DI MATTEO BERINGHI
E’ impressionante il numero di persone verso cui nutro una
stima incredibile che se ne sono già andate o si stanno organizzando per
andarsene dall’Italia.
Amici universitari e d’infanzia hanno fatto già i bagagli da
tempo e sono contentissimi della loro scelta: per loro l’Italia è oramai
soltanto un posto di vacanza.
A questi si aggiungono altre persone conosciute nella vita
professionale e privata.
Della perdita di competenze ed intelligenza ci si preoccupa
poco.
Tempo fa (anno 2009 circa) parlavo con un ex collega il quale
sosteneva che la crisi finanziaria è comunque una cosa gestibile, poiché chi ha
in mano le leve del comando opererà tutti i taroccamenti possibili, aiutato
inoltre dal lato immateriale della materia in oggetto.
La vera crisi, sosteneva, è quella legata alla perdita di
competenze, al tessuto produttivo vero e creativo che viene ostacolato,
bloccato, immobilizzato da una burocrazia sempre più viscosa, organizzata in
modo da far sprecare inutilmente un sacco di energie ed avere illusoriamente
tutto sotto controllo.
Il pensiero appena espresso, che condivido, è quello che è
successo o sta succedendo. Governanti od aspiranti tali stanno gestendo la crisi
soltanto dal punto di vista finanziario, poiché per loro è quello il problema
numero uno.
Come viene gestita? Sostanzialmente è una gestione taroccata,
condotta sul lato della percezione del problema:
- negare sempre la situazione attuale ed annunciare che il
peggio sta per finire
- sovvenzionare aziende o modelli di business (ovviamente
legati al proprio entourage di amici e clientele) che dovrebbero già essere
estinti
- rischiare la distruzione della moneta pur di non aumentare i
tassi di interesse (il cui aumento spazzerebbe via aziende e addirittura Stati
interi, ingozzati di debiti)
Nel frattempo aziende e imprenditori fanno le valigie e portano
altrove la propria conoscenza organizzativa e creativa (la quale necessita
comunque di tempo per riadattarsi al nuovo territorio).
I politicanti ed i burocrati hanno la convinzione che risolto
il lato finanziario (sono convinti della riuscita dei taroccamenti), basti una
leggina per fare ritornare le aziende e renderle produttive dal giorno dopo.
Non avendo per la maggior parte mai avuto altre esperienze
fuori dal mondo della pubblica amministrazione, ignorano del tutto il processo
cognitivo legato all’organizzazione di un’impresa come ad esempio la scelta
delle persone idonee e competenti da assumere (che necessitano di tempo per
apprendere e diventare produttive).
Un’azienda che se ne va, non torna domani mattina e qualora in
futuro tornasse non troverebbe le stesse condizioni di conoscenza che ha
lasciato (le persone che vi lavoravano si devono riadattare, cambiare per un
analogo posto o acquisire altre competenze). La perdita di conoscenza non viene
recuperata in tempi brevi. E sicuramente non viene ripristinata senza parecchio
sacrificio/investimento di tempo e senza una buona dose di
tenacia/dedizione.
E qua veniamo al secondo punto che io reputo molto importante:
l’etica del lavoro delle persone.
Decenni di espansione continua dello Stato hanno creato e
stanno creando un esercito di persone con un’etica del lavoro molto più blanda e
fiacca rispetto al passato.
L’ex collega di cui parlavo all’inizio è un perito che si è
fatto il culo negli anni ’70, ha sviluppato delle competenze incredibili nel suo
campo, ha aperto diverse società ed è titolare di diversi brevetti
internazionali. Ha una grinta incredibile, trasmette energia ed adora il suo
lavoro, non guarda l’orologio per vedere se è ora di andare a casa. Prima
finisce poi se ne va. Molto disponibile a spiegarti le cose e a condividere la
propria conoscenza. Non ha invidia verso altri, in poche parole si sente
realizzato.
Rimango spesso colpito invece dall’opposto di queste qualità
che vedo in parecchie persone (soprattutto giovani):
- scarsità di
dedizione
- pretesa di diritti senza
avere fatto nulla
- saccenza e super-ego al
massimo, mancanza di umiltà (“io ho studiato, sicuramente valgo più di quello
che non ha il titolo di studio”, confondono la qualifica con la
competenza)
- mancanza di conoscenze di
base elementari (“l’ho studiato a scuola, ma adesso non me lo ricordo. Vado su
Google a vederlo.”)
- poca propensione al
sacrificio, divertimento al primo posto
L’etica del lavoro non è
minimamente paragonabile a quella di qualche decennio fa. Cosa è
cambiato?
Lo Stato e tutti i sociopatici che conquistano le istituzioni
hanno nel profondo del loro cuore un desiderio di controllo che li consuma.
Odiano il fatto che le persone siano dotate di libero arbitrio e possano
scegliere col proprio cervello cosa fare nella propria vita.
Per cui si sono organizzati per colpire il cervello delle
persone e riempirglielo di idiozie.
Tramite la scuola pubblica hanno attuato una strategia
dell’ignoranza, uno svuotamento della cultura e delle conoscenze di base,
ottenuto tramite proliferazione di titoli di studio farlocco fatti di abbondante
nozionismo e di poca conoscenza pratica. Aggiungiamo a questo una continua
predicazione di buonismo di Stato, di solidarismo coi soldi altrui.
Et voilà hai ottenuto un prototipo di persona molto legata alle
istituzioni ed amante della pianificazione dall’alto.
Se a questo sommiamo il fatto che il modello di successo
continuamente propinato da televisione e giornali è un mix di gioventù,
ricchezza, tempo libero e voglia di divertimento e di viaggi, ma chi glielo fa
fare ad un giovane di sacrificarsi per formarsi una professionalità che
gradualmente col tempo lo renderà competente e ricercato? Meglio tirare a
campare cercando di infiltrarsi nello stato e sperare di ottenere a sbafo un po’
di grasso che cola (per la verità sempre meno) o ambire ad una fortuita svolta
nella propria vita (lotto, superenalotto, macchinette, scommesse online, ci sarà
pure un perché lo Stato continua a fare pubblicità a queste forme di
auto-tassazione?)
Riporto un passo tratto dal libro “Inflazione Malattia
Primaria” di Andrea De Marchi edito da
Usemlab:
“No, questa crisi pur essendo dello stesso tipo, non è come
quella del ’29. E’ peggio! E peggio sarà la Depressione a seguire. Ma non solo
per la maggior dimensione del guaio combinato dagli Inflazionisti: a parte la
zavorra di parassiti, tromboni, cortigiane, imbroglioni, nani e burattini che
oggi grava sul sistema, è proprio la grinta che manca nella gente, la
disponibilità a tirarsi su le maniche e tornare a lavorare. Non è solo un problema di errori
madornali di politici presuntuosi e ignoranti, che non conoscono la Storia. La
gente di oggi non ha neanche idea della grinta degli operai di allora e della
loro voglia di lavorare.“
Tirando le conclusioni:
- la crisi finanziaria è soltanto un aspetto (e a mio avviso
neppure il più importante) di un problema di più vaste dimensioni
- la maggior parte delle persone neppure percepisce il
problema, quello che l’hanno percepito, stanno facendo i bagagli (non che
all’estero sia tutto rose e fiori, ma una cosa è certa, gli Stati tendono a
considerare i propri cittadini come una loro proprietà. Spesso invece all’estero
si è considerati come una risorsa e non una proprietà, come portatori di idee
nuove).
- l’etica del lavoro viene e verrà sempre più distrutta: allo
Stato non interessa avere persone autonome e pensanti, ma dei droidi da
comandare. Le persone libere ed intelligenti mettono a repentaglio la struttura
di potere esistente (“Senti cerebroleso, mi sembra che sei un po’ un
deficiente nel continuare a rifare gli stessi errori, facciamo che provo io a
governare e a cambiare? Anzi, meglio ancora, facciamo che smetti di fare leggi
idiote che mi rompono continuamente i coglioni e mi fanno perdere un sacco di
tempo della mia preziosa vita?”)
- la distruzione dell’etica del lavoro porta alla diminuzione
della creazione della ricchezza. Anche per gli Stati saranno guai seri. Per la
serie ci sono sempre delle
conseguenze inattese.
- il processo è lento e la massa critica coinvolta (decenni di
formazione culturale) è tale per cui i tempi di reazione per ottenere un cambio
di direzione saranno semmai molto lunghi, scordatevi la leggina fatta
dell’Illuminato di turno che sistema subito i problemi.
La vera crisi
addavenì.
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