I MUTAMENTI GEOPOLITICI IN CORSO
La fase geopolitica in corso è caratterizzata da grandi mutamenti. Lo spostamento del baricentro internazionale dagli Usa verso nuovi poli attrattori, politici ed economici, determina lo sfaldamento dei precedenti rapporti di forza e la metamorfosi delle alleanze stabilite in un periodo anteriore, ormai in via di superamento. Questi fenomeni sono più visibili, almeno per ora, ai margini delle molteplici aree in concorrenza. I principali player mondiali mettono in atto risposte di vario genere per contenere i movimenti tellurici sotto i loro piedi, movimenti che spostano gli orizzonti in direzione di interessi ed esigenze prima sconosciuti o lasciati sullo sfondo perché compensati da un ordine superiore che regolava le relazioni reciproche secondo specifici vettori di “dominanza”.
Il caos è una conseguenza di questi processi oggettivi, indipendenti dalla volontà degli agenti geopolitici, che richiedono però, da parte degli attori detentori delle redine statali, capacità di rivalutazione storica dei propri compiti e ridefinizione dei propri obiettivi, al fine di ricollocarsi favorevolmente sullo scacchiere globale ed evitare di restare indietro sulle potenzialità del futuro.
La crescente rivalità tra Usa e Russia sorge proprio su queste basi concrete, nonostante sul davanti della scena siano spadroneggianti gli antagonismi ideologici e culturali. E’ inevitabile che le classi dirigenti confliggenti nell’arena mondiale ammantino le loro diatribe di motivazioni spirituali e psicologiche ma queste sono semmai effetti e non cause delle dispute operanti. Nel momento in cui la pax americana, conseguente alla fine della Guerra Fredda, ha dimostrato di non poter reggere oltre un certo limite le tensioni geografiche, economiche e politiche, covanti sotto la cenere della sua dominazione, le annose contese hanno ripreso ad ardere. La Russia non è antiamericana per partito preso, così come l’America non è antirussa per principio. Tuttavia, è inevitabile che uno spazio scarsamente protetto o in smobilitazione sia occupato da qualcun altro che si dimostri attrezzato a farlo. Se Washington indietreggia su uno scenario per errori di valutazione e insufficiente rendimento strategico, Mosca o Pechino, si fanno avanti per insediarlo, non esclusivamente per una valutazione soggettiva ma per una spinta oggettiva che le attrae lì dove l’epoca lo esige. Questa concorrenza nasce, per così dire, dalla natura stessa del potere che colma i suoi vuoti con un inasprimento dei conflitti allo scopo di una seguente ri-egemonizzazione. Nell’istante stesso in cui la Russia è sfuggita al giogo occidentale, dopo tempi funestissimi, successivi alla sua sconfitta nella più che settantennale belligeranza bipolare del secolo XX con gli Usa, ricostruendo le sue sfere militari e istituzionali, è tornata in auge ed ha ripreso fiato, prima regionalmente e poi anche globalmente (anche se in maniera ancora limitata).
Come teorizza G. La Grassa i conflitti geopolitici non nascono dalle antipatie personali dei leader e dei popoli ma da situazioni oggettive che vengono reinterpretate psicologicamente. La causa primigenia di tali conflitti è lo squilibrio incessante del reale: “è lo squilibrio a creare i suoi portatori soggettivi (gli “attori” in lotta, in questo caso i vari paesi) grazie al movimento incessante da esso indotto, detti soggetti non sono tuttavia strettamente determinati, non sono privi di libertà di scelta sia pure entro un dato ventaglio di possibilità d’azione. Inoltre, quando si fa riferimento al mono o policentrismo, al multipolarismo, ecc. balzano in evidenza, quali agenti (creati dal movimento squilibrante), le formazioni particolari: predominanti (le potenze), subdominanti o più nettamente subordinate. Tuttavia, in queste formazioni (paesi, nazioni, ecc.) sono presenti diversi raggruppamenti e gruppi sociali; e anche questi sono emersi – con i vari nuclei dirigenti che di fatto li orientano – nell’ambito del flusso di conflitti generato dall’oscillazione vibratoria”.
Pertanto, in questa situazione di riconfigurazione delle sfere d’influenza a livello planetario è inevitabile che il caos diventi la cifra geopolitica dell’epoca storica. Il cosiddetto ordine mondiale non è un equilibrio neutrale ma è l’esercizio di una forza prepotente su altre minori, le quali compensandosi reciprocamente intorno a questo centro gravitazionale, producono l’apparente stabilità. Se salta o s’indebolisce il centro di gravità, per criticità intrinseche o perché emergono nuovi poli capaci di esercitare una energia (quasi) equivalente, il panorama cambia in profondità. Le differenti sfere sociali entrano in una crisi da sregolazione ad ogni livello finché il confronto tra le potenze non si manifesta ad uno stadio (ricorsivo) più elevato, dove i conflitti latenti o limitati, portati avanti da alleanze fluide e cangianti (multipolarismo) divengono guerre in campo aperto condotte da coalizioni legate da reciprocità quasi inestricabile (policentrismo). La storia, insomma, ha ricominciato a marciare con esiti imprevedibili anche se intuibili, l’unica certezza è che nulla sarà come prima.
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