Morire bisogna ma in buona salute è meglio …
Secondo alcuni dietologi televisivi, come ad esempio il dr. Del Toma di Rai 1, “non bisogna criminalizzare l’attuale sistema di vita perché tutto dipende dalle quantità che se assunte con moderazione non causano malattie mortali”. Ma uno studio recente su un quarto di 4500 anziani è stata riconosciuta la diagnosi di malnutrizione (Farma Magazine 1/16), dimostra che la popolazione sta tutt’altro che in buona salute.
Molto probabilmente (a parte l’aspetto etico) e a parte quanto affermato ultimamente dall’OMS in merito alla dannosità della carne indipendentemente dai quantitativi, consumare 2-3 uova a settimana, o bere 2 caffè al giorno, una porzione di pollo, o di pesce, o di formaggio, o degli insaccati, o una frittura, o bere due bicchieri di vino, o una coca cola e, magari fumare una sigaretta dopo i pasti (come prevede il dr. Del Toma), non determina gravi patologie; ma dimentica di dire “a condizione che uno abbia una vita sana e che consumi solo quello”; succede invece che chi vive e si alimenta in modo convenzionale consumi tutto questo nella stessa giornata ed è non solo il singolo componente, di per se stesso dannoso, ma la sommatoria delle stesse, l’effetto sinergico, l’interazione, l’accumulo a causare problemi di salute. E cita anche Churchill che pur fumando molti sigari è vissuto fino a tarda età; dimenticando che l’eccezione non è la norma e che una persona normale in pochi giorni finirebbe in sala di rianimazione.
Ed è pretestuoso il fatto che tutto dipende dall’inquinamento dal momento che le morti per inquinamento ogni anno in Italia sono circa 34.000 ben lontano dei 230.000 morti per problemi legati all’alimentazione.
L’attuale popolazione occidentale, e non solo, è la più malaticcia di tutte le generazioni precedenti: non c’è malattia che non sia in preoccupante aumento; non solo emergono malattie finora sconosciute ma si manifestano in età sempre minore al punto che alcuni bambini ne sono colpiti fin dai primi anni di vita: è sufficiente entrare in un ospedale, una clinica, un laboratorio, una farmacia per rendersi conto dello stato di malessere generale della popolazione dove una enorme e dolorante massa si riversa ogni giorno in cerca di terapie. E tutto questo è attribuibile al fatto che usa mangiare “un po’ di tutto”, secondo quanto consigliato dai nutrizionisti televisivi. Ma la salute è come la coscienza: tiene conto di tutto.
A mano a mano che nel corso del tempo la popolazione ha adottato l’alimentazione industrializzata sono aumentate le patologie di derivazione alimentare. Nel 1856 i malati di cancro erano 18/100.000, nel 1922 erano 1.200/100.000. Nel 1900 moriva di cancro una persona su 30, oggi ne muore una su 3 e le proiezioni dell’OMS dicono che le morti per cancro raddoppieranno entro il 2050. Come è strumentale attribuire l’incremento del cancro all’aumento della vita media, non solo perché dovremmo morire di vecchiaia non di tumore, ma bisognerebbe avere le medesime condizioni di vita tra le popolazioni passate e le attuali che se avessero avuto il nostro stesso benessere, le medesime possibilità e l’immenso apparato sanitario sicuramente sarebbero vissute più a lungo delle attuali. Mentre oggi un individuo passa gli ultimi 20 anni della sua esistenza cercando di curarsi, e succede che all’inquinamento generale associ il danno collaterale dei farmaci.
Non vi è patologia che non sia in aumento, specialmente le cronico-degenerative: le statistiche dicono che ogni 8 donne una si ammalerà di un tumore alla mammella, e una ogni 36 svilupperà un tumore al polmone, 1 uomo ogni 7 un tumore della prostata, un uomo su 10 e una donna su 17, un tumore del colon-retto.
I nuovi casi di tumore aumentano costantemente dagli ultimi 50 anni ad oggi a livelli da epidemia, basta confrontare i dati degli anni Ottanta con quelli più recenti: i linfomi e leucemie sono passati dal 15 al 20%; i mesoteliomi a più 37% nelle donne e più 10% negli uomini; i tumori della mammella a più 27%; il cervello tra l’8 e il 10% in più; il fegato tra il 14-20%. E se se si guarda ai bambini la situazione è drammatica. La percentuale è maggiore in quelle zone più inquinate dove si consumano più prodotti industriali e di derivazione animale. E questo non può essere attribuibile solo agli inquinanti che entrano nella nostra catena alimentare, ma soprattutto a causa dei prodotti animali che assommano e concentrano gli effetti nocivi in misura enormemente superiore rispetto ai vegetali.
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