Giovanni Fasanella, Antonella Grippo
Ed. Sperling & Kupfer
pagg. 491
Gli autori, giornalista lui, docente di Italiano e
Storia lei, partono in questa loro ricerca dal 1861, anno della morte di
Cavour, per arrivare al 1921 con la strage del teatro Diana di
Milano che “aprì la strada alla stabilizzazione dell’Italia sotto il
pugno di ferro fascista”.
È una storia, quella narrata in questo saggio, che
non si legge nei libri di scuola, “dove sono fiorite leggende che sono
belle, ma non sempre vere”.
Il primo protagonista di questo saggio è Cavour, che
iniziò la propria carriera politica come ministro
dell’agricoltura grazie a Massimo D’Azeglio, primo ministro del Regno di
Sardegna dal 1849 al 1852. Lo chiamò - vincendo le resistenze del re a
cui quel giovane furbo e arrogante non piaceva - nel 1850 per poi essere
liquidato e sostituito nel 1852 dallo stesso Cavour.
Deciso a destabilizzare l’ordine stabilito nel
Congresso di Vienna, il cui status quo era rappresentato da Austria e
Russia, Cavour si avvicinò a Francia ed Inghilterra - che premevano per
un nuovo equilibrio - con l’alleanza in occasione della guerra di Crimea
del 1855. Per avere il controllo sul Mediterraneo, soprattutto dopo
l’apertura del canale di Suez, bisognava puntare alla Sicilia. E così,
Cavour, venuto a sapere che “un noto condottiero, Giuseppe Garibaldi,
aveva comprato una nave inglese per tentare un colpo di mano in Sicilia
con l’appoggio di lord Palmerston” (primo ministro inglese), entrò in
contatto con lui, massone ed antipapista, con il programma di far cadere
il regno borbonico, senza però fermarsi a Napoli, “ma arrivare a Roma
per cancellare dalla carta geografica lo Stato Pontificio, il nemico
assoluto, simbolo di una lotta secolare. L’Inghilterra promosse quindi
il progetto di uno Stato unitario italiano anche in opposizione alla
Francia.”
Il 5 maggio 1860 i Mille (1067 per la precisione) presero il largo da Genova con le navi (di proprietà della società Rubattino) Lombardo, al comando di Bixio, e Piemonte, al comando di Garibaldi e Salvatore Castiglia. L’11 maggio, con la protezione d i due navi inglesi, l’Argus e l’Intrepid,
avvenne lo sbarco a Marsala. L’oro massonico e cavouriano fu impiegato
per la corruzione di ufficiali e dignitari borbonici. Fu lo stesso
Massimo D’Azeglio a ridimensionare il mito di Garibaldi scrivendo:
"Nessuno più di me stima ed apprezza il carattere e certe qualità di
Garibaldi; ma quando s’è vinta un’armata di 60.000 uomini, conquistato
un regno di sei milioni, con la perdita d’otto uomini, si dovrebbe
pensare che c’è sotto qualcosa di non ordinario, che non si trova
dappertutto non credersi per questo d’essere padrone del globo."
A Calatafimi, il 18 maggio 1860, il generale Landi
ordinò la ritirata “proprio nel momento in cui borbonici […] risultavano
preponderanti, tanto da riuscire a strappare perfino la bandiera ai
garibaldini.” Il prezzo pattuito fu di 14.000 ducati d’oro. Ma Landi non
fu il solo ufficiale borbonico a tradire Francesco II. “Napoli sembrava
una nave da cui tutti i topi cercavano di scappare.” Cavour nel
frattempo, mentre i garibaldini risalivano la penisola, si preparava
all’invasione dello Stato Pontificio.
La “piemontesizzazione” delle Due Sicilie
avvenne il 21 ottobre 1860 tramite votazioni, la cui regolarità è messa
in discussione dalle cronache del tempo. Il 26 ottobre, a Vairano (e non
a Teano) “il re ricevette in consegna i poteri sui nuovi territori e
contemporaneamente pensò bene di ringraziare Garibaldi sciogliendo le
forze di volontari ormai divenute pericolose e inutili.”
Con il cambio della guardia fu messa sotto accusa la
spregiudicata gestione finanziaria della spedizione dei Mille. Così fu
chiesto “al viceintendente generale delle finanze garibaldine in
Sicilia, lo scrittore Ippolito Nievo, di tornare a Palermo per
recuperare la documentazione delle spese sostenute e portarle a Torino.”
Il 4 marzo 1861 Ippolito Nievo, dopo aver raccolto le carte necessarie,
salpò da Palermo a bordo del Piroscafo Ercole che, dopo un
giorno di navigazione, naufragò a largo di Capri. Morirono 68
persone.”Qualche giorno dopo il sospetto naufragio, il 17 marzo 1861,
nacque il Regno d’Italia. E scese l’oblio su quella strage tanto dubbia.
Una strage che inaugurò la storia segreta dell’Italia unita in nome di
Vittorio Emanuele II.
”Il 6 giugno successivo morì Cavour. Con la sua
uscita di scena, con Garibaldi esiliato a Caprera, e con il naufragio
dell’Ercole, erano usciti di scena quasi tutti i protagonisti dell’unità
d’Italia. Rimaneva solo Vittorio Emanuele II il quale sosteneva che
“gli italiani non sono pronti per un governo parlamentare. Mi toccherà
governarli con le baionette e le bustarelle.”
L’ex regno borbonico divenne una polveriera. “Il
governo di Torino sembrava del tutto impotente dal punto di vista
politico. L’unica risposta fu quella militare.” Non fu tollerata nessuna
forma di rivolta o di protesta. “Le punizioni furono esemplari. La
sorte più atroce toccò a due paesi del Matese: Pontelandolfo e
Casalduni.”. La violenza della repressione e la voglia di vendetta
inasprirono ulteriormente il clima di resistenza facendo crescere il
numero di briganti. E così, per la lotta al brigantaggio, furono
concentrati pieni poteri nelle mani dei generali Enrico Cialdini e
Alfonso La Marmora.
Il 24 agosto 1862, nel Mezzogiorno, venne proclamato lo stato d’assedio.
Gianlorenzo Capano
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