Il politico americano di
origini polacche Zbigniew Brzezinski dice cose ovvie per coloro che sono soliti
informarsi al di fuori dei mass media mainstream, e per dipiù le sue
argomentazioni sono fuori tempo massimo, nel senso che l’alleanza Russia-Cina
tanto temuta dagli USA è già in corso di consolidamento da anni, soprattutto a
livello finanziario e prossimamente anche monetario, con lo scopo di ridurre il
potere del dollaro e dell’economia americana e creare un secondo polo di
riferimento per i paesi non allineati agli Stati Uniti, che sono molti e con
una popolazione numerosa. I segnali in proposito sono stati tanti e significativi.
Semmai quel poco che possono ancora fare gli americani (leggasi soprattutto
“neocons”, in modo da non confondere mai la popolazione inerme ed ignorante con
la sua leadership più o meno occulta e dominante), per conservare la loro
sempre più precaria supremazia, è impedire che la Germania consolidi i suoi
rapporti economici con la Russia ed il Regno Unito si sottragga dall’influenza
USA, di cui per decenni sono stati i principali alleati. Ma anche questi
fenomeni, assai temuti e destabilizzanti per gli USA, sono ormai in corso da
alcuni anni, e difficilmente gli americani potranno impedirlo, certamente non
con questa politica prepotente, ricattatoria e penalizzante con gli alleati,
che potrà trionfare solo con i più deboli, ma le potenze regionali saranno
sempre più riottose e recalcitranti a subire i diktat americani, come ad
esempio con le sanzioni contro la Russia, che hanno giovati agli USA e causato
oltre un centinaio di miliardi di euro di danni agli stati europei (3,5
miliardi solo per quanto riguarda l’Italia). Con questa politica scarsamente
lungimirante gli USA non riusciranno neppure a guadagnare tempo, che poi
sarebbe utile solo se servisse loro a trovare altre strategie più efficaci, ma
tuttalpiù servirà loro solo a riguadagnare le posizioni perdute a livello di
tecnologia e supremazia militare, in quanto negli ultimi anni la Russia ha
compiuto passi da gigante nel miglioramento qualitativo delle armi di cui
dispone (vedasi ad esempio l’ultima generazione di missili ipersonici, che viaggiando
a 7000 km/h non sono in grado di essere intercettati dalle difese antimissile
USA). Il che significa che molto probabilmente ci dobbiamo attendere prima o
poi, più prima che poi, un conflitto regionale di notevole pericolosità,
innescato dagli USA e dai loro insidiosi e subdoli alleati (leggasi soprattutto
Turchia, Israele, Sauditi) che servirà loro a perpetuare il potere politico e
l’economia di guerra che è sempre stata la loro primaria industria e principale
fonte di ricchezza. Claudio
America in declino: la previsione di Brzezinski
Gli
Stati Uniti non sono più una potenza assoluta anche se mantengono il
dominio del cielo, del mare e della terra. Per ora. Tuttavia, la
supremazia americana si è indebolita, in virtù dell’emergere di nuovi
player geopolitici che, almeno a livello regionale, iniziano a tenerle
testa.
Per un
quindicennio, dall'implosione dell'URSS fino ai primi anni del XXI
secolo, gli Usa hanno coltivato il sogno dell'impero e lo hanno
giustificato con un apparato ideologico di mascheramento chiamato
globalizzazione.
©
Sputnik. Aleksey Nikolskyi
La
globalizzazione, benché si presentasse, teleologicamente, come un
destino inevitabile per tutti i popoli che accedevano alla civiltà
(economica, finanziaria, politica, culturale e sociale) era la
proiezione di questa supremazia occidentale sullo scenario
internazionale. La grande narrazione idealistica si è però sfilacciata
con il venir meno del sostrato geopolitico sulla quale si basava: la
suddetta egemonia americana.
Qualcosa resiste ancora di quell'orizzonte mitico ma sono bagliori di
illusioni. Nonostante le sovrastrutture ideologiche abbiano una loro
"materialità" esse riflettono concreti rapporti di forza. Mutando questi
anche quelle devono cambiare forma per aderire ai nuovi contenuti.
L'unificazione di Stati, confini, abitudini, visioni, ecc. ecc. nel
villaggio globale, si è scontrata con una realtà opposta che vede ora il
moltiplicarsi delle sfide territoriali ai vari livelli.
Gli strateghi americani hanno preso coscienza della nuova situazione.
Non i loro alleati (gli illusi) che restano attardati a recitare su un
palcoscenico in disfacimento in cui da deuteragonisti tollerati
rischiano di diventare comparse maltrattate.
©
Sputnik. Kirill Kallinikov
Mentre
in Europa, per esempio, si continua a discutere di principi superati
(l'esportazione della democrazia, i diritti umani, le libertà civili,
l'allargamento della famiglia comunitaria ad Est per infastidire i
russi), gli Stati Uniti prendono l'iniziativa di riallineare
l'architettura del potere globale.
In questo grande gioco, gli espedienti del passato vengono
accantonati e l'ingerenza dei prepotenti inizia a mostrarsi con un altro
volto. Gli Usa non fingeranno più di non essere impero. Come ha scritto
qualche tempo fa Thomas L. Friedman, giornalista del NYT, è arrivato il
momento per la potenza prevalente di accantonare la causa della
democrazia, come mezzo di persuasione verso amici e concorrenti, e
passare a sistemi più determinati. Meno guanto di velluto e più pugno di
ferro per conservare il potere.
©
Sputnik. Aleksey Nikolskyi
In
un articolo di qualche giorno fa anche Zbigniew Brzezinski ha
sottolineato questi aspetti di riorientamento strategico statunitense
nel mutato clima mondiale.
Scrive Brzezinski che l'epoca del dominio
globale americano è sul viale del tramonto ma gli Usa sono ancora ancora
l'entità politicamente, economicamente e militarmente più potente del
planisfero. Occorre preservare questo vantaggio relativo. I rischi
maggiori per Washington vengono dal protagonismo politico russo e da
quello economico cinese. Impedire che questi due attori stringano
un'alleanza è prioritario affinché non venga insidiato il suo primato.
Così come essenziale è mantenere l'Europa lontana dall'influenza russa e
cinese per impedire il saldamento di interessi geopolitici che
sarebbero ferali per la casa Bianca.
Secondo l'analista statunitense, occorre legare il destino di
Bruxelles a quello del Medio-Oriente per prevenire passi sbagliati degli
alleati in una fase di convulsioni generali. I giornali russi
commentano questa intenzione di Brzezinski come "un tentativo di
costruire un nuovo ordine mondiale in cui gli Stati Uniti, attraverso il
Medio Oriente e l'Europa, sono in grado di prevenire la formazione di
un'alleanza russo-cinese ed una qualsiasi triangolazione
russo-cinese-europea". Probabilmente è verosimile.
Sta
di fatto che Brzezinski riconosce la fine di un'epoca storica. Nel giro
di dieci o vent'anni la sfida geopolitica agli Usa verrà lanciata
palesemente da Stati che li avranno avvicinati militarmente,
tecnologicamente e finanziariamente. Brzezinski sostiene quello che La
Grassa dice da tempo: "Attualmente, è la Russia lo sfidante principale
ma nel lungo periodo potrebbe essere la Cina". In ogni caso, nel
prossimo periodo si scombineranno gli allineamenti tra i paesi, quelli
"tradizionali e familiari con i quali siamo confortevolmente cresciuti"
si dissolveranno. "The response needs to be shaped now".
L'America si sta attrezzando, la Russia e la Cina ci stanno provando.
L'Europa non è ancora pervenuta.
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