Il mandato d'arresto a Netanyahu è anche un'accusa alla politica e alla complicità degli Stati Uniti
di Jeffrey D. Sachs - 23/11/2024
Fonte: Giubbe rosse
Ora è ufficiale. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il più stretto alleato dell’America, quello che solo pochi mesi fa ha ricevuto più di 50 standing ovation al Congresso, è sotto accusa da parte della Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e crimini di guerra. L’America deve prenderne atto: il governo degli Stati Uniti è complice dei crimini di guerra di Netanyahu e ha collaborato pienamente alla sua violenta furia in Medio Oriente.Per 30 anni la Israel Lobby ha indotto gli Stati Uniti a combattere guerre per conto di Israele al fine di impedire la nascita di uno Stato palestinese. Netanyahu, salito al potere nel 1996 e da allora primo ministro per 17 anni, è stato il principale sostenitore delle guerre sostenute dagli Stati Uniti in Medio Oriente. Il risultato è stato un disastro per gli Stati Uniti e una sanguinosa catastrofe non solo per il popolo palestinese ma per l’intero Medio Oriente.
Non si è trattato di guerre per difendere Israele, ma piuttosto guerre per rovesciare governi che si oppongono all’oppressione del popolo palestinese da parte di Israele. Israele si oppone ferocemente alla soluzione dei due stati richiesta dal diritto internazionale, dall’Arab Peace Initiative, dal G20, dai BRICS, dall’OIC e dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’intransigenza di Israele e la sua brutale repressione del popolo palestinese hanno dato vita a diversi movimenti di resistenza militante sin dall’inizio dell’occupazione. Questi movimenti sono sostenuti da diversi paesi della regione.
La soluzione ovvia alla crisi israelo-palestinese è attuare la soluzione dei due stati e smilitarizzare i gruppi militanti come parte del processo di attuazione.
L’approccio di Israele, specialmente sotto Netanyahu, è quello di rovesciare i governi stranieri che si oppongono al dominio di Israele e ricreare la mappa di un “Nuovo Medio Oriente” senza uno Stato palestinese. Invece di fare la pace, Netanyahu fa una guerra senza fine.
Ciò che è scioccante è che Washington ha consegnato l’esercito e il bilancio federale degli Stati Uniti a Netanyahu per le sue guerre disastrose. La storia della completa presa di potere della lobby israeliana su Washington può essere trovata nel notevole nuovo libro di Ilan Pappé, Lobbying for Zionism on Both Sides of the Atlantic (2024).
Netanyahu ha ripetutamente detto al popolo americano che sarebbero stati i beneficiari delle sue politiche. Ma concretamente, Netanyahu è stato un disastro assoluto per il popolo americano, dissanguando il Tesoro degli Stati Uniti di trilioni di dollari, sperperando la reputazione dell’America nel mondo, rendendo gli Stati Uniti complici delle sue politiche genocide e portando il mondo più vicino alla Terza guerra mondiale.
Se Trump vuole che l’America torni ad essere grande, la prima cosa che dovrebbe fare è renderla di nuovo sovrana, ponendo fine alla sottomissione di Washington alla lobby israeliana.
La lobby israeliana non solo controlla i voti al Congresso, ma piazza anche sostenitori intransigenti di Israele in posizioni chiave per la sicurezza nazionale. Tra questi figurano Madeleine Albright (Segretario di Stato per Clinton), Lewis Libby (Capo di Gabinetto del Vicepresidente Cheney), Victoria Nuland (Vice Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Cheney, Ambasciatore NATO di Bush Jr., Assistente Segretario di Stato per Obama, Sottosegretario di Stato per Biden), Paul Wolfowitz (Sottosegretario alla Difesa per Bush Sr., Vice Segretario alla Difesa per Bush Jr.), Douglas Feith (Sottosegretario alla Difesa per Bush Jr.), Abram Shulsky (Direttore dell’Ufficio dei Piani Speciali del Dipartimento della Difesa per Bush Jr.), Elliott Abrams (Vice Consigliere per la Sicurezza Nazionale per Bush Jr.), Richard Perle (Presidente del Defense National Policy Board per Bush Jr.), Amos Hochstein (Consigliere Senior del Segretario di Stato per Biden) e Antony Blinken (Segretario di Stato per Biden).
Nel 1995, Netanyahu descrisse il suo piano d’azione nel suo libro Fighting Terrorism. Per controllare i terroristi (la definizione di Netanyahu dei gruppi militanti che combattono il dominio illegale di Israele sui palestinesi), non è sufficiente combattere i terroristi. Invece, è necessario combattere i “regimi terroristici” che sostengono tali gruppi. E gli Stati Uniti devono essere i primi a farlo:
La cessazione del terrorismo deve quindi essere una richiesta chiara e netta, sostenuta da sanzioni e senza premi. Come per tutti gli sforzi internazionali, l’applicazione vigorosa di sanzioni agli Stati terroristi deve essere capeggiata dagli Stati Uniti, i cui leader devono scegliere la giusta sequenza, i tempi e le circostanze per queste azioni.
Come ha detto Netanyahu al popolo americano nel 2001 (ristampato come prefazione del 2001 a Fighting Terrorism):
La prima e più importante cosa da capire è questa: Non esiste terrorismo internazionale senza il sostegno di Stati sovrani. Il terrorismo internazionale non può essere sostenuto a lungo senza i regimi che lo aiutano e lo sostengono… Se si toglie il sostegno degli Stati, l’intera impalcatura del terrorismo internazionale crollerà nella polvere. La rete terroristica internazionale si basa quindi sui regimi di Iran, Iraq, Siria, Afghanistan talebano, Autorità Palestinese di Yasir Arafat e diversi altri regimi arabi, come il Sudan.
Tutto questo era musica per le orecchie dei neoconservatori di Washington, che allo stesso modo sottoscrivevano le operazioni di cambio di regime guidate dagli Stati Uniti (attraverso guerre, sovversione segreta, rivoluzioni colorate guidate dagli Stati Uniti, colpi di stato violenti, ecc.) come metodo principale per affrontare i presunti avversari degli Stati Uniti.
Dopo l’11 settembre, i neocon di Bush Jr. (guidati da Cheney e Rumsfeld) e gli insider di Bush Jr. della lobby israeliana (guidati da Wolfowitz e Feith), si sono uniti per rifare il Medio Oriente attraverso una serie di guerre guidate dagli Stati Uniti contro gli obiettivi indicati da Netanyahu in Medio Oriente (Libano, Iran, Iraq, Siria) e nell’Africa orientale islamica (Libia, Somalia e Sudan). Il ruolo della lobby israeliana nell’alimentare queste guerre scelte è descritto in dettaglio nel nuovo libro di Pappe.
Il piano di guerra della lobby neocon-israeliana fu mostrato al generale Wesley Clark durante una visita al Pentagono subito dopo l’11 settembre. Un ufficiale prese un foglio dalla sua scrivania e disse a Clark: “Ho appena ricevuto questo promemoria dall’ufficio del Segretaripreseo della Difesa. Dice che attaccheremo e distruggeremo i governi di 7 paesi in cinque anni: inizieremo dall’Iraq e poi ci sposteremo in Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran”.
Nel 2002, Netanyahu propose la guerra con l’Iraq al popolo americano e al Congresso promettendo loro che “Se eliminerete Saddam, il regime di Saddam, vi garantisco che ciò avrà enormi ripercussioni positive sulla regione […] Le persone sedute proprio accanto a noi in Iran, i giovani e molti altri, diranno che il tempo di tali regimi, di tali despoti è finito”.
Un nuovo, straordinario resoconto da insider sul ruolo di Netanyahu nel guidare la guerra in Iraq proviene anche dal Marine Command Chief Master Sargent in pensione Dennis Fritz, nel suo libro Deadly Betrayal (2024). Quando Fritz fu chiamato a partire per l’Iraq all’inizio del 2002, chiese agli alti ufficiali militari perché gli Stati Uniti si stessero schierando in Iraq, ma non ottenne alcuna risposta chiara. Piuttosto che guidare i soldati in una battaglia che non era in grado di spiegare o giustificare, lasciò il servizio.
Nel 2005, Fritz fu invitato a tornare al Pentagono, ora come civile, per assistere il sottosegretario Douglas Feith nella declassificazione dei documenti sulla guerra, in modo che Feith potesse usarli per scrivere un libro sulla guerra. Nel corso del processo, Fritz scoprì che la guerra in Iraq era stata promossa da Netanyahu in stretto coordinamento con Wolfowitz e Feith. Scoprì che il presunto obiettivo bellico degli Stati Uniti, contrastare le armi di distruzione di massa di Saddam, era un cinico espediente pubblicitario condotto da un insider della Israel Lobby, Abram Shulsky, per ottenere il sostegno dell’opinione pubblica statunitense alla guerra.
L’Iraq doveva essere la prima delle sette guerre in cinque anni, ma come spiega Fritz, le guerre successive furono ritardate dall’insurrezione irachena anti-statunitense. Ciononostante, gli Stati Uniti sono entrati in guerra o hanno appoggiato guerre contro Iraq, Siria, Libia, Somalia, Sudan e Libano. In altre parole, gli Stati Uniti hanno realizzato i piani di Netanyahu, tranne che per l’Iran. Ancora oggi, anzi, in queste ore, Netanyahu si adopera per fomentare una guerra degli Stati Uniti contro l’Iran, che potrebbe portare alla Terza Guerra Mondiale sia se l’Iran arrivasse a produrre armi nucleari, sia se l’alleato dell’Iran, la Russia, si unisse a questa guerra al fianco dell’Iran.
Il lavoro di squadra tra neocon e lobby israeliana ha segnato una delle più grandi calamità globali del XXI secolo. Tutti i paesi attaccati dagli Stati Uniti o dai loro delegati (Iraq, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Siria) ora giacciono in rovina. Nel frattempo, il genocidio di Netanyahu a Gaza continua a ritmo serrato e ancora una volta gli Stati Uniti si sono opposti alla volontà unanime del mondo (tranne Israele) questa settimana, ponendo il veto a una risoluzione di cessate il fuoco del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sostenuta dagli altri 14 membri dello stesso Consiglio.
Il vero problema che l’amministrazione Trump deve affrontare non è difendere Israele dai suoi vicini, che chiedono ripetutamente, quasi quotidianamente, la pace basata sulla soluzione dei due stati. Il vero problema è difendere gli Stati Uniti dalla lobby israeliana.
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