Le fusioni tra
comuni per far fronte al declino delle località di provincia emarginate,
frazionate e disperse
Una proposta per il
Monferrato di area casalese
di
Claudio Martinotti Doria
La
cartina mostra i comuni che gravitano su Casale Monferrato e costituiscono il
Monferrato “casalese”, nella cartina ne mancano alcuni della Lomellina,
Vercellese ed Astigiano
Da parecchi anni sono testimone, non solo individualmente, del
declino del territorio che per secoli è stato un importante ed influente stato
preunitario e che oggi viene considerata una “regione storica” denominata Monferrato,
in particolare nell’area “casalese”, quella che fa riferimento alla città
di Casale
Monferrato, divenuta a partire dal 1435 d.c. l’unica capitale
del Marchesato di Monferrato, e del suo territorio di influenza che coinvolge
una cinquantina di comuni, localizzati prevalentemente nel nord
dell’alessandrino con limitate estensioni nell’astigiano e nel vercellese e
pavese.
Le riflessioni che farò ritengo siano applicabili in molte altre
località di provincia.
Il problema di fondo socioculturale che caratterizza in
particolare l’area casalese, ma è analogo a molte altre zone italiche, è
l’eccesso di servilismo e la mancanza di attributi. E’ il motivo per cui sono
sempre stato considerato con diffidenza, pregiudizio ed ostilità, dalla
politica partitocratica clientelare, perché nel corso della mia esistenza non
ho mai esitato ad assumere atteggiamenti critici, sia a voce che per iscritto
(cosa ancor più grave ed indisponente), nei confronti di qualunque autorità
istituzionale locale avessi da affrontare che stesse cazzeggiando,
temporeggiando, bluffando o mistificando.
Come ben sapete, sono pochi coloro che accettano le critiche,
ancor meno coloro che le apprezzano, ecco perché l’Italia è divenuto un paese
di yesman e quaquaraquà ed è ridotto in stato fallimentare. Persone come me
sono sempre state emarginate perché ritenute pericolose per l’establishment, in
quanto preferiscono vivere libere ed indigenti piuttosto che da servi o peggio
ancora da schiavi di lusso (meno che mai per sottomissione spontanea con catene
invisibili).
Fatte queste brevi premesse, consapevole che con gli attuali
presupposti è da ingenui porsi alcuna aspettativa e prospettiva
favorevole, perso
per perso, tanto vale avanzare una proposta importante e
lungimirante, seppur difficilissima da realizzare, come quella che in seguito
esporrò, nella quale concentrare tutte le forze assumendo posizioni forti e di
primo acchito certamente non popolari, nella quale si sia disposti a dare “calci nelle palle” a
chi lo merita, dichiarando apertamente che i tanti (troppi) sindaci “caporali”
(alla Totò per intenderci) o “blagheur”, devono “andarsene a quel paese” (nel senso
metaforico, l’importante è che abbandonino quello reale), rinuncino cioè alla
loro carica istituzionale per costituire e confluire in un comune unico che
rappresenti l’intero Monferrato di area casalese.
Castello di Casale Monferrato
risalente alla metà del XIV, nel quale nel 1435 si è insediata definitivamente
la Corte Marchionale del Marchesato di Monferrato, in precedenza la Corte
Marchionale era itinerante
Le identità dei singoli borghi con la loro storia plurisecolare
(genius loci) si potranno mantenere con i Municipi e con i loro
rappresentanti che dovrebbero ispirarsi ai Consoli medievali,
quando esistevano le Magnifiche
Comunità Locali, che venivano eletti per meriti e qualifiche
dai notabili e dai rappresentanti delle varie corporazioni di arti e mestieri e
non per motivi politici partitici o per interessi di parte, e se non facevano
quello che ci si aspettava venivano sostituiti e comunque avevano una rotazione
frequente.
Troppi sindaci tra quelli attuali, che amministrano borghi di
poche centinaia di abitanti (a volte poche decine), hanno una visione che è
fissa all’ombelico, qualcuno arriva alla punta del proprio naso, altri si
specchiano per rimirare il proprio Ego, pochi hanno veramente a cuore le sorti
della loro comunità e del territorio ed alzano lo sguardo oltre l’orizzonte. E’
anche una questione probabilistica, nel senso che è difficile in una piccola
comunità trovare qualcuno disposto a fare il sindaco e che per dipiù sia pure
dotato di qualche talento e non sia motivato solo da carrierismo politico e/o
ricerca di visibilità.
Ecco perché è giunto il tempo di parlar chiaro e non di mediare
servilmente ed ossequiosamente, occorre dire loro quello che si pensa, gli
attuali sindaci di piccole comunità devono fare un passo indietro
soggettivamente per favorire il territorio, probabilmente non lo faranno mai
per autocoscienza evolutiva, ecco perché occorre pervenire a linguaggi critici
anche forti, i soli che potrebbero smuoverli, facendo alzar loro lo sguardo con
un minimo di lungimiranza …
Tra l’altro pochi ancora ci hanno pensato, perché vedono solo i
soldi in arrivo, cioè i lauti contributi previsti per le fusioni tra comuni, ma
se si crea un grande comune unico per un intero territorio omogeneo, tutti
avranno il diritto di votare alle elezioni amministrative e quindi anche le
liste civiche (vere) potranno avere maggior voce in capitolo rispetto alle
solite fazioni politiche ormai sputtanate più o meno ovunque, ai minimi storici
come credibilità.
Castello di Moncalvo risalente alla
prima metà del XIV secolo che è stata una delle principali Sedi Marchionali del
Monferrato
Ho citato spesso in passato la nostra area provinciale (Monferrato
“casalese”) come culturalmente retrograda e con gravi problemi sociali e
politici che non sto ad elencare ma che la penalizzano gravemente, rispetto a
moltissime altre località e regioni del Centro e Nord Italia, molto più
dinamiche, attive e lungimiranti. I dati che mi accingo a pubblicare ne sono
l’ennesima dimostrazione.
L’Emilia Romagna ha meno di 340 comuni eppure le loro
amministrazioni locali sono all’avanguardia nello sfruttare l’opportunità di
fondere i comuni per razionalizzare i servizi e ricevere i previsti
cospicui contributi statali e regionali. Lo stanno facendo anche le località
vallive appenniniche molto isolate e pertanto non è una questione di
radicamento culturale alle proprie identità localistiche, che sono gli alibi
cui si ricorre da noi per non fare nulla, per non compiere mai il primo passo,
per rimanere nello status quo campanilistico, per attendere fino all’ultimo
l’inevitabile, per poi essere costretti a far scelte per costrizione e farle
male.
Se anche in Piemonte ci si muovesse come in Emilia Romagna, ed i
suoi amministratori locali dovrebbero essere molto più motivati a farlo coi
suoi 1200 comuni (alcuni con poche decine di abitanti, molti con poche
centinaia), sarebbe anche la regione che maggiormente ne beneficerebbe
finanziariamente, socialmente, culturalmente, turisticamente, economicamente,
ecc., perché avvierebbe un processo virtuoso, valorizzando il lavoro di squadra
anziché le separazioni e gli anacronistici ed aridi campanilismi che la
caratterizzano da troppo tempo rendendola sempre più vulnerabile.
Facciamo qualche esempio di quello che avviene in Emilia Romagna
dove sono in corso diverse fusioni tra comuni.
La fusione tra Mirabello e Sant'Agostino in provincia di Ferrara
(creerà un comune di 10.250 abitanti) riceverà nel corso dei prossimi anni un
contributo statale e regionale complessivo di circa 11 milioni di euro, quella
tra Bettola, Farini e Ferriere in provincia di Piacenza (circa 5500 abitanti
complessivi) riceverà un contributo leggermente superiore (non conosco la legge
nel dettaglio ma il contributo dovrebbe favorire soprattutto le fusioni tra
piccoli comuni).
Tra le altre fusioni “emiliane” che non sto a citare, c’è ne una
interessante tra tre comuni delle dimensioni che da noi in Monferrato avrebbero
pressappoco Moncalvo, Trino e Pontestura (circa 13 mila abitanti complessivi),
località nostrane che non sto citando a caso, in quanto tutte e tre sono state
Sedi Marchionali (ospitavano nei loro castelli o palazzi la Corte del Marchese
di Monferrato nel corso dell’anno) e gravitano nell’area territoriale di
influenza della Capitale Casale Monferrato. Ebbene questi tre comuni emiliani
che hanno deciso di fondersi, tra contributi regionali e statali riceveranno 14
milioni di euro nei prossimi dieci anni.
In questi tempi di crisi e soprattutto di tagli, è una manna
caduta dal cielo, in quanto sono contributi extra, che non ne sostituiscono
altri ma si aggiungono come fosse una vincita o un lascito ricevuto e che
pertanto potranno andare a totale beneficio della comunità e del territorio.
Abbazia cistercense di Lucedio (Trino)
risalente alla prima metà del XIII secolo, dove sono sepolti alcuni marchesi
del Monferrato
Da moltissimi anni propongo di costituire una Fondazione per la
Comunità Locale del Monferrato (cioè una Fondazione Territoriale) e/o un Distretto
Turistico del Monferrato, ovviamente partendo dal casalese e quindi mi
sembra un naturale proseguimento propositivo pervenire a consigliare di
approfittare di questa opportunità legislativa. La possibilità delle fusioni è
storia vecchia ma è da poco che gli incentivi sono stati elevati e si cumulano
tra statali e regionali, c’è quindi questa possibilità di ricevere
notevolissimi finanziamenti per la fusione di comuni (che durano per ben
dieci/quindici anni e consentirebbero di fare importanti investimenti
territoriali), perché a questo punto non costituire un comune unico che
rappresenti il Monferrato di area casalese?
Coi suoi 65/70 mila abitanti questo nuovo ente locale, oltre
all’aspetto finanziario la cui importanza per l’intero territorio sarebbe
palese, consentirebbe di disporre anche di una forza demografica, identitaria e
rappresentativa forte, dal punto di vista politico, storico e culturale (oltre
all’unica Capitale Storica del Marchesato di Monferrato avremmo anche diverse
Sedi Marchionali), che potrebbe finalmente fornire quella spinta propulsiva che
finora è sempre mancata, nel fare in modo che Casale e tutti i comuni
dell’area, geograficamente e culturalmente omogenea, possano finalmente riappropriarsi
della loro identità storica e culturale e riproporre il “marchio” turistico e
territoriale del Monferrato, allargabile poi a quello Storico.
Se non lo fa Casale ed il suo territorio, nessun altro lo farà
correttamente (intendo il rappresentare il Monferrato) ma semmai solo per
motivi di prosaico interesse speculativo, commerciale e localistico, senza un
reale legame solidaristico ed identitario con le sue genti. Inoltre più si
attende e più si corre il rischio di essere costretti a fondersi per legge, e
quando avverrà probabilmente non ci saranno più gli attuali incentivi, tolti
del tutto per imposizione autoritaria legittimata dalla crisi.
Se continuiamo a temporeggiare finirà che non ci rimarrà nulla, ci
verrà sottratto tutto, identità, dignità, storia, servizi, ecc. e ci verrà
imposto quello che non vorremmo, e potremo solo piangerci addosso.
Gli amministratori locali dovrebbero ormai aver capito che lo
Stato accentratore costituisce il problema e non la soluzione, che il
parassitismo politico italico è inarrestabile e solo una maggiore autonomia
locale potrà porvi dei limiti, intensificando la capacità di
auto-organizzazione solidaristica e cooperativistica delle comunità locali.
Ozzano Monferrato, 27 febbraio
2016
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