Il venditore di cavalli zoppi che per
fin troppo tempo ha simulato di fare il primo ministro in Italia ricorrendo
solo ad un’arrogante dialettica da sofista, neppure molto accreditato, vendendo
fumo e temporeggiando, ha ricevuto una sonora batosta dal popolo italiano, che
ci ha messo parecchio tempo ad identificarlo per quello che era, un bluff,
mentre permettetemelo di ribadire, personalmente lo avevo definito tale fin dal
suo insediamento istituzionale. In quest’epoca di crisi sistemica epocale, non ci
si può permettere di mettere dei bluffatori al governo, gente che simula di
valere qualcosa mentre sono solo apparenza, che ingannano fingendo di rinnovare
mentre cambiano solo le persone al potere con altri che hanno il solo merito di
essere anagraficamente più giovani, ma supponenti e privi di cultura ed
esperienza necessarie per poter guidare una nazione. Con l’aggravante di non
essere neppure eletti dal popolo ma collocate dall’alto. Alla prova dei fatti i
bluff si rivelano sempre, spesso dopo aver fatto danni irrimediabili. Di solito
preparano il terreno per altri bluff, che potranno sembrare migliori solo
perché subentrano dopo la cocente delusione subìta (per gli ingenui) e quindi
le aspettative sono riposte in loro, perché la speranza è sempre l’ultima a
morire, anche quando è mal riposta fin dalle premesse. Ad ogni modo, seppur
scettico e prudente, non posso che essere compiaciuto dal fatto che il popolo
italiano non sia caduto nella trappola mistificatoria ordita dal venditore di cavalli
zoppi che ha governato fino ad oggi, che agiva per conto dei poteri forti
transnazionali per svendere il paese (quello che ne rimane) e demolire quel
residuo di democrazia non ancora intaccata, in modo da perpetuare il potere
neofeudale tra i gli amici degli amici, senza il rischio di dover essere
giudicati da fastidiose elezioni, che si potrebbero anche perdere. Non so
quanto il risultato corrisponda ad una effettivamente acquisita consapevolezza
degli italiani, e quanto frutto del caso, cioè di un voto effettuato senza
sapere cosa stessero facendo ma fidandosi di consigli parentali ed amicali o
giudizi superficiali. Ad ogni modo il risultato è stato, per una volta,
favorevole alla democrazia, quella residuale che ancora si riesce ad esercitare
in questo paese. Di questo dobbiamo prenderne atto, magari sforzandosi di non
lasciare troppi spazi di manovra a coloro che si arrogheranno i meriti della
vittoria per abusarne a proprio vantaggio, come è nello stile di questa casta
parassitaria di gente che vive di politica, alle spalle di chi lavora
veramente, perché la politica non è un mestiere serio, finché prevarrà il
sistema partitocratico e maggioritario con queste ignominiose leggi elettorali.
Claudio Martinotti Doria
È un no alla
riforma, è un no alla persona
Il commento di
Marcello Foa ai risultati del referendum costituzionale italiano
Marcello
Foa
di MARCELLO FOA - Un risultato così netto era
inimmaginabile e questa volta i sondaggi hanno sbagliato per eccesso di
prudenza. Il NO non soltanto vince, trionfa con margini di distacco che,
secondo gli exit polla, sono abissali.
Ed è estremamente significativo che la partecipazione alle urne sia stata
molto alta. Questo è stato autenticamente, un voto popolare, che non lascia
spazio ad interpretazioni e ad ambiguità.
Gli italiani hanno bocciato una riforma costituzionale che, se fosse stata
approvata, avrebbe incrinato alcuni dei principi fondanti della democrazia e
della Repubblica. E contestualmente hanno bocciato irrevocabilmente un premier,
Matteo Renzi, che poco meno di tre anni fa si era presentato come uno
straordinario innovatore ed era considerato da molti come l'unica vera speranza
per l'Italia, che però con il trascorrere del tempo ha mostrato il suo vero
volto, quello di un premier sbruffone, voltagabbana, convinto di poter
ingannare e illudere tutti con la sua straordinaria ma illusoria parlantina. Un
"bomba", come lo chiamavano i suoi compagni di classe.
Per un po' gli italiani gli hanno dato ascolto, persino fiducia ma quando le
promesse, gli annunci roboanti sull'Italia che riparte, sulla disoccupazione
che scende, sui "rosiconi" che perdono, non trovano riscontri nella
vita di ogni giorno, quella fiducia si è trasformata dapprima in perplessità,
poi in diffidenza e nei casi estremi in vero e proprio odio.
La prospettiva di dare a un premier di questa risma poteri che non hanno
paragoni nelle democrazie occidentali è risultata intollerabile alla stragrande
maggioranza degli elettori. E il fatto che Renzi si sia impegnato in prima
persona con la foga di un gladiatore e facendo ampio ricorso a una propaganda
che è risultata sovrastante e martellante rende ancor più cocente e
significativa la sua sconfitta.
È un no alla riforma, è un no alla persona. Matteo Renzi, politicamente, è
finito.
Gli italiani, invece, si associano al messaggio già formulato con forza dai
britannici scegliendo la Brexit e dagli americani eleggendo Donald Trump. E non
solo perché ancora una volta le intimidazioni e lo spin attraverso i media
tradizionali è risultato inefficiente. Le vecchie regole della propaganda e
della manipolazione per influenzare e intimidire i popoli, non sono più efficienti
come un tempo.
Gli italiani hanno detto no all'establishment e alle élite transnazionali ed
europee che hanno governato la globalizzazione, l'Europa e di fatto anche
l'Italia, limitandone la sovranità e la possibilità di cambiare.
Gli
italiani, come gli americani e come i britannici, vogliono un vero cambiamento,
vogliono tornare padroni del proprio destino. Questa sì è una rivoluzione
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