Il caso Sergei Skripal sta catalizzando l’attenzione internazionale per la continua escalation
diplomatica che vede contrapposta la Gran Bretagna, spalleggiata
dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, alla Federazione Russa.
Benché il caso sia ormai noto può essere utile farne
un riassunto. Un ex agente segreto russo che faceva il doppio gioco con
gli inglesi, il colonnello Sergei Skripal, viene scoperto dal
controspionaggio russo del FSB ed arrestato nel 2004. Nel 2010 la Gran
Bretagna riesce a riaverlo indietro per uno scambio di agenti catturati,
una scena che immaginiamo da film e che ricorda da vicino la guerra
fredda, ma è quanto mai attuale. Il 4 marzo scorso questo ex colonnello
russo, nonché come detto ex spia britannica, viene trovato in stato
comatoso su una panchina di un centro commerciale di Salisbury insieme a
sua figlia. Le successive indagini appurano che è stato avvelenato con
un agente nervino polverizzato dal nome Novichok, sviluppato dall’Unione
Sovietica nell’ambito di un programma sperimentale sulla guerra
batteriologica. Da qui il passo è breve: Theresa May in un durissimo
discorso in Parlamento accusa esplicitamente la Russia di essere dietro
all’attacco e, dopo aver incassato la solidarietà di Merkel, Macron e
del presidente del Consiglio Europeo Tusk, riesce anche a muovere la
Casa Bianca (per ultima) in un duro attacco a Mosca. Ieri
l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, con il sostegno europeo,
ha portato il caso davanti al Consiglio di Sicurezza denunciando
esplicitamente Putin come responsabile “molto probabile” del tentato
omicidio.
Le ritorsioni contro la Russia sono allo studio. Si va da un inasprimento delle sanzioni fino al congelamento degli asset
russi sul territorio britannico e forse addirittura europeo. Intanto 23
diplomatici della Federazione Russa sono stati espulsi da Londra e
dovranno tornare a Mosca in settimana. Chiaramente il Cremlino nega ogni
coinvolgimento, ma c’è una lunga scia di morti per avvelenamento in
Gran Bretagna negli ultimi anni che sembra portare indubbiamente verso
est. Il caso più celebre è quello di Alexander Litvinenko, avvelenato
con il Polonio 210 in un sushi bar di Londra nel 2006 insieme a diversi
avventori.
Le morti per avvelenamento inspiegabili legate ad ex
oligarchi o dissidenti russi in Inghilterra sono state decine da allora e
questo spiega la furiosa reazione di Londra. Ma il problema che hanno i
servizi interni della regina a trovare la rete di spie russe che
certamente operano sul suo territorio e l’allargamento del conflitto
diplomatico all’Europa e alla Nato, apparentemente spropositato,
dovrebbero portarci ad una serie di riflessioni sulla continua escalation
di tensione con la Russia che continua ormai dal conflitto in Ossezia
ed è notevolmente peggiorata dopo l’inizio del conflitto ucraino.
In particolare dovemmo chiederci due cose: la prima
se effettivamente il caso Skripal riveli solo un problema di sicurezza
britannico o sia invece a tutti gli effetti una minaccia per i Paesi
europei e la Nato, la seconda è se l’Europa non si stia sempre più
schiacciando su delle posizioni ideologiche che fanno comodo alla
situazione politica contingente, ma non sono necessariamente nel suo
interesse.
Secondo
alcuni analisti europei ed americani il clamoroso avvelenamento di
Skripal sarebbe una provocazione chiara da parte di Mosca, un
avvertimento ai Paesi alleati che l’intelligence russa può arrivare a
colpire dove e quando vuole indisturbata. Questa è stata fin dal
principio la linea editoriale, per esempio, del Washington Post e del
The Guardian. La minaccia sarebbe quindi collettiva e rivolta
all’Occidente in quanto tale, la risposta dovrebbe essere altrettanto
dura e coordinata. Ora su questa interpretazione degli eventi dobbiamo
dire che chi ricorda un minimo di storia sa che la Russia ha scelto
qualche volta di usare armi chimiche per risolvere situazioni delicate.
Ricordiamoci le accuse di uso di armi chimiche su Grozny in Cecenia nel
2000 o l’uso di gas per risolvere la crisi del teatro di Mosca nel 2002
(foto). Ciò nonostante viene veramente da chiedersi, leggendo le analisi
allarmiste dei giornali internazionali, cosa un Paese come la Russia
dovrebbe dimostrare di saper fare usando deliberatamente un agente
nervino in un luogo pubblico. Uno Stato con il secondo arsenale atomico
più grande del mondo non ha bisogno di andare ad avvelenare ex spie nei
centri commerciali di Salisbury per lanciare un messaggio minaccioso,
soprattutto in un momento in cui non ce ne sarebbe alcun motivo. Questo a
meno di non ipotizzare un’ improvvisa strategia terrorista del Cremlino
che non può che sembrare ridicola.
La Russia, se effettivamente è coinvolta nella resa
dei conti che ha coinvolto i suoi ex agenti e dissidenti che vivevano
nel Regno Unito (15 sembra finora i casi sospetti) con tutta probabilità
vuole lanciare più un messaggio interno che alla Nato o al governo di
Theresa May. Il fatto che questa attività russa si concentri in Gran
Bretagna indica quantomeno un problema di sicurezza interna nazionale
che è gravissimo e dovrebbe allarmare, quello si, i partner della Nato.
Forse nessuno lo ricorda ma nel maggio scorso, senza
molto clamore, i nostri servizi arrestarono un agente russo a Roma
mentre stava comprando documenti riservati sui programmi di difesa
dell’Unione Europea. Questo era indubbiamente un atto che attentava la
sicurezza collettiva degli alleati, eppure non venne trattato come tale.
Si capisce certamente l’impressione che può aver generato un
avvelenamento in un luogo pubblico: nessun Paese al mondo può essere
contento di avere al proprio interno una rete di agenti segreti
stranieri che spargono agente nervino nei ristoranti, ma il fatto
incontrovertibile fino a questo momento è che non ci sono prove, di
alcun tipo, che legano questo o altri omicidi con Mosca.
Si può creare un incidente diplomatico internazionale e coinvolgere i partner della Nato in un escalation con un Paese terzo senza alcuna prova?
Londra può chiedere ai suoi alleati di seguire una
politica così aggressiva solo in presenza di alcuni indizi, per quanto
eloquenti, ma senza alcuna base giuridica?
Queste
domande ci portano al secondo punto della riflessione, ossia alla
continua contrapposizione frontale tra Nato e Russia che sta
contraddistinguendo la politica internazionale dei nostri tempi. Questa
contrapposizione arriva al momento giusto, in un periodo di crescente
tensione e sospetto reciproco tra i membri della Nato che portano molti
ad interrogarsi sul futuro della stessa Alleanza. Dopo la fine della
guerra fredda l’Alleanza Atlantica è stata modellata per il nuovo
millennio da strumento difensivo a veicolo offensivo di peace keeping.
Ciò nonostante l’ultimo intervento Nato che può essere considerato
veramente un successo fu quello nella guerra del Kosovo alla fine degli
anni ‘90. Nel nuovo millennio gli interventi NATO in Afghanistan e Libia
si commentano da soli, mentre per intervenire in Iraq nel 2003 o in
Siria nel 2016 gli Stati Uniti hanno scartato l’Alleanza e scelto un
altro modus operandi, più snello e discrezionale.
La fiducia transatlantica è ad un minimo storico. Il
caso intercettazioni in Europa del 2013, presto dimenticato dalla
stampa, rischia di rivelare una realtà desolante di servizi tedeschi che
aiutavano la CIA a spiare gli altri Paesi europei, senza immaginare di
essere spiati a loro volta. La fiducia tra Berlino e Washington era tale
che lo stesso cellulare di Angela Merkel era probabilmente tenuto sotto
sorveglianza dalla NSA. Se fossero stati i russi e non gli americani a
mettere in piedi un’operazione del genere oggi avremmo un nuovo muro di
Berlino al confine polacco, ma invece dopo una nota di protesta
ufficiale a Washington l’intero caso sembra essersi sgonfiato.
Oggi l’amministrazione americana che minaccia
sanzioni alla Russia sta allo stesso tempo adottando misure
protezioniste contro le merci europee. Le parole cambiano ma il
risultato no: difficoltà ad esportare, restringimento del mercato,
fallimento delle imprese specializzate nel commercio estero. La stessa
Europa è colpita da ovest dalle sanzioni che pensa di imporre ad est.
Parlando di fiducia all’interno della Nato ormai non vale neanche più la
pena di parlare, ad esempio, del rapporto che gli alleati hanno con la
Turchia, ormai alleata solo a parole. In questo contesto complesso e
frammentato la rivalità con la Russia sembra riportarci ad un quadro
geopolitico rassicurante, che fa perno sul rapporto speciale tra Stati
Uniti ed Europa e vede risorgere ad est il classico nemico storico della
vecchia guerra fredda. L’idea di rafforzare un’alleanza facendo leva su
un nemico esterno è quanto di più vecchio ci possa essere nella
politica internazionale, ma per dare uno scopo alla Nato e superare le
difficoltà transatlantiche occorrerà di più che mettere la testa sotto
la sabbia o schierare qualche divisione aspettando una fantomatica
invasione nel “deserto dei Tartari” baltico.
In conclusione non si può negare che il caso delle
spie russe in Gran Bretagna sia preoccupante, ma è solo l’ultimo
capitolo di un gioco delle parti che non vorremmo vedere e di cui
probabilmente non c’è realmente bisogno.
(foto: UK Gov / web / Nato)
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