Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis
"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")
"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto." (Dalai Lama)
"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")
"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi
L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)
Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)
Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )
La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria
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Come valorizzare il Monferrato Storico
… La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.
Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …
Anteprima dell'editoriale dell'amico Leonardo Facco pubblicato sull'ultimo numero di Enclave, la rivista ufficiale del Movimento Libertario
Fonte: Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
RISPARMI, CHI CI HA ASCOLTATO OGGI GONGOLA!
ANTEPRIMA DELL’EDITORIALE DEL PROSSIMO NUMERO DI “ENCLAVE TRIMESTRALE”, IN SPEDIZIONE A TUTTI GLI ABBONATI, Organo ufficiale del Movimento Libertario
di Leonardo Facco
Non avevo per nulla le idee chiare una decina d’anni fa, sebbene il libertarismo fosse già diventato il mio pane quotidiano.
Avevo capito quanti danni fa lo Stato, avevo metabolizzato che le tasse sono un furto e che non pagarle è solo legittima difesa, avevo recepito perfettamente che la burocrazia funziona come i parassiti che han preso casa su un animale. Avevo, insomma, smesso di credere alle bugie che mi hanno propalato sin dai tempi della scuola e che venivano (e vengono) ripetute a nastro – anche se spesso in buona fede – da molte persone perbene, compresi fior fior di professionisti.
E’ stato l’incontro con la “Scuola austriaca” di economia che mi ha acceso la lampadina. E’ stata la frequentazione del sito di Francesco Carbone (usemlab.com) che mi ha obbligato ad interrogarmi nuovamente su cosa ci fosse alla base di una società libera e la risposta a cui sono giunto è la seguente: senza moneta onesta non ci sono speranze, saremo sempre sotto il giogo dello Stato!
Sia chiaro un punto: legislazione, tassazione, burocrazia poco invasive rappresentano un viatico eccezionale per condurre una vita migliore, per poter essere padroni del frutto del proprio lavoro e delle proprie scelte. Oggigiorno, i paesi che stanno meglio sono quelli che “l’indice delle libertà economiche” definisce virtuosi perché le gabelle sono sopportabili, le normative non asfissiano, le cartacce da far girare son poche. Svizzera, Hong Kong, Singapore, Nuova Zelanda ad esempio. Ma…, sissignori, c’è un ma: anche questi paesi, soprattutto in un’economia globalizzata ed interconessa, sono parte del grande truffone della “moneta debito”, ovvero dei soldi creati dal nulla, stampati dalle varie banche centrali solo per permettere al Leviatano, ed ai banchieri amici degli amici, di costruire montagne di buchi, sulla falsariga di promesse, clientele, pseudo-crescita economica.
Il denaro non è qualcosa di così strano da essere incomprensibile. E’ un bene e come ogni bene che si rispetti deve essere frutto del libero mercato, non dell’imposizione monopolista di una casta di potentati. Migliaia di anni di storia ci hanno spiegato che l’oro è stato la moneta per antonomasia, e con esso l’argento. Perché? Perché aveva le caratteristiche giuste per fungere da unità di conto, mezzo di scambio e riserva di valore.
Poi, un bel giorno, una quarantina d’anni fa, la natura è stata sovvertita e gli americani sono riusciti persino a far accettare le loro banconote verdi come riferimento valutario, cartaccia colorata che non necessitava nemmeno più di avere un corrispettivo reale in oro alle spalle.
Da quel momento, gli Stati son diventati onnipotenti e l’economia s’è trasformata nel loro parco giochi, dove il divertimento sta nel gonfiare una bolla per poi farla scoppiare. Con le conseguenze del caso.
Il numero della rivista che avete in mano è totalmente dedicato a questo argomento, senza la comprensione del quale non ritroveremo la giusta via smarrita.
In compenso, chi dal 2000 ha seguito i consigli che abbiamo dato (“se avete dei soldi da risparmiare comprate oro”, urlavamo) non può che gongolare, considerato che ha visto i risparmi di qualche anno fa quadruplicare di valore e non finire mai sotto la mannaia della borsa, la lavatrice dei truffatori di Stato.
Il motivo? Chi ha comprato il metallo giallo non ha fatto altro che rispettare la natura delle cose ed il buon senso perduto.
RIFORMA DELLE PENSIONI. In Francia sono ancora vivi, in Italia sono diventati degli zombie.
Di Claudio Martinotti Doria
Nella vicina Francia da giorni è esplosa una specie di guerriglia urbana oltre a numerose manifestazioni di protesta (con partecipazione di centinaia di migliaia di persone) ed alcune paralisi sociali ed istituzionali, come reazione ad una riforma della previdenza che prevede di ritardare di due anni l'età per andare in pensione.
In Italia, ovviamente prima delle ferie di agosto, nella finanziaria ed in sordina, hanno inserito un provvedimento vessatorio, un vero e proprio furto legalizzato, con il quale si ritarda il diritto di percepire la pensione di 12 o 18 mesi, per chi in pratica lo aveva già maturato, quindi è un fatto di una gravità simile a quanto avvenuto in Francia, solo che da noi lo hanno fatto da "furbi", inserendolo in una miriade di contenuti, per farlo passare inosservato.
Le tv ed i media italiani, salvo eccezioni, non essendo certo un servizio pubblico, ed essendo perlopiù spazzatura e carta straccia al servizio della casta di parassiti che ci governano e che detengono il potere, non hanno dato alcun riscontro, meno che mai risalto, alla notizia, sebbene fosse importante e grave. Così da noi non solo non ci sono stati scontri, ma neppure proteste, come vivessero tutti felici e contenti, sebbene parecchio inebetiti.
La dieta mediterranea da noi non è più rappresentata dagli ingredienti storicamente e culturalmente noti, ma è costituita dalla m***a che ci somministrano ogni giorno come alimento cardine, ci costringono cioè a mangiare m***a e possibilmente digerirla, compiaciuti per tanta generosità. Di questa materia prima i nostri governanti ne producono a iosa, non mancherà mai e quindi possono distribuirne in abbondanza. Evidentemente gli italiani hanno ormai le papille gustative alterate e non percepiscono più i sapori, perché temo che non lo abbiano ancora capito con cosa li stanno nutrendo e in quale materiale stanno per farli affogare.
"Spezzeremo le reni alla Grecia" - Sono trascorsi 70 anni invano ...
"Spezzeremo le reni alla Grecia".
La frase divenuta famosa è stata estrapolata da un discorso tenuto dal Duce Benito Mussolini alla fine del 1940 alla presenza di tutti i gerarchi del regime, evento durante il quale con le parole cercava di mistificare la disastrosa realtà dei fatti belllici, che qui di seguito sono riassunti brevemente (Fonte: http://www.eco-news.it/category/2-storia-religione/)
● 15 ottobre 1940, Mussolini decide, con i Capi Militari, di fare guerra alla piccola Grecia (sono assenti dalla riunione i Capi dell’Aeronautica e della Marina ……!!!)
● 28 ottobre, l’ Esercito Italiano, dall’ Albania (allora italiana) attacca la Grecia, ma le Forze Greche contrattaccano ed entrano in Albania … !
● 26 novembre annota sul suo diario Goebbels (Ministro tedesco della Propaganda) “Gli Italiani….. i nostri Alleati girano i tacchi e scappano, uno spettacolo vergognoso”.
● 3 Dicembre, gli Italiani ripiegano ancora (perdono circa un terzo dell’ Albania …. !), per evitare la disfatta, Mussolini chiede aiuto a Hitler. Sulle Alpi i Doganieri Francesi issano un cartello sfottitorio “Greci fermatevi, quì c’ è la Francia”
● 11 dicembre 1940 “Una spaventosa orgia di dilettantismo” e “gli italiani aspettano che noi caviamo le castagne dal fuoco” scrive ancora Goebbels nel suo diario
● 7 aprile, le armate tedesche (provenienti da Austria, Ungheria e Romania) marciano verso la Grecia
● 9 aprile, in soli due giorni, di fronte all’avanzata tedesca, l’ Esercito Greco capitola e si arrende
● 21 aprile, i Greci firmano la Resa coi Tedeschi: Mussolini è furioso (non lo hanno nemmeno avvisato)
● 23 aprile, la cerimonia della Resa Greca viene ripetuta: questa volta anche davanti ad un rappresentante italiano
● 3 maggio, trionfale Parata militare Italotedesca ad Atene
Sempre per non dimenticare: questa geniale impresa di Mussolini ci è costata: 3.700 morti, 50.000 feriti, 12.000 congelati, 21.000 prigionieri, 3.300 dispersi.
Fortuna che ora siamo nell'UE e non ci sono rischi di guerre ma solo "missioni di pace" che al massimo costano qualche militare morto all'anno, altrimenti il surrogato surrettizio brevilineo emulo del duce, che malgoverna da anni il nostro paese, a causa della presumibile amicizia con Putin e con la scusa della lotta al terrorismo, con la sua infallibile abilità nelle politica estera e nella strategia militare, avrebbe potuto inviare truppe italiane in Cecenia, in appoggio a quelle russe ...
L’ Inps oscura il dato sulla pensione dei precari, per evitare sommovimenti sociali ...
Fonte: http://www.soldionline.it/finanza-personale/lavoro-atipico/c/leggi
Scritto da Maria Antonia
“Gentile signora Fama,
mi fa piacere informarLa che da oggi sul nostro sito Lei potrà consultare il Suo Estratto conto contributivo. In questo modo, comodamente da casa, Le sarà possibile consultare online il Suo fascicolo previdenziale”.
Cordiali saluti,
firmato: Antonio Mastrapasqua
Dopo avere letto attentamente questa lettera, mi sono sentita lusingata. Insomma, ho pensato, è il presidente dell’Inps che mi invia la suddetta missiva. L’Istituto di Previdenza Nazionale, nel perfetto esercizio delle sue funzioni, si prende cura di me. Io, ultima tra gli ultimi. Si, perché, come continua la lettera, “tutti coloro che abbiano svolto attività dipendente nel periodo 1/01/2005- 31/12/2009, potranno consultare sul sito anche il proprio rendiconto contributivo e previdenziale riferito a ciascuna annualità, distinto per datore di lavoro”.
Presa dall’entusiasmo, colpita dall’efficienza (inusuale) della burocrazia e commossa da tanta attenzione, mi precipito a digitare www.inps.it. Ed è pochi istanti dopo che capisco. Clicco qui, clicco lì, apro finestre, inserisco il mio pin. Ma per quanto navighi in questo mare virtuale, l’unica informazione davvero interessante che ottengo è quanto ho versato. Ho capito, e miei contributi quanto renderanno? Se la domanda nasce spontanea, lo stesso non vale per la risposta. Cercandola con insistenza mi imbatto in un’affermazione del presidente Mastrapasqua che mi era sfuggita (perché omessa nella lettera ormai nota): “Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale”. Ecco perché il dato non lo trovavo: è stato, in sostanza, oscurato, per motivi di ordine pubblico. E lo credo bene, perché scoprendo che nel giro di qualche decennio la pensione percepita sarebbe di poche centinaia di euro al mese, sarebbe difficile mantenere la calma.
A breve, l’Inps invierà a domicilio delle nuove missive ai quattro milioni di precari che versano contributi previdenziali, omettendo le informazioni sulla pensione che invece otterranno i lavoratori a tempo indeterminato. Anche a loro scriverà l’Istituto, indicando come fare per apprendere dal web quanto hanno versato e quanto incasseranno come pensione.
Che l’Inps si preoccupi di un’insurrezione proletaria è legittimo: l’esasperazione in cui versano i lavoratori precari porterà prima o poi qualcuno (o più di uno) a un gesto inconsulto. E’ solo questione di tempo. E forse l’Istituto ha pensato di giocare proprio su questo. Scoprire da anziani di aver versato una vita di contributi per finire a versare in condizioni di miseria è meno pericoloso che apprenderlo da giovani. Non fosse altro per l’assenza di forza fisica e il subentrato sentimento di rassegnazione.
Come si dice “occhio che non vede, cuore che non duole”. E certe volte, è meglio non sapere.
LA PATRIA LINGUISTICA. Considerazioni sulla questione della lingua di una nazione che non c'è.
Prefazione di Claudio Martinotti Doria
I contenuti concettuali ed analitici dell'intervento sottostante, che ho deciso di pubblicare nel mio blog e quindi farvi conoscere, sono corrispondenti, similari, per non dire identici, a quelli trasmessi dal sottoscritto nel corso di tanti anni, in numerosi saggi e articoli.
L'Italia non è mai stata una nazione.
Questo è il concetto base cui è pervenuto anche Emilio Gentile nel suo recentissimo libro "Né Stato né nazione. Italiani senza meta". Editore Laterza (http://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788842093213), citato come primario riferimento da Fulvio Sguerso, autore del testo da me riportato. E non è certo sufficiente una lingua comune a costruire e consolidare una nazione, tra l'altro diffusa da pochi decenni tramite la televisione, regionalizzata e ridotta nell'uso quotidiano, mediatico e popolare, a poche centinaia di vocaboli (vedasi in proposito Tullio De Mauro sull'ignoranza degli italiani), perlopiù storpiati ed abusati.
Inoltre, come giustamente rileva l'autore, l'Italia manca di una memoria storica condivisa ed il sentimento di unità nazionale è puramente retorico, propagandistico ed improbabile, recitato e celebrato a livello politico istituzionale, cui non credono neppure gli officianti.
Nel corso della millenaria storia della nostra penisola, vi fu una sola e breve parentesi in cui si costituì l'Italia, durata appena due anni e comunque conflittuale (come sempre), dal 91 all'89 a.c. durante i quali otto popoli stanziati nella penisola, soprattutto nel Centro, diedero vita ad una configurazione statale denominata Italia (con capitale Corfinium, ribattezzata "Italica", corrispondente all'attuale Corfinio in prov. dell'Aquila), batterono una propria moneta e si scontrarono con Roma, di cui non intendevano accettare il dominio.
Roma resasi conto che non poteva sconfiggerli, ricorse alla politica (vi ricorda qualcosa?) e li corruppe ed assimilò concedendo loro la cittadinanza romana con tutti i privilegi che comportava.
Se l'unità d'Italia, di cui si sta per celebrare ("festeggiare" è un termine fuori luogo …) i 150 anni nel 2011, è stato un successo decantato da quasi tutti i politici e dai loro cortigiani, come mai negli anni successivi sono emigrati oltre 27 milioni di italiani (che in proporzione alla popolazione dell'epoca sono un'enormità)? Alcune località e borghi si sono letteralmente spopolati, come in passato avveniva solo per la peste.
In particolare sottolineo il fatto che sono stati proprio i piemontesi ad emigrare in massa, oltre 5 milioni. Come mai, dopo aver fatto l'unità d'Italia se ne sono andati in tutto il mondo, invece di goderne i frutti? Infatti sono molto più numerosi i piemontesi all'estero di quelli in patria. I numeri, al di là della retorica e della mistificazione, sono eloquenti e non manipolabili. L'unità d'Italia è stato un fallimento, e non sto a citare i testi da consultare per rendersene conto, l'ho già fatto troppe volte, ed inoltre basterebbe guardarsi attorno per rendersene conto.
E' un paese che non ha nulla che lo unisce veramente, nessun vero e condiviso valore sociale, culturale, civico, storico, ecc., nessun senso comunitario, una significativa parte della popolazione si occupa del proprio orticello familistico e cerca protezioni politiche prostituendosi in vari modi e livelli, alimentando un individualismo ed un materialismo esasperato. Gli unici valori di cui potremmo andar fieri sono riposti nel volontariato, ma le istituzioni anziché valorizzarlo lo penalizzano in tutti i modi ...
E' un paese che solo gerarchie istituzionali e conventicole affaristiche tengono legato, con ampio ricorso all'autoritarismo, ad una burocrazia intimidatoria ed asfissiante ed un calcio divenuto da tempo religione di stato.
Nel '700 era considerato il "giardino d'Europa" e tutta la nobiltà del continente veniva a rotazione a visitarlo … ora come lo definireste?
LA PATRIA LINGUISTICA. Considerazioni sulla questione della lingua di una nazione che non c'è.
Fonte: Trucioli Savonesi http://www.truciolisavonesi.it
Di Fulvio Sguerso
L'idea, o meglio, il sentimento di appartenenza a una patria o a una nazione comune non sarebbe neppure immaginabile senza una lingua, parlata e scritta, in un determinato territorio, da una determinata società, in un determinato tempo storico più o meno lungo (o fortunato). D'altronde, il principale tratto distintivo che rende riconoscibile un italiano da un francese o da un inglese, o da qualsiasi altro cittadino straniero rimane pur sempre la sua madrelingua, prima ancora della carta di identità, proprio perché "gli stati nazionali hanno cercato di costruire anche forzosamente, come nella Francia giacobina, l'unità linguistica delle società raccolte in quello stato, e dove gli stati nazionali non c'erano, ma c'era una tradizione linguistica, si è cercata l'indipendenza politica di quell'area partendo dal senso di identità linguistica". (Tullio De Mauro, In principio c'era la parola?, Il Mulino, 2009).
Non per niente cantava il Manzoni in Marzo 1821: "una gente che libera tutta, / o fia serva tra l'Alpe ed il mare; / una d'arme, di lingua, d'altare, / di memorie, di sangue e di cor." Senza l'unità linguistica verrebbero meno anche le altre: di tradizioni, di memorie e persino di religione; inoltre, come scriveva il poeta fiammingo Pieter Jan Renier, citato da De Mauro: "La lingua è il vessillo dei popoli soggetti: chi non ha nessuna lingua, non ha la patria". Giusto; dunque gli italiani che hanno una stessa lingua hanno anche una stessa patria? Detto altrimenti: gli italiani si riconoscono "fratelli su libero suol" in quanto parlano una stessa lingua tramandata dai loro padri (e soprattutto dalle loro madri)? O non sarà che l'unità linguistica, pur necessaria, non sia una ragione sufficiente per cementare e affratellare i cittadini di un medesimo Stato? Questo potrebbe succedere, forse, nel caso in cui lo Stato coincidesse con la nazione, e i suoi cittadini avessero il sentimento (il cor) di appartenere allo stesso "sangue", cioè alla stessa nazione (da natio, nationis: origine, nascita). E' pur vero che, malgrado il mondo globalizzato in cui viviamo, "la nazione è tuttora il principio supremo che legittima l'unione di una popolazione nel territorio di uno Stato indipendente e sovrano. Su questo principio è nato il 17 marzo 1861 lo Stato italiano e su questo principio è stato ricostituito dopo il 1945. Il presupposto dello Stato italiano è l'esistenza di una nazione italiana. Ma oggi molti cittadini dello Stato italiano pensano che una nazione italiana non sia mai esistita, e perciò ritengono che non dovrebbe esistere neppure uno Stato italiano. "(Emilio Gentile, Né Stato né nazione. Italiani senza meta. Laterza, 2010). Dunque non basta parlare la stessa – si fa per dire – lingua per sentirsi fratelli; e gli italiani saranno anche ricchi di sentimenti e sovente generosi e coraggiosi, ma quanto a fratellanza non hanno mai, generalmente parlando, brillato. Come si spiega? Le ragioni sono molteplici e di diversa natura: intanto l'unificazione politico-amministrativa è stata messa in atto prima che si formasse una comune coscienza nazionale e quando la lingua italiana era ancora una lingua straniera per la maggior parte della popolazione dialettofona che, per lo più, viveva sparsa nelle campagne (né va dimenticato che i membri di casa Savoia parlavano tra di loro in francese o in dialetto piemontese). La patria linguistica esisteva quindi soltanto per una élite di intellettuali e di letterati, identificata soprattutto nella tradizione scritta del volgare illustre tre-cinquecentesco, tanto che, quando si trattò di indicare un modello da proporre a tutti gli italiani, il Manzoni scelse il fiorentino parlato dalle persone colte. Ma il divario tra élite e popolo – tra l'altro in gran parte analfabeta – perdurò a lungo, anche per la distanza della lingua scritta e letteraria da quella parlata e quotidiana. E' ormai acquisito che si può parlare di unificazione linguistica effettiva soltanto dopo l'avvento della televisione, quindi dagli Anni Cinquanta in poi, e nel pieno del cosiddetto "miracolo economico", quando, anche grazie all'immigrazione interna e alla crescente rete autostradale, si intensificarono gli spostamenti da una regione all'altra e conseguentemente si rendeva sempre più necessaria una koinè che permettesse al lombardo e al piemontese, oltre che di intendersi tra di loro, anche di intendesi con il calabrese e il siciliano. Ma di che italiano si tratta? Non è certo più il fiorentino colto suggerito dal Manzoni, ma appunto una koinè strumentale alquanto piatta e scolorita rispetto ai dialetti, che tuttavia conserva evidenti tratti regionali. "Questo implica un fatto che del resto è ben noto: in Italia non esiste una vera e propria lingua nazionale italiana." Così scriveva Pier Paolo Pasolini nel 1964, registrando quindi una situazione linguistica (e quindi anche sociale) tutt'altro che confortante dal punto di vista della qualità dell'italiano medio. Se a questa situazione di povertà della lingua comune aggiungiamo il marasma in cui da anni si dibatte la classe politica e dirigente, con le inevitabili ricadute su tutto l'insieme già abbastanza disorientato, conflittuale e frammentato della societas italiana, mai così frastornata come ai nostri giorni da "Diverse lingue, orribili favelle, / parole di dolore, accenti d'ira, / voci alte e fioche, e suon di man con elle.....", e la mancanza di una memoria storica condivisa, come annota sconsolato ancora Emilio Gentile:"Il ricordo storico del passato ha sempre diviso gli italiani. Nel futuro solo l'oblio li potrebbe riunire", possiamo capire come sia improbabile e puramente retorico un vero sentimento di unità nazionale che accomuni tutti i cittadini del nostro sempre meno unito e sempre meno bel Paese, anche se parlano una lingua comune ma più per non comprendersi che per com-prendersi, quasi preferissero ad ogni buon conto coltivare il proprio orticello piuttosto che la negletta vigna comune. D'altronde non ci hanno forse spiegato con discorsi, spot, sondaggi ed esempi "pratici" che la politica ha come fine il nostro bene?
Proposta di Abolizione della Riserva Frazionaria, una delle cause primarie della degenerazione finanziaria globale
Fonte: Associazione Culturale USEMLAB di Torino http://www.usemlab.com/index.php
L'Associazione Usemlab (di cui l'autore di questo blog è Socio Onorario) raccoglie gli economisti e simpatizzanti della Scuola Economica Austriaca in Italia e tiene rapporti con l'Estero, in particolare con il prof. Huerta de Soto. Il sito Usemlab ha circa 33.000 visitatori unici mensili, in continua crescita, e rappresenta una delle più vivaci comunità e realtà culturali del web.
Scritto dal Prof. Huerta de Soto (nella foto), prestigioso docente ed esponente spagnolo della Scuola Economica Austriaca
Nella culla della democrazia moderna, nel Parlamento del Regno Unito, il 15 settembre 2010 è stato ufficialmente presentato a Londra un disegno di legge con un duplice obiettivo: in primo luogo, la tutela piena ed effettiva del diritto di proprietà del denaro depositato dai cittadini nei conti correnti presso le banche e, in secondo luogo, porre fine una volta per tutte con i cicli economici ricorrenti, i boom artificiali, le crisi bancarie e finanziarie e la recessione economica che stanno interessando le economie del cosiddetto mercato da almeno duecento anni.
Il progetto di legge, è in piena conformità con i principi generali del diritto di proprietà che sono essenziali per far funzionare un’economia di mercato vera, con la fine dei privilegi di cui godono oggi le banche private che operano sulla scorta di un coefficiente di riserva frazionaria in relazione ai depositi (ed equivalenti) che riceve. Si tratta, insomma, di ripristinare il coefficiente di cassa del 100 per cento per i soldi depositati a completamento della legge bancaria “Peel” del 1844, che diagnosticò correttamente il problema del sistema bancario a riserva frazionaria, dimenticandosi purtroppo dei depositi bancari con riferimento all’emissione di carta moneta.
Insomma, la legge Peel non è riuscita a conseguire il risultato che si proponeva, le banche hanno continuato ad espandere il credito artificialmente facendo leva sui loro depositi (con l’uso di strane scritture nei loro libri contabili) e generando bolle speculative che alla fine, quando il mercato scopre gli errori compiuti, portano inevitabilmente a gravi recessioni finanziarie e bancarie, nonché a profonde crisi economiche. (Chi ha interesse a esplorare tutti i dettagli analitici e storici può consultare il mio libro Denaro, Credito e Cicli economici, pubblicato in 4 edizioni in spagnolo e tradotto in tredici lingue.)
E’ “eccitante” che una manciata di parlamentari Tory, guidati da Douglas Carswell e Steven Baker abbiano compiuto questo passo. Se la loro legge avrà successo, passeranno ai posteri come William Wilberforce, che fu il padre dell’abolizione del commercio degli schiavi, e di altri grandi uomini importanti del Regno Unito, a cui il mondo e la libertà devono molto.
Jesus Huerta de Soto
traduzione italiana pubblicata dal Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
articolo originale in spagnolo: Ayer fue un día histórico
FRANCO SVIZZERO, UN FALSO BENE RIFUGIO!
Prefazione di Claudio Martinotti Doria
Personalmente come storiografo amatoriale ed appassionato di storia locale, sono da parecchi anni interconnesso (per non dire legato) culturalmente con la Svizzera, in particolare quella italiana, e quindi ne seguo con una certa continuità l'evoluzione, soprattutto della società civile. Il mio interesse deriva anche dal fatto che se non fosse per alcune vicende storiche, quali l'occupazione di Napoleone della Valtellina a fine 700, essendo mia moglie originaria di quell'area, a quest'ora avrei il passaporto svizzero, in quanto la Valtellina era da secoli aggregata ai Grigioni e probabilmente la Valtellina si sarebbe evoluta in Cantone autonomo divenendone il 27° della Confederazione Elvetica.
Per ragioni di precisione, cui sono solito attenermi nel comunicare con i miei interlocutori e lettori abituali, approfitto dell'occasione per informare che la Svizzera Italiana non si limita solo al Canton Ticino, come sono in molti credere, ma si estende ai Grigioni italiano, che include i distretti di Moesa (ad ovest) e Bernina (ad est), e i comuni di Bivio nel distretto di Albula e Bregaglia nel distretto di Maloggia. La lingua italiana è parlata nel Grigioni italiano, che consiste delle valli Mesolcina, Calanca, Bregaglia e Poschiavo, come pure del villaggio Maloggia, nei comuni di Pontresina e Bivio. Rimane sempre una lingua minoritaria in senso proporzionale (è parlato solo dal 6,5% degli svizzeri), ma pur sempre ufficiale, in quanto è una delle tre lingue "nazionali ed ufficiali" della Confederazione (si è aggiunto recentemente il Romancio, ma con delle limitazioni).
Ultimamente chi segue le vicende economiche (che sono storiche anch'esse) degli ultimi tempi, saprà che il franco svizzero si è rafforzato enormemente, raggiungendo la parità con il dollaro, e se continua su questa strada la raggiungerà anche con l'euro. La convergenza degli investitori internazionali sul franco svizzero come moneta rifugio, di fronte a situazioni di grave incertezza se non di panico imminente, nel corso della storia ha sempre caratterizzato periodi nefasti, di sconvolgimenti planetari, e quindi non è un buon segno. Inoltre è una sciocchezza dal punto di vista finanziario, perché anche il franco svizzero ha abbandonato il gold standard nel 2000, e quindi non è vera moneta, ma moneta di carta e quindi affidabile solo finché si ripone fiducia in essa, non fornisce certo garanzie maggiori rispetto al dollaro o all'euro.
Le uniche vere monete (il vero "denaro") nel corso della storia dell'umanità sono sempre state quelle d'oro e d'argento, ma ormai 999 persone su mille sono condizionate a pensare che il denaro sia quello stampato dalle banche centrali (chi si ricorda che fino al 1971 c'era ancora un parziale ancoraggio della moneta di carta al gold standard?).
L'articolo che vi propongo appresso, scritto da uno svizzero ticinese esperto in materia, chiarisce bene questi concetti e vi sarà utile per predisporvi ad affrontare i tempi che verranno, che non saranno una passeggiata, come ho già avuto modo spesso di comunicarvi in precedenti articoli.
In Svizzera fino al 1927 circolarono monete d'oro e d'argento.
FRANCO SVIZZERO, UN FALSO BENE RIFUGIO!
Fonte: Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it
di Rivo Cortonesi, Segretario dei Liberisti Ticinesi
Il titolo di questo editoriale mi è venuto spontaneo, perché, per uno di quegli strani concatenamenti neuronali che si scatenano a volte nel cervello, improvvisamente mi è tornato alla mente il romanzo di MIlan Kundera "l’insostenibile leggerezza dell’essere", nel quale si descriveva la vita degli intellettuali cecoslovacchi nel periodo tra la cosiddetta "primavera di Praga" e l’invasione sovietica che ne seguì. Forse perché, come allora per la Cecoslovacchia, anche noi siamo oggi alla vigilia di un default economico-finanziario, che inevitabilmente porterà con sé un’ulteriore limitazione delle nostre libertà individuali. L’apprezzamento del franco svizzero su dollaro e euro la dice lunga sulla gravità del momento. Storicamente è infatti nei momenti di crisi che il franco svizzero si apprezza sulle altre valute.
Ma è un cadere dalla padella nella brace, perché il franco svizzero ha ormai ripudiato, come tutte le altre monete, la parità aurea: dunque è oggi solo un bene fiduciario.
Ma di quale fiducia si parla? Fiducia che il franco svizzero non seguirà la sorte di tutte le altre monete di carta se l’economia mondiale si avviterà su sé stessa? Più che fiducia è isteria da "si salvi chi può", una corsa da ultima spiaggia verso una moneta meno inflazionata di dollaro e euro, certo, ma pur sempre "bene fiduciario" e non "bene reale". L’unica moneta vera, che, non io, ma la storia umana ha riconosciuto e continua a riconoscere come "bene reale" è l‘oro. E che l’oro e non il franco svizzero sia il vero "bene rifugio" il grafico che segue è qui a dimostrarlo:
Guardando l’andamento del rapporto CHF-ORO nel corso degli ultimi 10 anni mi viene da sorridere (anzi da piangere) al ricordo di quando, per giustificare la vendita di una buona fetta dell’oro della BNS, pretesa dalla casta parassita per arginare il debito pubblico di Confederazione e Cantoni, le solite speakers bamboccette della TV di Stato ripetevano in tutte le lingue nazionali, con sorrisini compiaciuti e rassicuranti, che si trattava della vendita dell’oro "in eccedenza" della BNS.
Ma "eccedenza" rispetto a che cosa? Nessuno l’ha mai spiegato: l’importante era trapanare la testa della gente fino al punto di convincerla che quella "roba gialla" giaceva ormai da troppo tempo nel fondo di qualche magazzino della BNS e tanto valeva venderla, prima che nessuno più la volesse.
La cosa deve aver fatto presa anche nella testa del buon Alfonso Tuor (al quale rimango nondimeno fedele nelle sue previsioni cassandriche) tant’è che nel suo editoriale del 16 gennaio 2008 sul Corriere del Ticino, a titolo "Il ritorno di fiamma del franco", Tuor sosteneva che "la legge impone alla Banca nazionale Svizzera che la quantità di franchi in circolazione non sia maggiore dell’oro di sua proprietà". Forse anche lui pensava in buona fede che l’oro venduto fosse davvero quello "in eccedenza".
Volli andare fino in fondo alla cosa: scrissi alla BNS, la quale deve sempre aver mal digerito l’imposizione di vendere oro estortagli dalla casta parassita, tant’è che in men che non si dica cosí mi rispose: "Egregio signor Cortonesi, in effetti, nell'articolo da lei menzionato, le affermazioni del signor Tuor sono errate. Dall’entrata in vigore della nuova legge sull’unità monetaria e i mezzi di pagamento (LUMP), il 1° maggio 2000, è stato definitivamente soppresso il vincolo del franco all'oro. In seguito alla soppressione del vincolo del franco all’oro, anche una serie di disposizioni della vecchia legge sulla Banca nazionale (vLBN) divennero caduche e non furono più riprese nel nuovo ordinamento dei biglietti di banca (art. 7–9 LUMP).
Si trattava essenzialmente della prescrizione sulla copertura aurea minima del 25% dei biglietti in circolazione (art. 19 vLNB) e delle disposizioni d’esecuzione relative all’obbligo del rimborso e alla parità aurea (art. 20–22 vLBN). Alla stessa data (1° maggio 2000), il Consiglio federale ha emanato un’ordinanza concernente l’abrogazione di atti normativi in materia monetaria che risalivano ancora al periodo della parità aurea: si trattava del decreto del Consiglio federale del 29 giugno 1954 concernente il corso legale dei biglietti di banca e la soppressione del loro rimborso in oro e del decreto del Consiglio federale del 9 maggio 1971 che stabilisce la parità aurea del franco (cfr. 9.1.3), decreti che in seguito all’entrata in vigore della LUMP sono divenuti caduchi. Anche l'oro detenuto dalla BNS è stato dunque "demonetizzato" ed è divenuto un attivo alla stregua di altri".
Dunque il franco svizzero è oggi una moneta di tipo "fiduciario", esattamente come tante altre. La fiducia che ne determina l’attuale apprezzamento si fonda su una "consuetudine storica", oggi rinverdita da gente "impanicata", ma che non ha più la solida base legale su cui si basava un tempo la parità aurea del franco svizzero. Né vale attribuire la sua forza al fatto che il debito pubblico svizzero ammonterebbe a "solo" il 40% del prodotto interno lordo, perché se, seguendo i nuovi criteri di valutazione del "debito di un paese", si somma ad esso anche il debito privato (rappresentato in Svizzera in grandissima parte da ipoteche), esso è praticamente allineato con quello di paesi che hanno un debito pubblico maggiore, ma un debito privato minore.
È vero, un debito ipotecario privato non è un debito per un acquisto ormai "disperso al vento", come i servizi finanziati dagli Stati attraverso le loro obbligazioni; dietro ogni ipoteca c’è un casa, cioè un bene reale, ma il "valore" di questo bene reale può subire anche un notevole deprezzamento, soprattutto quando viene meno la capacità finanziaria delle famiglie di pagare le rate del mutuo e il mercato viene inondato di case in vendita (USA docet). Proprio qualche giorno fa il Corriere del Ticino pubblicava questo articolo: "In Svizzera il basso livello dei tassi di interesse e la concorrenza tra le banche negli affari ipotecari celano rischi di una bolla immobiliare per i prossimi anni. Lo indica uno studio condotto dalla società di consulenza Fahrländer Partner e dall'istituto di ricerca BAK Basel. Negli ultimi anni, secondo lo studio, hanno ottenuto crediti ipotecari anche nuclei familiari che hanno a disposizione redditi e patrimoni relativamente bassi, scrivono in una nota diffusa nella giornata di ieri gli autori dell'analisi «Immoprog».
In precedenza invece gli istituti di credito attivi nel nostro Paese erano piuttosto restii nell'accordare prestiti a tali ceti. Se il costo delle ipoteche dovesse salire in modo sensibile, diverse famiglie potrebbero non essere in grado di pagare gli interessi, avvertono gli autori dello studio condotto dal centro di ricerche". Supponiamo pure che i tassi, come penso, rimangano bassi, perché alla fine la casta parassita sceglierà la via inflazionistica nel timore che quella deflazionistica la faccia pendere dalle forche che sarebbero tosto issate nelle pubbliche piazze, la domanda che si pone è questa: la "pesantezza" del franco svizzero sarà sostenibile a lungo?.
Uno studio condotto sulle PMI ha evidenziato una diminuzione dell’utile medio intorno al 20%, con eccellenze che denunciano una diminuzione di pochi punti percentuali fino a casi in cui la diminuzione dell’utile arriva al 60%. Quali ripercussioni avremo sulle capacità finanziarie di famiglie ipotecariamente indebitate (ma non solo) in caso di una riduzione dei salari o addirittura in presenza di licenziamenti? Davvero la BNS, qualora il pericolo si facesse evidente, non scenderebbe in campo per svalutare il franco? E non dovrebbe questo potenziale pericolo spingere gli investitori a puntare sull’oro anziché sul franco? Mi auguro che, passata l’isteria collettiva, coloro che, come pesci terrorizzati in una nassa, sono addirittura arrivati a comprare massicciamente yen, cioè la valuta di un paese da oltre un decennio in stand-by (il che è tutto dire), sappiano orientare i loro investimenti su beni reali e non su beni fiduciari, anche se va detto che l’oro, l’argento e il platino, da soli non basteranno a contenere tutto lo tsunami finanziario che si va profilando.
Quello che a me sembra stupefacente è il fatto che la classe politica continui a litigare e fare programmi senza dare alcun segnale evidente di aver recepito cosa stia realmente accadendo. Anche i mass media e la gente comune sembrano mille miglia lontani dal prendere seriamente coscienza del fatto che se non si risolve il problema monetario ogni programma politico, di destra come di sinistra, sarà irrealizzabile e che i rischi di un default del sistema si faranno ogni giorno più pesanti. Il problema delle monete false è oggi il vero problema: la mia impressione è che dalla degenerazione finanziaria indotta dalle monete di carta straccia non se ne possa più uscire, neppure se la virtù magicamente si imponesse e guidasse saggiamente l’azione dei governi, un pò come accade a chi decide di amministrarsi con sagacia solo quando è ormai sull’orlo del fallimento: non c’è più tempo, doveva pensarci prima.
Credo veramente che se energie devono essere spese esse non debbano essere orientate alla lotta politica senza quartiere, ma alla concordia civica, perché non sarà facile, l’uno contro l’altro armati, limitare i danni, prodotti da una generazione di politici illusionisti e demagoghi e di banchieri centrali falsari, le cui conseguenze ricadranno amaramente sulle spalle dei nostri figli e su quelle dei figli dei nostri figli. Quando ce ne renderanno conto dovremo loro spiegare come sia stato possibile che, nei fatti, i liberali abbiano potuto per tanti anni comportarsi da socialisti, coltivando i sogni impossibili che gli abbiamo poi fatto esplodere addosso.
Nasce 'Patria Montisferrati', la rubrica storica di Casale News. L'attenzione per la storia è inscindibile dalla tutela ambientale ...
Fonte: Casale News http://www.casalenews.it/index
Dalla prossima settimana un approfondimento a cura di Claudio Martinotti Doria sul Monferrato. Un lungo percorso attraverso i secoli
1 Ottobre 2010 – CASALE – Nasce la rubrica storica di Casale News. A partire dalla prossima settimana questo portale ospiterà ‘Patriă Montisferrati’ a cura di Claudio Martinotti Doria: uno sguardo profondo e attento sulla lunga storia del Monferrato (e non solo) di cui, purtroppo, gli stessi casalesi sanno poco o nulla. Insomma una rubrica che vuole essere un utile strumento di conoscenza per tutti – non solo per chi è già appassionato della materia – in quanto nessuna comunità può ignorare le proprie radici: anche e soprattutto quando si tratta di programmare il futuro.
“La storia non è affatto una disciplina statica – spiega Martinotti Doria –, opinione purtroppo ancora troppo diffusa (che giustifica il disinteresse alla lettura), ma è in continua evoluzione, grazie all'apporto di numerosi ricercatori che si dedicano a documenti non ancora esaminati, accedendo anche ad archivi privati in precedenza inaccessibili, o a quelli pubblici non facilmente accessibili, o a quelli degli enti religiosi...”
“Occorre precisare che non tutti sono accademici, anzi, la maggioranza ormai sono appassionati autodidatti, molto seri, competenti ed autorevoli, che dedicano il tempo libero o il periodo tanto atteso della pensione, per compiere ricerche storiche accurate e mirate … Personalmente non ho la presunzione di collocarmi tra costoro, di cui ho molta ammirazione, ma ne "sfrutto" con il massimo rispetto gli esiti, nel senso che leggo tutte le loro opere inerenti il Monferrato, quando riescono a pubblicarle (troppo volte rimangono inedite). E sono veramente molte, a significare la sempre maggiore attenzione nei confronti del Monferrato che si manifesta ormai a livello internazionale, non solo nel mondo accademico ma anche della fruizione turistica e residenziale di qualità”.
“La Storia è la culla della civiltà, non apprendere da essa, soprattutto a livello politico, provoca la perpetuazione di gravi errori di sottovalutazione e di scelta, spesso fatali. L'attenzione per la storia è inscindibile dalla tutela ambientale, in quanto se si perviene a conoscere ed ammirare il proprio passato non si può rimanere indifferenti al degrado ambientale, ed ogni cittadino di conseguenza si responsabilizza per la parte di sua competenza e possibilità nell'esercizio del diritto a preservare le vestigia del passato e l'ambiente di vita per le future generazioni…”
“Con questa rubrica speriamo di avvicinare un sempre maggiore numero di persone alla storia locale, nella sua accezione più ampia, facendo loro conoscere le proprie radici ed amare e socializzare il territorio che ci ospita e che abbiamo il dovere di preservare per le generazioni future, con tutti i suoi beni materiali ed immateriali”.
L’AUTORE
Claudio Martinotti Doria è considerato, nell'ambito della società civile, tra i più autorevoli monferrini impegnati nella promozione e valorizzazione del territorio, dal punto di vista storico culturale e turistico ambientale. Storiografo amatoriale e ricercatore di storia locale (non solo del Monferrato) è autore di diversi saggi, articoli, capitoli, monografie, ecc., inerenti la storia del Monferrato e le sue relazioni con altri territori, la presenza dei Templari e le Aree Protette nel Monferrato, e tanto altro ancora. È coordinatore dell'Accademia Ambientale del Monferrato, fondatore del Gruppo di Studi e Ricerche dei Templari in Monferrato, socio collaboratore di molteplici associazioni di volontariato locali e nazionali, culturali, storiche ed ambientali. Per approfondimenti visionate il suo blog: http://www.cavalieredimonferrato.it
Redazione On Line
Spostata subdolamente l'età pensionabile, qualcuno se n'è accorto?
Di Claudio Martinotti Doria
Non ci sono parole per definire quanto sta facendo questo Governo e Parlamento in termini di sperequazioni, discriminazioni, ingiustizie sociali, parassitismi estremi, volgarità, oscenità, indecenze, comportamenti inqualificabili, truffe legalizzate, ecc., tutto il peggio dell'assenza dello scibile umano e dell'etica, e dimostrazione dell'insipienza e dell'ignavia e del parassitismo al potere.
L'ultima porcata, un blitz estorsivo inqualificabile, un vero e proprio furto legalizzato ai danni dei diritti dei cittadini è stata una disposizione introdotta dalla cosiddetta manovra finanziaria, approvata lo scorso 30 luglio (proprio prima delle ferie italiche), che stabilisce che dal 1° gennaio 2011, i lavoratori dipendenti conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico di anzianità e vecchiaia dopo 12 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti anagrafici e contributivi. Per i lavoratori autonomi, la decorrenza è prevista dopo 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti. La norma non riguarda i lavoratori che maturano i requisiti entro dicembre 2010.
Quindi hanno discriminato anagraficamente tra chi potrà andare in pensione a 60 o 65 anni e chi dopo un anno o un anno e mezzo, senza alcuna riforma del sistema pensionistico condivisa collettivamente, come si dovrebbe fare in uno stato di diritto e democratico. Un atto arbitrario di forza becera e autoritarismo, insinuata insidiosamente e con sotterfugi, mentre mediaticamente si continua a cazzeggiare per disorientare le masse intrattenendole su altro, su argomenti fuori della realtà e del vissuto quotidiano delle masse.
Se l'italiano medio non ha più moti di repulsione, di dignità, di protesta, di libertà, ecc., significa che purtroppo si merita di essere trattato e sfruttato in questo modo indecente da questi personaggi indecenti.
L'unica speranza per noi a questo punto è la catastrofe prossima ventura che avverrà, cioè il Crack up Boom previsto dalla Scuola Economica Austriaca, il collasso dell'economia finanziaria basata sulla moneta disonesta (di carta) stampata in quantità stratosferiche dalle banche centrali. I segnali che ne preannunciano l'imminenza, ci sono tutti, per chi sa osservare.
Ci sarà un crollo dei valori immobiliari ed un fallimento a catena delle banche, per far fronte alle quali i nostri governanti incompetenti ed al servizio di interessi altri da noi, non potranno fare altro che continuare nella connivenza con i banchieri ed aumentare ancora di più la stampa di denaro di carta, che varrà sempre meno ed inflazionerà i mercati e depaupererà sempre più i patrimoni ed i risparmi delle famiglie e delle aziende, fino all'iperinflazione. A quel punto andare o non andare in pensione a 60 anni sarà il minore dei problemi …
Ma mi rendo conto che sto parlando di temi che esulano troppo dal cazzeggio mediatico quotidiano e quindi non credo possano destare qualche interesse. Ci risentiremo poi quando il Crack up Boom si manifesterà nel pieno del suo vigore devastante e tanti di questi yes man e cortigiani a tutti i livelli burocratici, mediatici e politici, saranno spazzati via dalle vicissitudini contingenti, e la gente incazzata e disperata e privata ormai di tutte le loro risorse, si riverserà per le strade alla ricerca di qualche capro espiatorio …