periferie del Paese, innanzitutto tramite una spinta all’emigrazione di massa che non è da escludere. Nella sua battaglia di potere Sandu ha semplificato, tirando dritto: Occidente contro Russia, tertium non datur. Ma il fatto che abbia vinto grazie ai voti esterni al Paese e denunciato presunte ingerenze di Mosca la rende fragile sul fianco opposto. E indebolisce il suo potere all’inizio del secondo, decisivo mandato.
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