OBBLIGO VACCINALE E GREEN PASS/ “Moro contro Draghi, l’Europa sta con l’ex Dc”
L’obbligo vaccinale diretto o indiretto (green pass) rischia l’impugnazione in Italia e in Europa. È contro la Carta di Nizza
Il governo sembra voler abbandonare ogni cautela e correre verso l’estensione del passaporto vaccinale, facendolo funzionare come una sorta di patente a punti. Ma sarebbe un errore, perché i suoi provvedimenti verrebbero impugnati in Corte italiana, in Corte di Giustizia ed eventualmente in Corte europea dei diritti dell’uomo, spiega Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano. “Se io continuo, passo dopo passo, ad estendere il novero delle limitazioni fino a svuotare il diritto di circolare o riunirmi se non ho un lasciapassare, alla fine introduco, surrettiziamente, non un obbligo, ma un condizionamento alla vaccinazione. E questo finisce con l’essere una misura equivalente all’obbligo”.
Professore, torniamo a parlare di vaccinazione obbligatoria. È legittima?
In altri tempi quello delle vaccinazioni sarebbe stato un non-problema. Gli obblighi vaccinali, ci sono, ci sono sempre stati, almeno da quando i vaccini sono entrati a far parte dell’arsenale medico. E a certe condizioni è bene che ci siano. Anche per categorie. Basta leggersi un pezzo di Costituzione, che hanno citato tutti fino alla noia. Perché certe cose si sapevano anche nel 1948. Non è questo il punto.
E allora dove sta il problema?
Sta nel fatto che i vaccini di cui si parlava, ad esempio, ai tempi della legge Lorenzin erano vaccini in circolazione da tempo, e ampiamente conosciuti quanto ad efficacia ed effetti avversi. Qui invece ci troviamo di fronte ad un vaccino del quale, a rigore, non è certa nemmeno la denominazione di vaccino o di terapia preventiva. Ma non è questione di definizioni.
Dunque il nodo è l’autorizzazione, come abbiamo già detto.
Esatto. Sta nelle modalità attraverso le quali è stata realizzata l’autorizzazione in commercio di questi vaccini. Tutte le sperimentazioni, di cui si è parlato per mesi, sono state sperimentazioni condotte secondo un procedimento speciale, che ha portato in Europa ad una “autorizzazione condizionata”, e negli Usa ad una “autorizzazione d’emergenza”.
Vuol dire che è un vaccino sperimentale, come dicono molti, e come sembra aver detto Figliuolo?Vaccino sperimentale, che fa tanto no-vax, è un’espressione imprecisa. Tutte le fasi di sperimentazione clinica previste dalla normativa europea sono state effettuate. E la normativa europea è assai più stringente di quella affidata in Usa alla Fda. È che le fasi sono state effettuate in parallelo – e cioè contemporaneamente – e non in sequenza, fase dopo fase, come normalmente avviene. Ed è ovvio: vista la situazione bisognava accelerare. Non si potevano aspettare 10-15 anni per avere un vaccino.
Sappiamo anche questo. Qual è la sua obiezione, professore?
Questo viene presentato come uno snellimento burocratico. Ma in realtà questa procedura ha reso impossibile quella valutazione dei rischi a medio e lungo termine che è tipica di ogni farmaco o vaccino messo in circolazione. Da qui la sua messa in circolazione non con un’autorizzazione standard, per restare al linguaggio del Reg. 726/2004, ma con un’autorizzazione condizionata. Insomma, l’accertamento tecnico condotto finora è un accertamento sommario e provvisorio, soggetto a scadenza entro un anno dal rilascio. Salvo rinnovo. Se fossimo in una situazione di normalità avremmo un’autorizzazione standard dell’Ema, e tutti questi discorsi non avrebbero senso. È questo il nodo di tutto.
Per quale motivo?
Perché se si trattasse semplicemente di fare un vaccino antitubercolare o antiepatite questi problemi non ci sarebbero. Non è che questi vaccini siano sperimentali, qualunque cosa abbia detto per errore Figliuolo o come si ripete in giro. Diversamente dall’antivaiolo o dall’antitubercolare, questi vaccini non sono sperimentati e approvati in via definitiva. Circolano con un’autorizzazione provvisoria, soggetta a revisione ogni 12 mesi. Più chiaro di così c’è solo il sito dell’Ema.
E qui, se permette, si insinua la sensazione di avere a che fare con un problema squisitamente politico.
Certo, se no parleremmo d’altro. Adesso ci dicono che i dischi volanti esistono, anche se non sappiamo cosa sono. Purtroppo non abbiamo ancora inventato la macchina del tempo per sapere che effetti avranno a medio e lungo termine questi vaccini. Da qui, giustamente, l’autorizzazione condizionata. L’Ema, checché se ne dica, è una cosa piuttosto seria. Ci sono responsabilità enormi in ballo, innanzi tutto penali. E nonostante le pressioni cui si può immaginare sono soggetti i suoi funzionari.
Si continua a ripetere che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” (32 Cost.) e nello stesso tempo si stigmatizzano i contrari citando l’“interesse della collettività” che essi non terrebbero in considerazione. Come risponde?
Rispondo ricordando due cose. Che è dal 2002 che, secondo la Corte costituzionale, il legislatore, in materia sanitaria, è vincolato dalle risultanze degli accertamenti tecnici. E cioè dai risultati delle sperimentazioni. Sentenza Onida e sentenza Cartabia del 2018. Sperimentazioni che in questo caso forniscono un’accertamento sommario e comunque non definitivo. Accertamenti sommari e provvisori, condotti in nome dell’emergenza, non sono una base per l’introduzione di un obbligo vaccinale, nemmeno per categorie limitate.
E la seconda cosa da ricordare?
È quel pezzo di art. 32 che tutti si dimenticano di citare. E cioè quello che dice che, anche se opera con legge, il legislatore “non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Strano che nessuno lo citi più.
Non è un po’ generico? Cosa vuol dire?
Vede, non è che in Costituente fossero degli sprovveduti, né che allora questi problemi non si ponessero. Tant’è vero che il 28 gennaio 1947 un membro dell’Assemblea, di nome Aldo Moro, si presenta in Commissione spiegando che i medici dell’Assemblea gli si erano rivolti chiedendo di introdurre delle limitazioni al potere del legislatore di disporre trattamenti sanitari coattivi. Si trattava, ci dice Moro, “del problema della sterilizzazione e di altri problemi accessori”.
Sterilizzazione, ha detto?
Certo. Nel 1947 la memoria di certi fatti era recente. Insomma, per farla breve, la proposta di Moro viene avversata da diversi costituenti, tra cui quell’Umberto Nobile che, dopo essere stato nella tenda rossa al Polo con la Regia Aeronautica, viene eletto come come primo deputato del Pci subito dopo Togliatti. Nobile sostiene l’opportunità della sterilizzazione perché la legge dovrebbe prevenire che siano messi al mondo degli infelici destinati alle malattie ereditarie.
E come finisce?
Finisce che si vota, e in Costituzione si scrive che il legislatore “non può violare i limiti del rispetto della persona umana”. Non è una norma generica. È una norma di sbarramento, come precisa bene lo stesso Moro in Commissione, “per evitare che la legge per considerazioni di carattere generale e di mala intesa tutela di interessi collettivi” disponga trattamenti del genere.
Un momento. La sterilizzazione è una cosa gravissima, del tutto sproporzionata al nostro caso.
Ne è sicuro? Sa cos’hanno in comune i vaccini con la sterilizzazione e altri problemi accessori? E sappiamo a cosa si riferiva Moro nel 1947, parlando di “problemi accessori” che non venivano descritti per decenza.
La risposta? Cos’hanno in comune vaccini e sterilizzazione?
L’irreversibilità degli effetti di determinati trattamenti sanitari che possono essere disposti con legge. Sa, a parole io mi posso sbattezzare. Ma non mi posso svaccinare, neanche ritirando il consenso.
E allora quali sono i paletti del legislatore?
Sono due. Le risultanze tecniche e la norma di sbarramento voluta da Moro in Costituzione. Che per fortuna viene ancora ricordata dalla Corte nel 2002 nella sentenza sull’elettroshock. Che si sa essere una pratica sanitaria quantomeno controversa. In questo caso non c’è niente da bilanciare. Nonostante le apparenze è una norma chiarissima, se letta bene. Come nel 1947 si voleva sarebbe stata.
Quindi?
Quindi siamo di fronte a problemi enormi. Di legittimità costituzionale che saranno inevitabilmente sollevati – e mi stupisco non siano ancora stati sollevati – nelle diverse sospensive davanti ai Tar di mezza Italia sugli obblighi ai sanitari. Ma c’è anche un altro punto.
Quale?
Quello relativo alla compatibilità di un obbligo vaccinale – i cui effetti non sono definitivamente accertati – con l’art. 3 della Carta di Nizza, e cioè con la Carta dei diritti che opera all’interno dell’Unione.
E cosa dice?
Qualcosa di non troppo diverso da quello che diceva Moro nel 1947. E cioè che ogni individuo ha diritto alla integrità fisica e psichica, passando poi ad elencare, solo a mo’ di esempio, i limiti apposti alla medicina e alla biologia. È interessante e va letto. Non sono formule da manualetto di educazione civica. Sono formule potenti, che segnano i confini di una civiltà, anche in tempi di paura. E che vogliono parlare a persone di persone. E non di altro.
E se qualcuno porta la cosa in Corte di Giustizia?
È evidente che, per come si è messa, la questione della vaccinazione obbligatoria non riguarderebbe più solo la Corte italiana, che verrebbe scavalcata, ma diventerebbe una questione che coinvolgerebbe tutti i paesi dell’Unione Europea, solo che si rinviasse la cosa in Lussemburgo ex art. 267 TFUE. E lì la questione coinvolgerebbe situazioni, governi e opinioni pubbliche molto più differenziate di quanto non si dia solo in Italia. E nell’intervallo di tempo del rinvio, che ne sarebbe dei provvedimenti di sospensione per i sanitari oggi, e per il personale scolastico domani? Qualcuno si vaccina e qualcuno no? E anche non volendo parlare dei tempi di questi giudizi, in cui tutto resterebbe sospeso, il problema sarebbe la risposta.
In altri termini?
In caso di rinvio, che comunque si avrà, la Corte dovrebbe esprimersi uniformemente per tutta Europa per il sì o per il no all’obbligo vaccinale. Sempre che non si passi alla disapplicazione a macchia di leopardo dell’obbligo vaccinale, come pure si è prospettato di recente da noi. Perché obbligo sì in Italia e non in Spagna, o in Olanda, o in Estonia? Forse che questo non romperebbe quell’unità di valori di cui parla tanto l’Unione in altre materie? E se ci si esprimesse per il sì, perché qualche Corte costituzionale dei 27 paesi d’Europa non potrebbe opporre i controlimiti a questa decisione della Corte Europea, negando l’obbligo vaccinale? Siamo sicuri che tutti si uniformerebbero all’obbligo riferito ad un vaccino i cui effetti a medio e lungo termine sono sconosciuti? E questo non lo dico io.
E chi invece?
Lo dice, nero su bianco, la nota informativa che mi è stata consegnata all’atto della mia vaccinazione. E che riflette, in tutta onestà, quello che sta scritto nel sito dell’Ema, che è di una trasparenza assoluta. Ma non è un problema nuovo.
Cioè?
È dal 1996 che la Consulta sulle vaccinazioni antipolio (118/1996) ci ha ricordato che “nessuno può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri”. Lo Stato non può disporre dei corpi dei suoi cittadini.
Ma allora perché il governo ricorre al green pass?
Il green pass, che pure ha i suoi problemi di diritto Ue, è un surrogato. Siccome non è possibile vaccinare a forza 60 milioni di persone, le devi portare, in modo indiretto, a volere quello che è bene che vogliano. E cioè con la “spinta gentile” che può diventare un pungiglione. Insomma, con il sistema delle patenti a scalare. Dopodiché, patenti a parte, su singole categorie puoi fare pressione, settore per settore. Perché i medici? Perché il personale scolastico?
Per i primi non è nemmeno necessario spiegarlo. I secondi sono una categoria debole e burocratizzata, facilmente accusabile di tradire l’interesse pubblico.
Guardi, forse che l’amministrazione della giustizia è meno importante dell’istruzione? La riforma della giustizia è stata all’ordine del giorno fino a ieri. Celerità ed efficienza, si diceva. La giustizia si è paralizzata un anno e mezzo fa. E da allora funziona a rilento. Forse che nei tribunali non ci si contagia? E allora perché non mettere l’obbligo vaccinale anche ai magistrati, oltre che agli avvocati? La giustizia è una funzione fondamentale dello Stato, no? Insomma, lei rischierebbe tutta questa vicenda di impugnazioni in Corte italiana, in Corte di Giustizia, e eventualmente in Corte europea dei diritti dell’uomo, con il potenziale conflitto tra Corti che ne verrebbe, solo per vaccinare il 15% del personale scolastico ancora non vaccinato? A me sembra surreale.
Il green pass, che introduce un obbligo vaccinale indiretto, è legittimo?
Finché non viene impugnato, o disapplicato, come senz’altro finirà con l’essere, sì. Ma qui si aprirebbe un altro discorso.
Possiamo abbozzarlo?
Questa vicenda ci ha fatto ricordare che ogni libertà può essere oggetto di autorizzazione, laddove questo non sia espressamente vietato dalla Costituzione. Il punto è che se io continuo, passo dopo passo, ad estendere il novero delle limitazioni, fino a svuotare il diritto di circolare o riunirmi se non ho un lasciapassare, alla fine introduco, surrettiziamente, non un obbligo, ma un condizionamento alla vaccinazione. E questo finisce con l’essere una misura equivalente all’obbligo. Per capirci, è come se io fossi proprietario di un appartamento e, un po’ per volta, trasferissi ad altri il diritto di godimento di ogni stanza fino a nemmeno poterci entrare più, in quell’appartamento. A meno che non mi vaccinassi. Le pare normale?
(Federico Ferraù)
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