Gli USA, scegliendo di disconoscere il trattato sul programma nucleare con l'Iran, hanno finalmente rivelato al mondo intero la loro spregiudicata e unilaterale strategia politico militare, che tiene conto esclusivamente dei propri interessi (israelo-americani) a scapito degli alleati, che sono considerati solo pedine, stati satelliti e colonie, in quanto tali sacrificabili e umiliabili. Non è la prima volta e non sarà l'ultima che gli USA se ne fregano dei trattati e del diritto internazionale agendo con protervia senza alcun rispetto per gli accordi sottoscritti, assumendo atteggiamenti da superpotenza con delirio di onnipotenza, senza rendersi conto che la realtà è mutata e che non faranno altro che accelerare il loro declino, inducendo sempre più paesi alleati ad allontanarsi assumendo quantomeno una posizione neutrale se non addirittura ostile. Rimarranno loro fedeli pochissimi paesi, per motivi oggettivi e contingenti, gli altri si defileranno tutti, lo hanno già fatto o lo stanno facendo, come l'India, il Pakistan, la Turchia, l'Egitto, ecc.. Al contrario la Russia e la Cina si troveranno con un progressivo aumento dei paesi loro alleati, riuscendo a creare un fronte comune avversario degli USA che impedirà agli americani di continuare nella loro politica distruttiva, che diverrebbe autodistruttiva. La supremazia militare, che peraltro non è più tale a causa dei progressi tecnologici russi negli armamenti, da sola non è più sufficiente a garantire l'egemonia, e la leadership USA farebbe meglio a rendersene conto, se solo fosse composta da persone minimamente acculturate ed equilibrate, anziché da neocons sionisti fanatici e guerrafondai. Spero che anche l'Italia, seppur guidata perlopiù da inetti, parassiti e paraculi, si decida al più presto a divenire il più possibile neutrale, prendendo le distanze dagli USA, iniziando con il rifiutare di collaborare militarmente mettendo a disposizione le basi sul suolo italiano per ospitare armamenti nucleari, rispettando finalmente la Costituzione Italiana e il Trattato sulla non proliferazione nucleare del 1968. Claudio Martinotti Doria
Fonte: Rivista Italiana Difesa
http://www.portaledifesa.it/index~phppag,3_id,2339.html
Gli USA contro l'Iran: una scelta di campo
data: 09-05-2018
a cura di: Pietro Batacchi
Mancava
solo l'ufficialità, che è giunta ieri alle 20:00 ora italiana. Il
Presidente Trump ha deciso di far uscire l'America dal Trattato con
l'Iran sul programma nucleare e di reintrodurre, vedremo poi in che
modo, il regime delle sanzioni. Una decisione importante, che fa seguito
a quanto promesso in campagna elettorale, che fa contenti i falchi
dell'Amministrazione, e, soprattutto, Israeliani e Sauditi, che da mesi
premevano su Trump per farlo recedere dall'accordo, ma che scontenta gli
alleati europei, a cominciare dall'Italia. Una decisione, poi, che pone
la grande questione della credibilità dell’America rispetto al
mantenimento di impegni sottoscritti e che potrebbe avere significative
ripercussioni pure in futuro ed in altri scacchieri geopolitici. Ma
andiamo per gradi. Questa Amministrazione ha fatto una scelta di campo
precisa. Si è schierata con Sauditi ed Israeliani – ormai praticamente
alleati – per arrestare la crescita dell'influenza iraniana in Medio
Oriente avvenuta attraverso la guerra civile siriana, ma, prima ancora,
non dimentichiamolo, per effetto della rimozione di Saddam e della
disgregazione dell’Iraq sunnita volute dagli stessi Americani nel 2003.
L'uscita dall'accordo, pertanto, potrebbe segnalare l'intenzione
americana di passare dalla fase di contenimento passivo dell'Iran alla
fase di contenimento attivo e, forse, di “roll back”, ovvero di recupero
di "porzioni" di influenza entro il perimetro "persiano"
progressivamente allargato da Teheran negli ultimi anni con una
pragmatica strategia indiretta. Di sicuro, la decisione di Trump
rafforza la fazione radicale del regime iraniano, che da mesi preme
sulla Guida Suprema per reagire ai continui attacchi israeliani in
Siria, a discapito della componente riformista, alle prese con una grave
crisi economica interna che le nuove sanzioni non farebbero altro che
inasprire. E poi ci sono le conseguenze sui rapporti transatlantici.
Dopo gli accordi sul clima, le tensioni sui dazi e le politiche
commerciali, gli USA si distanziano ancora una volta in maniera radicale
dall'Europa che, nella fattispecie, marcia all'unisono affermando di
voler continuare a rispettare l’accordo con l’Iran e rivendicandone
funzionamento e benefici. Una differenza di vedute evidente che dimostra
come gli Stati Uniti siano disponibili a far scivolare in secondo piano
il rapporto transatlantico quando sono in gioco interessi ritenuti di
loro primaria, ed esclusiva, rilevanza. Del resto, la nuova National
Security Strategy di Trump è stata chiara su questo, così come nel
sottolineare il mutamento dello scenario internazionale verso una nuova
era di competizione tra potenze. Certo, le potenze "ostili" sono
identificate nel documento con Cina e Russia, ma a leggere fra le righe
si può scorgere un velato accenno anche all'Europa - in termini di
competizione economico-industriale - rispetto alla quale gli USA hanno
perso per effetto della Brexit il loro tradizionale strumento di
influenza/interferenza, leggi il Regno Unito. La battaglia sulla vendita
dell'F-35 alla Germania, combattuta a viso aperto pure nell'ultimo
salone ILA berlinese, è lì a dimostrarlo. Infine, non meno importante,
il piano delle conseguenze sull'Italia. Roma e Teheran sono legate da
solidi rapporti commerciali, mai interrottisi neanche negli anni più bui
del khomeinismo, e che con la parziale rimozione del regime
sanzionatorio erano di nuovo sbocciati, in diversi settori: da quello
energetico, a quello delle infrastrutture. La decisione di Trump li
pregiudica nuovamente.
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