Una lezione dalla Russia:
“Tutto il mondo non è Occidente
Come previsto, in tanti hanno speso pagine dedicate alla vittoria di Putin, andando a rintracciare le verità di questo trionfo così ampio, senza possibilità di appello, neanche insistendo sulla storia dei brogli e delle schede precompilate.
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/lezione-dai-russi-perche-mondo-non-occidente/
Putin, durante i suoi oltre vent’anni di carriera politica, 18 dei quali trascorsi alla guida della Russia, ha costruito il suo consenso a partire, anzitutto, dal piano interno, uscito a pezzi dopo il periodo post-sovietico, per poi lanciare la Russia verso un nuovo lustro a livello internazionale.Oggi tutti i russi scendono in piazza vestendo i colori della propria bandiera, o indossano le uniformi delle loro nazionali olimpiche, e nel contesto di esaurimento dei valori, in Occidente non si riesce a comprendere tutto ciò, giustificando la vittoria di Putin come una farsa necessaria e costruita a tavolino.
Margarita Simonyan, direttore di Rt, ha pubblicato un editoriale in cui descrive una situazione di quasi disprezzo per un Occidente che si rifiuta di comprendere quel Russky Mir restaurato e così inviso alle stanze del potere a Ovest del Muro di Berlino.
I russi, da sempre hanno avuto l’Occidente come modello da seguire, attratti forse solo dalle luci del capitalismo, e come biasimarli. E forse proprio il fatto che lo stereotipo occidentale della Piazza Rossa piena di carri armati e tante bottiglie di vodka, non è riuscito ad entrare nella perestroyka e comprendere ciò che è successo a Mosca, così come negli altri Paesi comunisti, dopo il 1985.
In tanti ancora si chiedono perché non siano stato celebrato il centenario della Rivoluzione d’ottobre del 1917, ma la risposta risiede nel fatto che la Russia di oggi non è lo specchio di quella Russia. Oggi, forse, vi sono più russi che rimpiangono lo Zar di quanti non rimpiangano Stalin. I russi non celebrano il loro recente passato, ma non lo cancellano.
Mentre negli Stati Uniti si abbattono le statue di Cristoforo Colombo, perché conquistatore sanguinario, in Russia le falci e martelli campeggiano su qualunque monumento, e Lenin in molti parchi indica ancora la direzione.
I russi non ammirano più l’Occidente, perché l’Occidente ha smarrito se stesso, i propri valori tradizionali, in favore di un incerto e transitorio senso di ultra-libertà, responsabile dell’annichilimento dell’identità. Non sorprenda, poi, se in Russia il 95% dei consensi li raccolga un patriota come Putin, un Comunista conservatore e un Nazionalista.
Mosca e San Pietroburgo sono le uniche città in cui il consenso di candidati filo-liberali hanno visto percentuali che superassero il 2, perché il cosmopolitismo di determinate aree fa sì che l’influenza culturale dei giovani sia mediata anche da modelli esterofili. Ma la provincia rappresenta ancora il vero animus del popolo.
In Europa anche la Turchia ha subito lo stesso processo: dieci anni fa Istanbul era una città cosmopolita, al pari di Parigi o Berlino. Oggi la transizione re-islamizzante di Erdogan, sta cancellando il kemalismo dalle strade e dalle scuole turche. Eppure nessuno, nella provincia turca, vuole spodestare Erdogan.
Quando un popolo vanta un peculiare retaggio culturale, esso non può essere cancellato con un colpo di spugna. In Europa si è riusciti a seguire un modello, quello americano, vincente, per carità, sotto alcuni punti di vista, ma scevro di una storia millenaria, di un retaggio culturale secolare, e che quindi non può comprendere a pieno ciò che significa ricordare la propria storia.
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