In questo modo le banche sono sempre esposte al rischio di fallimento, nel caso troppi correntisti (più dell’1%) volessero riprendersi contemporaneamente tutti i loro depositi in contanti.
L’iniziativa sarà posta in votazione nella nazione nota per la sua attività bancaria ed anche per le frequenti chiamate alle urne dei suoi cittadini, che caratterizzano il suo sistema di democrazia semi-diretta: la Svizzera. A questo link si trovano le ragioni dei promotori, che hanno raccolto oltre 110.000 firme a sostegno dell’iniziativa.
Per capirne di più sulle ragioni dell’iniziativa (in Svizzera si chiama “iniziativa” ogni nuova proposta di legge e “referendum” ogni consultazione per abrogare o modificare una legge esistente) e sulle sue possibili conseguenze, abbiamo intervistato Rivo Cortonesi, esponente dei Liberisti Ticinesi e fautore di politiche libertarie, delle quali ha bisogno anche lo Stato al quarto posto tra i più liberi economicamente al mondo.
Ciao Rivo e grazie per la disponibilità. Prima di tutto diamo alcuni altri cenni a chi ci legge. Da quanto tempo il sistema della riserva frazionaria è diventato il sistema bancario prevalente?
“Il sistema bancario a riserva frazionaria è stato sviluppato gradualmente nel corso degli ultimi trecento anni, favorito da alcune sentenze che ne hanno legittimato l’uso e l’abuso, fino ad essere oggi universalmente accettato come “modo imprescindibile di fare banca”. Esso consente infatti alle banche commerciali di lucrare sugli interessi gravanti su prestiti finanziati con denaro digitale, dalle stesse immesso nel sistema economico in quantità assai maggiore a quella del risparmio disponibile.
Con il risultato di trovarsi confrontati con crisi ciclicamente esplosive, tra le peggiori sicuramente quella del 1930 e quella del 2008, nella quale ci stiamo ancora dibattendo.”
Come è nata l’idea di scardinare questo sistema e quanti sono stati i promotori iniziali dell’iniziativa?
“Indubbiamente l’ultima crisi economica ha offerto l’occasione per riflettere seriamente su come porre fine a quella che viene chiamata oggi tecnicamente “moltiplicazione monetaria”, ma che, a ben guardare, è in tutto paragonabile ad una vera e propria “contraffazione”.
L’iniziativa “Moneta intera” è stata promossa dall’Associazione Modernizzazione Monetaria (MoMo), creata nel 2011 da Hansruedi Weber e Daniel Meier con un Consiglio scientifico comprendente tra gli altri:
– Philippe Mastronardi: Professore di diritto pubblico, Università di San Gallo
– Peter Ulrich: Professore di etica economica, Università di San Gallo
– Joseph Huber: Professore di sociologia economica ed ambientale, Università Martin Luther, Halle
– Dr. P. Hablützel: storia contemporanea, scienza politica e di amministrazione, ex direttore dell’Ufficio federale del personale”
In quanto tempo sono state raccolte le firme? Ci sono state regioni più o meno “ricettive” sul tema?
“Il tempo permesso per la raccolta di 100’000 firme era di 18 mesi. È stato utilizzato quasi tutto questo tempo. Alla fine sono state raccolte oltre 10’000 firme in più oltre quelle richieste. La loro raccolta, nei primi otto mesi, è stata lenta, anche perché nessun partito e nessuna grande organizzazione sosteneva ufficialmente gli iniziativisti, che difettavano di personale dedicato e di adeguata organizzazione. In primavera 2015 le firme raccolte hanno però preso il volo, cosicché già a inizio estate si è concretizzata la certezza di raggiungere la meta.
Il Cantone che ha più contribuito al successo nella raccolta delle firme, in percentuale degli aventi diritto al voto, è stata quello di Basilea-città, seguito da Appenzello esterno, Basilea campagna, e Zurigo. Il Ticino è allineato con altri importanti Cantoni della Svizzera di lingua tedesca come Berna, Lucerna, Sciaffusa, San Gallo, mentre nella Svizzera di Lingua francese la raccolta di firme si è collocata a livelli più bassi.”
In quali tempistiche si dovrebbe svolgere la votazione sull’iniziativa?
“La data della votazione non è ancora stata stabilita, ma si prevede che si terrà nel 2017/18”
La Svizzera, ha un sistema bancario solido, ed uno Stato meno indebitato dei suoi vicini, oltre ad una popolazione giustamente fiera di entrambe le cose. Come mai pensi che proprio da voi si è sviluppata una sensibilità per una riforma fondamentale del sistema bancario?
“Perché, come ho già detto, la crisi del 2008 ha aperto gli occhi a molti cittadini rendendoli attenti ai pericoli insiti nell’attuale sistema bancario a riserva frazionaria. Non dimentichiamo che l’UBS, la più importante tra le banche svizzere, ha dovuto ricorrere all’aiuto della Confederazione per evitare un crac che avrebbe potuto avere conseguenze nefaste per l’intera economia elvetica. Ogni banca è solida finché non si verificano le condizioni per le quali va in bancarotta, e tutte le banche che operano in regime di riserva frazionaria sono a rischio perenne di bancarotta, come ebbe a scrivere Murray Rothbard, uno dei maggiori esponenti della Scuola austriaca di economia.
Per quanto riguarda l’indebitamento è vero che il debito pubblico della Confederazione, rapportato al PIL, è molto basso (intorno al 40%). Ma quello privato, prevalentemente immobiliare, è molto alto. E se il reddito pro-capite è abbastanza ben distribuito, in Svizzera la ricchezza patrimoniale è invece concentrata in mano a pochi. Quindi le piccole e medie banche, molto esposte sul fronte dei crediti immobiliari, elargiti proprio in virtù della riserva frazionaria, devono sperare che l’economia consenta di onorare i debiti ipotecari contratti da famiglie e imprese dotate di patrimoni modesti. Nessuno può stare tranquillo.”
Ci sono aspetti che non condividi della comunicazione dei promotori del referendum?
“La comunicazione è buona per quanto concerne la prima parte dell’iniziativa, quella cioè che si propone di abolire la riserva frazionaria e introdurre, per le banche commerciali, l’obbligo di riserva intera, da cui il nome dell’iniziativa: Vollgeld in tedesco e Moneta intera in italiano. È la parte dell’iniziativa che condivido.
Invece sulla seconda parte, quella che rafforza i poteri monopolistici della Banca Nazionale Svizzera, ho molte riserve, anzi, la trovo decisamente non condivisibile. Anche la comunicazione appare, per questo secondo aspetto dell’iniziativa, poco o per nulla convincente.”
Se il referendum dovesse avere successo, cosa accadrebbe “il giorno dopo”?
“Penso che la legge di applicazione dovrebbe dar tempo alle banche commerciali di adeguarsi alle nuove disposizioni. Diversamente c’è il rischio concreto di una sequela di fallimenti bancari a catena. Tuttavia credo che il passaggio alla “riserva bancaria intera” rimanga un obiettivo da perseguire con caparbietà, anche se gradualmente.”
Pensi che altre nazioni seguirebbero l’esempio svizzero?
“Indipendentemente dall’esito della votazione popolare, mi auguro che questa iniziativa possa favorire la discussione sulla riserva frazionaria anche in altri paesi.
Ma il dibattito dovrà essere accompagnato anche dal tema della soppressione delle banche centrali, altrimenti sarà come cadere dalla padella nella brace.”
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