L’analista, economista e politologo americano Paul Craig
Roberts (ormai quasi ottuagenario), di cui ho già pubblicato alcuni interventi
nelle precedenti newsletter, non ha peli sulla lingua, non è politically
correct, anzi più esplicito non potrebbe essere nell’attribuire responsabilità
e distribuire critiche all’establishment americano. Peccato che per leggere i
suoi interventi occorre frequentare il suo blog (
http://www.paulcraigroberts.org ),
perché non facendo parte del mainstream, non viene pubblicato sui mass media e
non compare in tv, come del resto avviene ormai ovunque nel mondo, dove il
pensiero unico omologato sta prevalendo e per sottrarsi alla disinformazione
imperante occorre navigare in rete con criteri molto selettivi. Se l’articolo
sottostante non fosse firmato ma fosse anonimo, la CIA (
Central Intelligence
Agency) o la NSA (National Security Agency) lo attribuirebbero certamente
ad una fonte russa manovrata dall’FSB (Federal'naja služba bezopasnostI - ex
KGB) con scopi destabilizzanti ed indubbiamente antiamericani …
:-)
Claudio Martinotti Doria
Trump si è arreso,
il prossimo sarà Putin?
di Paul Craig Roberts - 10/04/2017
Fonte: Libreidee
«Trump si è arreso. Il prossimo sarà Putin?». Se lo domanda Paul Craig
Roberts, uno dei più autorevoli osservatori indipendenti della scena
internazionale, all'indomani del raid missilistico sulla Siria ordinato dal
capo della Casa Bianca senza prima acquisire prove sulle responsabilità di
Assad nell'attacco a Idlib con il gas Sarin. «L'establishment di Washington ha
ripreso il controllo»,
scrive sul suo blog l'ex
viceministro di Ronald Reagan. «Prima Flynn e ora Bannon», via le
"colombe" che avevano trainato la campagna elettorale di Trump,
lasciando intravedere il disgelo col resto del mondo. «Tutto ciò che hanno
lasciato nell'amministrazione Trump - afferma Roberts - sono i sionisti e i
generali impazziti che vogliono la guerra con la Russia, la Cina, l'Iran, la
Siria e la Corea del Nord. E non c'è nessuno, alla Casa Bianca, capace di
fermarli».
Questo è il «bacio d'addio alla normalizzazione delle
relazioni con la Russia: il conflitto siriano è impostato per essere riaperto».
Incidente gravissimo, strategico: data «l'assenza di qualsiasi prova» sulle
responsabilità di Assad, «è del tutto evidente che l'attacco chimico è un
evento orchestrato da Washington».
Il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha
messo in guardia la Russia: è scattata l'operazione per rimuovere Assad, e
purtroppo Trump è d'accordo, continua Craig Roberts. Conseguenza: «La rimozione
di Assad permette a Washington di imporre un altro burattino americano su
popoli musulmani». Obiettivo sostanziale: «Rimuovere un altro governo arabo con
una politica indipendente da Washington, per eliminare un altro governo che si
oppone al furto di Israele della Palestina».
Per Tillerson, storico patron della Exxon, far cadere il
governo siriano significa anche «tagliare il gas russo destinato all'Europa con
un gasdotto controllato degli Stati Uniti, che dal Qatar raggiunga l'Europa
attraverso la Siria». Brutte notizie per Mosca, che - combattendo seriamente
contro l'Isis - sperava davvero, con Trump, di raggiungere una partnership con
Washington attraverso uno sforzo comune contro il terrorismo. Speranze che
Craig Roberts oggi definisce «del tutto irrealistiche». Un'idea addirittura «ridicola»,
visto che «il terrorismo è l'arma di Washington». Un'accusa frontale, dunque:
sono gli Usa i mandanti diretti dell'Isis, accusa l'ex stratega di Reagan.
Una volta messa fuori gioco la Russia, continua Craig
Roberts, «il terrorismo verrà poi diretto contro l'Iran su larga scala». E
quando l'Iran dovesse a sua volta cadere, sempre il terrorismo
"amico" della Cia, quello che oggi è targato Isis, «inizierà a lavorare
sulla Federazione Russa e con la provincia cinese che confina con il
Kazakhstan».
Possibile? Senz'altro: «Washington ha già dato alla Russia
un assaggio del terrorismo sostenuto dagli Usa in Cecenia. E il più è deve
ancora arrivare». Craig Roberts rimprovera ai russi una sorta di fatale
ingenuità: speravano, davvero in Donald Trump. Per questo, sostiene, hanno
evitato di stravincere, dopo aver conquistato il cruciale ovest della Siria,
paese che oggi è invece, ancora, a rischio di spartizione, dopo la brutale
defenestrazione di Assad.
I russi, «ipnotizzati dal sogno di cooperare con Washington,
hanno messo la Siria (e se stessi) in una posizione difficile». Avevano
«sorpreso il mondo», accettando di difendere la Siria dall'Isis, e allora
«Washington era impotente». In pochi mesi, l'intervento russo ha sbaragliato
l'Isis. «Poi, all'improvviso, Putin si è fermato: ha annunciato il ritiro,
affermando, come Bush sulla portaerei: missione compiuta».
Ma la missione non era compiuta, sottolinea Craig Roberts:
la Russia è stata costretta a tornare in campo, «nella vana convinzione che
Washington si sarebbe messa finalmente a collaborare con la Russia per
eliminare l'ultima roccaforte Isis». Al contrario, invece, «gli Stati Uniti
hanno inviato forze militari per bloccare i progressi russi sulla scena
siriana». Il ministro degli esteri Lavrov ha protestato, ma - ancora una volta
- la Russia «non ha usato il suo potere superiore sulla scena per battere le
forze americane e portare a termine il conflitto».
Ora Washington dà "avvertimenti" a Mosca, a suon
di missili: riuscirà il Cremlino a capire che può scordarsi ogni cooperazione
e, semmai, prenotarsi per un ruolo di vassallo? Si avvicina una trappola
pericolosa, continua Craig Roberts: «La Russia non permetterà a Washington di
rimuovere Assad», ma a Mosca esiste una "quinta colonna" «che è
alleata con l'Occidente».
Per Putin e l'indipendenza della Russia come potenza
sovrana, si tratta del pericolo più insidioso, tale da metter fine al ruolo di
Mosca come attore euroasiatico capace di imporre stabilità geopolitica, a
cavallo dei due continenti.
Collaboratori infedeli: spesso si è accennato, in quei
termini, al gruppo che fa capo all'ex presidente Dmitrij Medvedev. Questa
"quinta colonna", sostiene Craig Roberts, «insisterà dicendo che la
Russia potrà finalmente ottenere la collaborazione di Washington solo se
"sacrificherà" Assad». Sarebbe un suicidio: l'acquiescenza di Putin
«distruggerebbe l'immagine del potere russo», e sarebbe utilizzata «per privare
la Russia di valuta estera dalle vendite di gas naturale verso l'Europa».
Putin ha detto che la Russia non può fidarsi di Washington?
«Si tratta di una deduzione corretta dai fatti», conclude Craig Roberts. E
quindi, perché mai la Russia dovrebbe cedere, in cambio del miraggio della
mitica cooperazione con Washington, cioè con il potere che sostiene sottobanco
i terroristi dell'Isis?
«La cooperazione ha un solo significato: significa
arrendersi a Washington». Per il grande analista americano, Putin ha
"ripulito" la Russia solo in parte: «Il paese rimane pieno di agenti
americani, ed è straordinario vedere quanto poco, i media russi, capiscono il
pericolo nel quale la Russia si trova». E dunque: «Sarà Putin il prossimo a
cadere vittima dell'establishment di Washington, come è appena accaduto a
Trump?».
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