Questo
articolo che vi propongo conferma ed integra, da un punto di vista tecnico,
quanto avevo scritto la scorsa settimana, riportando le cifre
dell’indebitamento americano, che sono allucinanti, talmente elevate da
risultare persino difficili da quantificare a livello cognitivo come entità:
19.200 miliardi di dollari di debito pubblico governativo, 63.500 miliardi di
dollari di debito totale comprendendo anche gli enti locali (quello del
settore privato non lo conosce nessuno, come avevo già scritto), oltre 1400
miliardi di deficit annuale nel bilancio federale. Inoltre le banche USA hanno
nei loro asset oltre 180.000 miliardi di derivati (leggasi “carta straccia”).
Qualsiasi altro paese in queste condizioni sarebbe considerato fallito, ma loro
riescono ancora a scaricare oneri e ripercussioni sugli altri paesi, ma non
potrà durare ancora a lungo. Ecco perché nel mio articolo mettevo in guardia
dal concreto pericolo che scatenino una guerra, forse l’unico modo che rimane
loro per proseguire con questa politica aberrante, unilaterale ed egocentrica. Claudio M.D.
Gli Usa vivono in
gran parte sulle spalle del resto del mondo
Purtroppo si presta
un’attenzione solo sporadica all’andamento del debito degli Stati Uniti.
La realtà è che esso, insieme ad altri indicatori economici, segna
rosso costante.
E
come per le automobili, non è molto intelligente continuare a guidare
‘as usual’ quando il cruscotto indica l’esistenza di un problema, solo
perché la macchina cammina ancora e non si è fermata.
Il problema non è solo per l'America, ma, come sempre, si riverbera nel resto del mondo.
©
REUTERS/ Kevin Lamarque
All'inizio
del 2016 il debito pubblico federale americano ha raggiunto 19.200
miliardi di dollari, pari a circa 105% del Pil. Era di 9.200 miliardi
pari al 65% del Pil alla fine del 2007, cioè prima dell'esplosione della
grande crisi finanziaria americana e globale. Nel 2000 era di 5.600
miliardi.
Si tratta di cifre enormi, ma più esplosivo per il sistema è il suo
tasso di crescita, o meglio, di accelerazione della sua crescita
esponenziale.
Lo stesso andamento si è avuto anche per il debito delle corporation
private non finanziarie che oggi è pari a 5.500 miliardi di dollari. Era
di 3.300 miliardi nel 2007.
Perciò non ci si deve stupire dell'attuale
stratosferica cifra di 63.500 miliardi di debito totale (governo
federale, enti locali, business, ipoteche). Era 28.600 miliardi, meno
della metà nel 2000.
©
AP Photo/ Jacquelyn Martin
E'
chiaro che si tratta di "debito sporco", cioè fatto in gran parte per
tappare i buchi di bilancio e dei fallimenti di banche e corporation e
non per sostenere investimenti e sviluppo. Ciò lo si vede dal fatto che
gli Usa sono in perenne deficit di bilancio. Nel 2009 esso aveva
raggiunto l'incredibile vetta di 1.413 miliardi di dollari portando gli
Usa fino alla soglia della bancarotta federale. Nel 2015 il deficit ha
registrato la cifra non indifferente di 438 miliardi.
Ma l'indicazione più preoccupante è il crollo
nella bilancia commerciale. Dal 2000 ad oggi gli Usa hanno accumulato un
deficit commerciale di oltre 8.630 miliardi di dollari. Quasi 3.500
miliardi a partire da dopo lo scoppio della crisi. Esso è ancora
peggiore se si considerasse soltanto la bilancia commerciare di beni
reali che dal 2000 è in negativo per oltre 10.500 miliardi. Quasi 4.700
miliardi a partire dal 2009. Gli Usa vantano un avanzo commerciale nel
settore dei servizi dove però non è tutto oro quello che luccica.
Infatti in questi settori convivono i servizi legati all'ingegneristica a
quelli finanziari, dove la componente creditizia tradizionale è
largamente seconda a quella puramente speculativa.
E quindi naturale che molte persone, anche parecchi lettori di
Sputnik, si domandino come facciano gli Usa a continuare a stampare e a
spendere dollari quando l'economia sottostante, a dir poco, fa acqua da
tutte le parti. Ma, nondimeno, il loro bilancio militare è sempre
crescente.
E' purtroppo molto semplice. Si potrebbe dire che il gioco è quello delle tre carte.
La prima si chiama Quantiative easing, cioè la decisione della
Federal Reserve di operare una politica monetaria cosiddetta
accomodante. Per salvare le banche too big to fail in rischio di
bancarotta e quindi l'intero sistema del dollaro, la Fed ha immesso una
quantità enorme di nuova liquidità che è andata principalmente a
gonfiare nuovamente i listini delle azioni quotate a Wall Street, a
compare nuovi bond del Tesoro e ad acquistare dalle banche una marea di
titoli derivati, anche certi asset-backed security tossici.
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AFP 2016/ BRENDAN SMIALOWSKI
L'effetto
è ben visibile nella crescita straordinaria del bilancio della Fed che è
passato da 860 miliardi di dollari del 2007 a circa 4.500 miliardi di
oggi. La decisione della Fed e di Washington non ha solo una valenza
monetaria ma soprattutto politica. Si è deciso di cercare di spostare
più avanti la resa dei conti. Cosa che non potrà essere fatta
all'infinito.
La seconda carta è data dal fatto che il debito
pubblico americano è stato largamente scaricato sulle spalle del resto
del mondo. E il resto del mondo, per varie ragioni di carattere
soprattutto politico ha fino ad ora sostenuto tale tendenza. Infatti
circa 6.000 miliardi di dollari di T-bond Usa sono in mani straniere. La
Cina da sola ne ha comprati per 1250 miliardi ed il Giappone ne
possiede ben 1.133 miliardi. La Fed ha in bilancio T-bond per 2.500
miliardi.
La
terza carta si chiama derivati otc (over the counter), cioè quelli
trattati al di fuori dei mercati regolamentati e tenuti fuori dai
bilanci. Sebbene il tasso di interesse zero ha fatto scendere il valore
nozionale globale dei derivati, le banche americane ne hanno per 180.000
miliardi di dollari su un totale di circa 500.000 miliardi. I derivati
sono un mezzo per generare nuova liquidità quando se ne ha bisogno. Sono
titoli generati attraverso una forte leva finanziaria e con forti
rischi che, ad esempio, possono essere messi in garanzia per ottenere
invece crediti veri dalla Fed o dalla Bce.
Fin tanto che gli Usa riescono a scaricare il proprio debito sul
resto del mondo e sulla loro popolazione essi possono creare la
liquidità necessaria per comprare a debito e finanziare spese di ogni
tipo, al di sopra delle loro vere possibilità.
Un
cambiamento vero potrà avvenire solo quando una forte coalizione di
Paesi saprà organizzare un accordo multipolare in cui si concretizzi
anche un nuovo sistema monetario internazionale basato su un paniere di
monete. Una coalizione di forze che comprenda il BRICS e l'Europa,
insieme a chi in America comprende che non si può mantenere con la forza
un mondo unipolare a trazione americana.
La crisi debitoria di un Paese o anche il suo stato di fallimento
possono essere reali, oggettivi. Però non basta a che ci sia una
bancarotta. Ciò è un atto non solo economico ma altamente politico. La
situazione dell'Ucraina insegna. Di fatto essa è fallita, ma non si è
dichiarata la sua bancarotta, fintanto che il Fondo Monetario
Internazionale, gli Usa e l'Unione europea ritengono di non volerla
ammettere.
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