L’industria della paura
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Ho trascorso qualche ora in rete a leggere i commenti ai nostri ultimi articoli. E, pur non avendo mai mitizzato il “popolo del web”, mi sono un po’ spaventato. Non per il caos creativo uscito dalle urne, che contiene pericoli ma anche grandi opportunità per chi vuole raccogliere la sfida di incanalare questa rabbia positiva verso un vero cambiamento. Ma per la paura di cambiare che vedo in molti lettori, compresi paradossalmente quelli che han votato per cambiare.
C’è chi continua a ripetere la frottola della rimonta di B. e addirittura ad attribuirla alla famosa puntata di Servizio Pubblico, come se il centrodestra avesse preso il 29% dei voti perché B. ha spolverato una sedia. Fermo restando che nessun programma ha mai detto in faccia a B. tutto quel che gli abbiamo detto noi (rivedere la puntata, prego), la venuta di B. da Santoro non ha gli ha portato voti: l’unico balzo in avanti (2-3 punti) s’è registrato dopo la promessa di restituire l’Imu. Un mese prima del voto l’Unità pubblicò un sondaggio che dava il Pdl al 20% e i suoi alleati all’8, staccati di 10 punti da Pd-Sel. È la conferma che non è stato B. a recuperare, ma il centrosinistra a franare con la campagna elettorale più suicida della storia.
Una campagna che abbiamo criticato subito, quando c’era ancora tempo per raddrizzarla, ovviamente inascoltati. Altri accusano il Fatto di aver sottratto al centrosinistra i 2 punti di Ingroia: ma sarebbe bastato accettare l’apparentamento con Rc per evitare il quasi-pareggio incamerando quei 2 punti preziosi (che sarebbero stati di più se il centrosinistra non avesse demonizzato Ingroia e Di Pietro, regalando altri voti a Grillo). Altri ancora ci attribuiscono il successo di Grillo, e verrebbe quasi da dire: magari un piccolo giornale fosse capace di tanto! In realtà M5S è una marea che monta spontaneamente e irresistibilmente da sei anni, e il nostro unico torto è stato di notarla e segnalarla a chi fingeva di non vederla o, peggio, non la vedeva proprio.
Chi ci legge ogni giorno sa bene che abbiamo elogiato molti aspetti di M5S perché coincidono con le nostre idee, e ne abbiamo criticati altri che ci paiono assurdi e sbagliati. Tralascio le dietrologie canagliesche di chi insinua inesistenti rapporti societari fra Casaleggio e uno dei nostri azionisti, Chiarelettere. Il tutto per non ammettere che, come ai tempi degli inciuci del centrosinistra con B. e al momento della nascita del governo Monti, leggiamo la politica con occhi liberi e vediamo le cose un po’ prima di altri, con buona pace di chi tenta di iscriverci d’ufficio a questo o quel partito, non riuscendo a immaginare un’oasi di informazione indipendente da tutto e da tutti.
Ma non dalla memoria della storia recente. Che, a volerla ricordare, ha molto da insegnarci.
Il vuoto politico uscito dalle urne deve spaventare gli eterni gattopardi dei partiti, dei giornalisti e delle clientele aggreppiate e assistite. Ma non può spaventare le menti libere. È una sfida appassionante, l’ultima occasione per costringere la politica e quindi la società a rigenerarsi dalle fondamenta. Non grazie ai Vaffa di Grillo, che appartengono alla pars destruens. Ma grazie ai milioni di cittadini che hanno votato 5 Stelle e ai pochi che hanno scelto Rc, ma anche a molti elettori del Pd, di Sel e perfino a qualcuno che ha votato Monti, o il fu Giannino, o la Meloni. E che oggi, messi intorno a un tavolo, si ritroverebbero subito d’accordo su un programma di governo che tolga i soldi pubblici a partiti, giornali, imprese, opere inutili, banche, guerre, scuole e cliniche private, e faccia pagare la crisi ai ladri, agli evasori, ai corrotti, ai parassiti e ai mafiosi anziché agli onesti.
Se non nascerà domani, questo governo arriverà magari fra qualche mese, dopo un altro passaggio elettorale. Ma solo se continueremo a chiederlo con parole e menti aperte al nuovo. Senza farci spaventare da chi, sulla paura, campa da una vita.
Il Fatto Quotidiano, 3 Marzo 2013
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