Introduzione di Claudio Martinotti Doria
Come già riportato in numerose precedenti newsletter, i mass
media diffondo in prevalenza propaganda predisposta dagli USA, cioè le loro
alterate versioni dei fatti, che spesso non sono neppure alterazioni e/o
distorsioni della realtà ma menzogne prefabbricate senza uno straccio di prova
o di fonte attendibile, mentre le versioni fornite dalla Russia, ad esempio su
quanto accade in Siria, con tanto di filmati, documenti e fonti accertate, non
sono minimamente prese in considerazione ma preventivamente censurate, su di
esse cala l’assoluto silenzio mediatico. Questo è il modo di fare giornalismo
in Occidente, mancanza assoluta di professionalità e rispetto per l’utenza e
totale sottomissione ai frame provenienti dagli spin doctor, cioè alle veline
predisposte dalle agenzie governative made in USA. Anche quanto proviene da
sedicenti ONG (che quando non sono sedicenti sono comunque finanziate dagli
USA) o da social network, spesso, per non dire sempre, a ben guardare in
profondità, sono finzioni, recite, ricostruzioni artefatte, cioè frutto del
lavoro di prostituzione culturale e sociale, di persone che si sono prestate
per soldi e carriera e benefici a fornire una certa versione dei fatti
strumentale agli interessi (o presunti tali) degli USA, o meglio di una potente
componente degli USA, che fa capo ai neocons che occupano molti gangli degli
apparati governativi e militari USA e soprattutto le multinazionali delle armi
e dei contractors (Compagnie o Corporation Militari Private), cioè dei
paramilitari ingaggiati dal governo ed operativi nelle zone di guerra o in
quelle dove si intende far scoppiare una guerra (per compiere operazioni
sporche). Questo è il modus operandi di questi cinici e moderni signori della
guerra, che in questo momento sono particolarmente scatenati, perché devono
fare presto a rendere calda, meglio se bollente, la situazione internazionale,
in modo che quando ci sarà il passaggio di consegne tra il “fantoccio” Obama ed
il neo presidente Trump, quest’ultimo si ritrovi con enormi gatte da pelare da
non saperne più come venirne fuori pacificamente. Perché Trump non è certo un
agnellino, ma è comunque un uomo d’affari e sa che il business non si fa con la
guerra, a meno che non abbia interessi nel settore bellico e della
ricostruzione postbellica, e lui non li ha, e quindi il suo obiettivo, per il
momento, è far fare affari agli USA ristabilendo condizioni di pace ovunque sia
possibile, strategia non propriamente in linea con quella neocons. Per cui attendiamoci
che si tocchi l’apice della mistificazione, della propaganda, della
strumentalizzazione, dei false flag, ecc., fino a condurre l’opinione pubblica
ad accettare come dinamica inevitabile che si scateni una qualche guerra che
costituisca dei fronti opposti permanenti, in modo che il conflitto non sia mai
risanabile e perduri il più a lungo possibile, divenendo irreversibile, in modo
che il business per loro sia a tempo indeterminato e la ricchezza incamerata
sia illimitata. Claudio
Ecco la strategia Usa (e turca) per trasformare la Siria nel Vietnam dei russi. False flag in arrivo?
Come era ampiamente preventivabile, i tg di ieri sera hanno dipinto
quanto sta accadendo ad Aleppo attraverso un’unica lente: Assad vuole
fare piazza pulita degli oppositori e ha ricominciato a bombardare,
rendendo impossibile l’evacuazione dei civili e dei miliziani che hanno
accettato di arrendersi, deponendo le armi ai check-point e muovendosi
verso Idlib. La cosa non stupisce, anzi sarebbe stato stupefacente il
contrario. Questo video
'Meltdown of humanity': Two sides of Aleppo story as MSM paints grim picture
mette bene in prospettiva quanto sta accadendo e quanto è accaduto
nei giorni scorsi: vedete voi a quale versione credere. La cosa
stupefacente, però, è che Serghei Lavrov, il potente ministro degli
Esteri russo, è diventato muto e invisibile. Non si tratta di qualche
patologia strana ma della reazione della stampa internazionale al suo
diluvio di parole, pesanti come pietre, di ieri pomeriggio. In un
telefonata con il segretario di Stato Usa, John Kerry, Lavrov ha infatti
detto chiaro e tondo che “le autorità siriane sono pronte da tempo a
lasciare evacuare i militanti che accettino la tregua ad Aleppo Est, il
problema è che gli stessi continuano a rifiutare il cessate-il-fuoco,
visto che sono influenzati dai comandanti del fronte di Al-Nusra”.
Inoltre, nella stessa chiamata Lavrov ha chiesto a Washington di
persuadere i gruppi ribelli siriani che appoggia a porre fine alle
ostilità ad Aleppo Est, lanciando un’accusa pesantissima: “John Kerry ha
assicurato che gli Stati Uniti stanno lavorando al fianco dei gruppi
che stanno sabotando la richiesta avanzata dal Consiglio di sicurezza
dell’Onu per un’immediata ripresa dei colloqui di pace senza
precondizioni. I contatti continuano ma ogni volta che troviamo
l’accordo su qualcosa, la controparte Usa si chiama fuori dagli accordi
appena raggiunti”.
Ma non basta: “A differenza della Siria, nessuno in Iraq, Libia e
specialmente in Yemen richiede la cessazione delle ostilità e
l’implementazione di un regime di silenzio prima dei colloqui. Il
problema è che questo regime del silenzio ha il suo focus in un unico
obiettivo, garantire una pausa ai terroristi e far arrivare loro nuovi
armamenti ed equipaggiamenti. Esattamente ciò che è accaduto di recente a
Palmira. Diciamo chiaramente che gli americani evitano accuratamente di
andare contro Al-Nusra”. Di per sé basterebbe ma Lavrov ieri era un
fiume in piena: “I rappresentanti degli Stati Uniti nelle organizzazioni
internazionali fanno dichiarazioni pubbliche nelle quali dicono che è
una pessima idea evacuare i civili da Aleppo, che i russi stanno
forzandoli a farlo. Nessuno sta forzando nessuno, solo chi vuole
andarsene, se ne va”. Infine, un siluro anche per l’invato speciale
dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, al quale Lavrov ha chiesto di
“smettere si sabotare i negoziati politici sulla crisi siriana”.
Non so a voi ma a me che il capo della diplomazia russa lanci accuse
del genere e che non uno straccio di telegiornale quantomeno le
registri, appare un pochino strano. Se non inquietante. Ma ci sono molte
cose inquietanti, come ad esempio questa foto,
la quale viene utilizzata dai ribelli e dai loro fiancheggiatori per
spacciare una fake news destinata a diventare virale (15mila
visualizzazioni in poche ore): sarebbe una bambina siriana che fugge
dopo che i soldati di Assad hanno ucciso i suoi genitori a sangue freddo
dopo la liberazione di Aleppo. Accidenti, roba che fa commuovere e che
fa salire un giusto grado di indignazione verso i metodi di Assad (ieri
Erdogan ha avuto il coraggio di accusarlo di voler eliminare tutti i
suoi oppositori, ormai siamo all’avanspettacolo), peccato che quella
foto altro non si che la sovrapposizione di due frames di questo video
musicale
https://www.youtube.com/watch?v=g93Jzxaxp9s del 2014 dell’artista libanese Hiba Tawaji, dedicato alle vittime del
terrorismo jihadista e della guerra. Potete riscontrarlo voi, la prima
immagine in campo lungo sta nei primi secondi di video, mentre la figura
della bambina che corre è a partire dal minuto 3:45. Fortuna che erano i
russi a usare la propaganda.
Ma Serghei Lavrov non è stato l’unico le cui parole ieri sono
state completamente ignorate da chi si è limitato a descrivere Aleppo
come Srebrenica, invocando un Tribunale per i crimini di guerra, come ha
fatto la rediviva Carla Del Ponte, prontamente ripresa da tutti i tg.
Anche il generale Usa, Stephen Townsend, non ha visto le sue parole
prese molto sul serio, peccato si tratti del comandante in capo
dell’Operation Inherent Resolve a guida Usa in Siria e che abbia detto
quanto segue: “Daesh si è impadronito di molte armi, tra cui mezzi
blindati e equipaggiamenti di difesa anti-aerea nella città di Palmira.
Pensiamo che tra quanto trafugato ci sia munizionamento pesante, di
fatto tutto ciò che può porre una seria minaccia per la coalizione”.
Poi, le parole più inquietanti: “Mi aspetto che i russi e il regime di
Bashar al-Assad risolveranno la situazione a Palmira in tempi brevi,
penso che dopo il ritorno di Daesh in quest’area, (russi e siriani)
presteranno la dovuta attenzione nel mantenere il territorio che
controllano. Se russi e siriani non bombarderanno Palmira, lo faremo
noi”.
Ora, qualche delucidazione e qualche interrogativo. Primo, perché gli
Usa aspettano che siano russi e siriani a contrastare Daesh e
riprendersi Palmira, visto che la battaglia di Aleppo pare finita solo
sulla carta, proprio a causa dei ribelli spalleggiati dagli americani, i
quali sarebbero ancora in circa 1500 nascosti ad Aleppo Est? Secondo, a
chi sono state rubate quelle armi pesanti e quei dispositivi e con
quale dinamica? E come hanno fatto 5mila miliziani dellì’Isis, tra cui
centinaia di potenziali kamikaze e dozzine di mezzi blindati, a
raggiungere la provincia di Homs, attaccare Palmira e riconquistarla? Da
dove sono saltati fuori così in tanti e così ben armati, in grado di
cogliere l’esercito siriano con la guardia abbassata? L’80% della
popolazione di Palmira è stata evacuata dalle forze governative, quindi
prepariamoci a una rinascita del Califfato in grande stile o a una
battaglia campale, visto il limitato numero di civili ancora presenti.
Tutto un caso? No, perché in data 12 agosto 2012 fu la Defense
Intelligence Agency statunitense ad avvertire l’amministrazione Obama
che la strategia posta in atto avrebbe potuto spostare miliziani
dell’Isis da Mosul in Iraq a Der Zor in Siria: casualmente, quanto sta
accadendo nell’estremo tentativo del Deep State – penso senza troppa
resistenza di Obama – di indebolire il regime di Assad fino alla sua
resa, per rimpiazzarlo poi con un regime sunnita che risponda all’Arabia
Saudita. E, quindi, agendo come fantoccio degli interessi Usa. La DIA
chiamava questo scenario “scioglimento” (unraveling): quell’avvertimento
di pericolo nella gestione si è ora tramutato in strategia, in modo da
preparare il terreno all’amministrazione Trump per tentare
l’abbattimento di Assad?
La strategia potrebbe partire da lontano. Il 17 settembre scorso, jet
statunitensi e britannici hanno bombardato un compound dell’esercito
siriano a Der Zor, uccidendo 62 militari, ferendone un centinaio e, di
fatto, ammorbidendo le difese per un takeover della coalizione a guida
Usa sull’area, stranamente con i miliziani di Daesh che facevano saltare
i ponti nei dintorni per tagliare le vie di collegamento. Quel
dispaccio della DIA era, di fatto, un’anticipazione della strategia di
Usa, Turchia e iracheni contro l’Isis a Mosul ma con una variazione
siriana sul tema? Di fatto, quegli attacchi hanno eliminato o
ridimensionato enormemente la presenza del governo siriano a est di
Palmira, un qualcosa che potrebbe permettere a Usa e alleati di creare
un’entità sunnita nella Siria dell’Est e nell’ovest dell’Iraq, la quale
si tramuterebbe in una spina nel fianco permanente per siriani e russi.
Il 12 ottobre, poi, è emersa la voce in base alla quale
l’amministrazione Obama aveva negoziato con il presidente turco, Tayyip
Erdogan e con il principe saudita Salman, di fatto responsabile delle
forze armate, un accordo per garantire un passaggio sicuro verso la
città siriana di Deir Es Zor per i militanti dell’Isis che stavano
occupando Mosul. Il 15 ottobre, poi, il governo turco ha pubblicato
on-line una mappa relativa alla “Sensitive Operation Plan for Mosul”, la
quale includeva sei step, uno dei quali era “un corridoio di fuga verso
la Siria per i miliziani dell’Isis, i quali in questo modo possono
lasciare Mosul”. Insomma, Ankara arrivava alla sfrontatezza di dire
pubblicamente che i terroristi lei non li uccide o contrasta, li fa
transitare dall’Iraq alla Siria in sicurezza. Poco più avanti di Der
Zor, guarda caso sorge Palmira, riconquistata domenica scorsa da 5mila
miliziani dell’Isis armati di tutto punto e in grado anche di far
sparire equipaggiamento anti-aereo, stando all’ammissione del comandante
in capo della coalizione Usa.
Deep State e amministrazione Obama che trama sottotraccia vogliono
creare lo “scioglimento” della Siria paventato dalla DIA nel 2012,
affinché Donald Trump, piuttosto che normalizzare la relazioni con Mosca
e combattere il terrorismo, si trovi “costretto” a proseguire la guerra
Usa contro Russia e suoi alleati, in questo caso la Siria? Qualche
sospetto a me sorge: per quanto la Russia si limiterà alle parole di
fuoco di Serghei Lavrov, prima di capire che la testa del serpente va
tagliata e passare alle maniere forti? Prepariamoci a disinformazione
come se piovesse in questi giorni, prepariamoci a un bel casus belli per
scatenare l’opinione pubblica contro Assad e i russi, magari un bel
bombardamento su una colonna di civili in fuga da attribuire
immediatamente – con Usa, Ue e Onu pronta a confermare la versione –
all’esercito siriano, una specie di riedizione mediorientale della
(falsa) strage di Racak che portò all’attacco Nato contro la Serbia.
Con oltre un migliaia di miliziani ancora ad Aleppo Est e che non
intendono arrendersi, pare un gioco fin troppo facile, una false flag
servita su un piatto d’argento. Nulla, purtroppo, in fasi simili accade
per caso. Basti pensare al fatto che sempre ieri si è saputo che due
responsabili dell’Isis, coinvolti nella preparazione degli attentati di
Parigi del 13 novembre 2015, sarebbero stati uccisi a Raqqa, in Siria,
durante un raid aereo lo scorso 4 dicembre. A renderlo noto, quel pozzo
di sincerità del Pentagono. Russi e siriani assassini di civili,
americani che vendicano i parigini in quel di Raqqa. Prove? Nessuna.
Testimoni? Nessuno. Ma, sicuramente, i giornali e i tg francesi oggi ne
parleranno. E molto. Sicuramente più di quanto non abbiano fatto con le
accuse di Lavrov.
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