‘Ci
dispiace, non sapevamo che fosse invisibile’: come i Serbi ruscirono ad
abbattere un F-117 Stealth
NATASA
MILOSAVLJEVIC
sputniknews.com
Un missile
sovietico, fabbricato negli anni ’60, il coraggio, l’ottimismo e uno
slancio patriottico erano riusciti ad abbattere un “bombardiere americano
invisibile” da 42,6 milioni di dollari, lo stato dell’arte della tecnologia
moderna, che la NATO stava utilizzando per “portare la libertà” al popolo
della Jugoslavia. Questa è la storia di un inaspettato “miracolo” avvenuto
nei primi giorni del bombardamento della Serbia.
Un Lockheed
F-117 Nighthawk, “l’Invisibile”, una meraviglia tecnologica, l’orgoglio
della US Air Force, era stato abbattuto solo tre giorni dopo l’inizio dei
bombardamenti sulla Repubblica Federale di Jugoslavia, il 27 marzo 1999,
vicino al villaggio di Buđanovci; questa era stata l’unica perdita confermata
da parte della NATO di un aereo stealth.
Zoltán Dani, un
colonnello delle Forze di Difesa Aerea Jugoslave, era il comandante della
terza batteria della 250° Brigata Missilistica durante la guerra di
aggressione della NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia (FRY). I
membri della sua squadra sono diventati eroi nazionali serbi.
L’ex colonnello
ha detto a Sputnik che, nel 1999, la sua batteria utilizzava sistemi radar
a lunghezza d’onda metrica per monitorare e rilevare i bersagli aerei.
“Questi radar ad
onda metrica sono in grado di rilevare più facilmente gli aerei a
tecnologia stealth, eravamo così riusciti ad individuare in tempo l’aereo
mentre stava entrando nel nostro raggio d’azione: era a soli a 15
chilometri di distanza quando avevo ordinato di agganciare l’obiettivo e
detto a Senad Muminovich, l’artigliere, di premere il pulsante di lancio
che aveva fatto partire il missile“, ha ricordato Zoltán Dani.
L’F-117 si era
guadagnato la sua reputazione durante le missioni di combattimento in Iraq,
nella Guerra del Golfo del 1991. Grazie alla sua moderna tecnologia, che
gli consentiva di essere “invisibile” a qualsiasi sistema radar, era
diventato il simbolo della potenza militare statunitense. Tuttavia, si era
poi scoperto che i radar serbi erano “al di sopra della legge.”
Dani ha detto a
Sputnik che stavano utilizzando il sistema missilistico sovietico S-125
“Neva,” prodotto negli anni ’60 e consegnato alla Jugoslavia nei primi anni
’80.
“La cosa
importante è che siamo riusciti a far sì che tutto questo equipaggiamento
funzionasse alla perfezione e lo avevamo preparato per una operazione di
successo, in condizioni di combattimento, il che ci ha permesso di ottenere
risultati incredibili, l’abbattimento di un jet F-117,” aveva detto
Dani.
Poche persone lo
sanno, ma gli addetti alla terza batteria della 250° Brigata Missilistica
non si erano resi conto di quanto fossero stati fortunati quella notte.
Come ricorda Dani, dopo aver lanciato il missile contro l’obiettivo,
l’operazione più importante era stata quella di spegnere tutti i
dispositivi, in modo che il nemico non potesse rilevarli.
“Ci siamo
congratulati l’un l’altro, tutto qui. La sensazione però era molto buona,
come se avessimo segnato un punto in una partita molto importante. Il
mattino dopo era arrivato un ufficiale dell’alto comando, si era
congratulato con noi e ci aveva chiesto se sapevamo cosa avessimo
abbattuto. Avevo risposto: ‘Non ne ho idea, qualche bersaglio.’ Al che,
l’ufficiale ci aveva informati che si trattava di un F-117,” aveva detto
l’ex colonnello.
Per i Serbi,
questo episodio era stato un’iniezione di ottimismo, che aveva dato loro la
forza di resistere all’aggressione della NATO. Ovunque c’era la foto degli
abitanti del villaggio di Buđanovci che ballavano sulle ali dell’aereo abbattuto,
insieme allo slogan: “Scusate, non sapevamo che fosse invisibile.” Dani ha
sottolineato che il successo ottenuto non era dovuto ad alcun incentivo
materiale; era qualcosa di completamente diverso, che pochi nei paesi della
NATO possono capire.
“La cosa più
importante è che in una squadra ci dovrebbero essere relazioni basate su un
buon grado di fiducia tra le strutture governative e coloro che assolvono i
compiti. Il morale e il patriottismo erano molto alti, e le persone sul
campo erano disposte a collaborare con noi e ci hanno aiutato in ogni modo
possibile, ricordo un esempio: eravamo stati schierati su terreno
difficile, vicino ad Ogar, le nostre salmerie non erano riuscite a farci
arrivare il rancio e la gente del posto ci aveva portato dei cesti pieni di
cibo.” Aveva ricordato Dani.
Secondo Zoltan
Dani, anche 78 giorni dopo l’inizio dei bombardamenti, nessuno pensava di
arrendersi.
“All’inizio,
avevano programmato di ‘farla finita’ in sette giorni. Dopo 50 giorni, la
campagna anti-jugoslava aveva iniziato a rallentare e a perdere colpi. Si
era scoperto che non tutto era come si erano immaginati. Solo i piloti
americani e britannici avevano volato fino alla fine dell’operazione. Penso
che se quella guerra fosse continuata, avrebbe potuto essere l’inizio del
crollo della NATO. Qualcuno avrebbe cominciato a chiedersi se tutto ciò
fosse veramente necessario, visto che l’obiettivo iniziale non era stato
raggiunto.”
Dani ha detto a
Sputnik che dal 27 marzo al 1 ° maggio la NATO aveva sorvegliato l’area
della Syrmia Occidentale, dove si trova il villaggio di Buđanovci. Non
avevano idea di cosa avesse potuto abbattere un aereo del genere.
“Erano sicuri
che una cosa del genere fosse semplicemente impossibile.Tutti i piloti di
aerei da combattimento indossano trasmettitori di segnali GPS, per poter
essere localizzati subito dopo l’espulsione, in caso di abbattimento
dell’aereo, ma questo pilota non aveva il trasmettitore,” aveva affermato
il colonnello.
Il pilota
dell’F-117 abbattuto era un americano, Dale Zelko; per ritrovarlo era stata
lanciata la più grande operazione di ricerca dai tempi della guerra del
Vietnam. 12 anni dopo, il regista Zeljko Mirkovic aveva realizzato due film
sulle vite di Zoltan Dani e Dale Zelko: Il 21°
secondo, nel 2009 e Il secondo
incontro, nel 2013.
“Il secondo
incontro” è stato descritto
come “un film toccante sull’amicizia e sulla riconciliazione.”
Lo stesso Zoltan
Dani aveva acconsentito a questo insolito incontro con il suo ex nemico
solo grazie ad un libro
sul perdono del Patriarca serbo Pavle (Dani si riferisce probabilmente ad
un libro sulla vita e sui sermoni del Patriarca Pavle, intitolato “Budimo
ljudi,” pubblicato nel 2009, dopo la sua morte).
“Zelko mi aveva
detto che, sei mesi prima dell’inizio del bombardamento, erano stati
riuniti in una base nel Nuovo Messico, dove, oltre all’addestramento al
combattimento, erano stati “sottoposti ad un lavaggio del cervello”
psicologico. Avevano assistito alla proiezione di film che mostravano la
situazione jugoslava nel peggiore dei modi. E pensavano davvero che fossero
venuti a portarci la libertà. Più tardi, quando Zelko è venuto in Serbia
per le riprese, aveva detto: ‘Penso che ci abbiano ingannato'”, Dani aveva
riferito a Sputnik.
Né Zelko né Dani
prestano ancora servizio nelle forze armate. Zoltan Dani conserva in casa
propria qualche pezzo dell’aereo americano abbattuto. Anche se gli è stata
offerta una buona somma per questi “reperti,” dice che non gli verrebbe mai
in mente di venderli. Gran parte di ciò che rimane dell’aereo è
orgogliosamente esposto al Museo dell’Aviazione, all’aeroporto Nikola Tesla
di Belgrado.
Natasa
Milosavljevic
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