Benvenuti nel Blog di Claudio Martinotti Doria, blogger dal 1996
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis
"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")
"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto." (Dalai Lama)
"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")
"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi
L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)
Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)
Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )
La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria
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Come valorizzare il Monferrato Storico
… La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.
Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …
Allarme crisi: si impennano i suicidi e i malati, solo in Italia nove milioni di persone non si curano più, trascurando soprattutto i denti. La Grecia ha fatto da laboratorio
di REDAZIONE
Più suicidi, più malattie mentali e infettive, e tutta una serie di effetti ancora da valutare ma che diventeranno chiari nei prossimi anni. Le ‘cure da cavallo’ (causate dagli sprechi e dalla malagestone politica e statale) imposte a diversi paesi europei dalla crisi hanno avuto e stanno avendo effetti devastanti sulla salute dei cittadini. Come sottolinea uno speciale pubblicato dalla rivista Lancet sulla salute dell’Europa, la Grecia sembra essere il paese più colpito, ma tutto il continente, con poche lodevoli eccezioni, sta subendo gli effetti dei tagli. “Le misure non hanno risolto i problemi economici – anche perchè solo di faccata – e hanno creato grandi problemi sanitari – scrive Martin McKee della London School of Hygiene – non è solo la disoccupazione a peggiorare la salute, ma anche l’insostenibilità del sistema di welfare. Le persone hanno bisogno di sperare che i governi li aiuteranno nel momento del bisogno”. Secondo le cifre riportate il tasso dei suicidi nei 15 paesi che facevano parte dell’Ue prima del 2004, che stava calando, dal 2008 in poi ha ricominciato a salire, e ora è del 20% più alto rispetto al minimo toccato nel 2007. L’andamento è simile anche in Italia, dove da 2828 casi del 2008 si è arrivati a 3028 nel 2010.
Nei paesi più colpiti dalla crisi il tributo è più alto, con ad esempio un 40% in più in Grecia, ma anche in Inghilterra si stima che siano almeno mille le vittime della crisi dal 2008 al 2010. Proprio la Grecia è indicata dagli esperti come il paese ‘laboratorio’, dove gli effetti sulla salute si sono visti prima rispetto agli altri. Nel paese si segnala un forte aumento dei casi di Aids, dovuto allo stop ai programmi di fornitura di siringhe, ma anche l’arrivo di malattie come malaria, dengue e tbc che ‘approfittano’ della carenza di risorse sanitarie. Secondo i ricercatori la reazione alla crisi poteva essere diversa: “Nonostante le perdite massicce nel sistema bancario, l’Islanda ha rifiutato le misure prescritte dal Fondo Monetario Internazionale – scrivono – in questo paese la popolazione è addirittura più sana rispetto a prima della crisi, probabilmente perché le grandi catene di cibo spazzatura se ne sono andate a causa degli alti costi del cibo”. Secondo gli esperti è ancora presto per valutare pienamente gli effetti della crisi sulla salute, e quelle descritte sono solo le prime avvisaglie: “Al momento solo i primissimi effetti della crisi sono evidenti – sottolineano – molti paesi europei hanno avuto recessioni prolungate, e tagli alle spese per la salute che probabilmente colpiranno i servizi nei prossimi anni. Quindi le esatte dimensioni delle conseguenze diventeranno chiare solo nei prossimi anni”.
IN ITALIA GIA’ IN 9 MILIONI NON SI CURANO PIU’ – Anche in Italia gli effetti della crisi sulla salute – e di un sistema sanitario sprecone e fallacie – iniziano ad essere evidenti, con nove milioni di persone che stanno rinunciando a curarsi per mancanza di risorse (ma non era gratuita la sanità?). Lo sottolinea Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute dell’Università Cattolica di Roma, secondo cui il nostro paese non ha messo in campo le iniziative possibili per limitare il problema. “Nel nostro paese ormai nove milioni di persone ha rinunciato a curare disturbi di piccola e media entità – spiega l’esperto commentando lo speciale della rivista Lancet sulla salute in Europa ai tempi della crisi – o per le liste d’attesa troppo lunghe, o perché non riesce a pagare le terapie.
Un esempio lampante viene dalle cure dentali, con un aumento delle persone che perdono i denti e non li sostituiscono, anche perché l’odontoiatria in Italia è quasi esclusivamente privata”. Secondo il rapporto annuale stilato dall’osservatorio dall’inizio della crisi è aumentato l’utilizzo di farmaci antidepressivi (da 8,18 dosi giornaliere per 1000 abitanti nel 2000 a 35,72 nel 2010), sintomo della ricerca di una ‘cura rapida’ al senso di malessere, ma anche gli stili di vita stanno peggiorando, con una diminuzione nel consumo di frutta e verdura a favore di cibi più economici e calorici e la rinuncia all’attività fisica per risparmiare. In aumento, segnala l’Istat, sono anche i suicidi, che seguono la tendenza europea. Se nel 2008 i casi erano 2.828, due anni più tardi sono saliti a 3.048. Agli effetti diretti sulle persone si aggiungono quelli dei tagli ai servizi sanitari: “Un esempio di questo si può vedere nelle statistiche sui tumori della mammella – sottolinea Ricciardi – al Sud c’é la metà dei casi ma lo stesso numero di morti. Questo perché mancano i servizi di screening, e quindi le diagnosi vengono fatte quando il cancro é in stadio avanzato”. Molti altri paesi, spiega Ricciardi, sono riusciti a limitare i danni con alcuni provvedimenti: “Ci sono cinque o sei cose che si possono fare – afferma – dall’aumento della prevenzione, in cui l’Italia è ultima in Europa per spesa rispetto al Pil, alla modulazione delle prestazioni in base alle esigenze del territorio, all’integrazione tra i servizi sociali e quelli sanitari, per impedire che prestazioni sociali vengano erogate a costi più alti dal Ssn. Da noi si è limitati ai tagli”.
Partitocrazia fa rima con Mignottocrazia
Fonte: Il Fatto Quotidiano http://www.ilfattoquotidiano.it
Marco Travaglio difende Battiato
L'editoriale di oggi di Marco Travaglio
Dal Fatto Quotidiano di oggi 28 marzo:Oggi sono Boldrini e Grasso a strillare come vergini violate contro Franco Battiato che ha avuto l'ardire di dichiarare: "Mi rallegro quando un essere non è così servo dei padroni, come queste troie in giro per il Parlamento che farebbero qualunque cosa, invece di aprirsi un casino". Apriti cielo! Proteste unanimi da destra, centro e sinistra, mobilitazione generale, emergenza nazionale, manca soltanto la dichiarazione dello stato d'assedio con coprifuoco, cavalli di frisia e sacchi di sabbia alle finestre. Boldrini: "Respingo nel modo più fermo l'insulto alla dignità del Parlamento, stento a credere" ecc. Grasso: "Esprimeremo il nostro disagio al governatore della Sicilia per le frasi dell'assessore Battiato".
Sui cinquanta fra condannati, imputati e inquisiti che infestano il Parlamento, invece, nemmeno un monosillabo. Invece giù fiumi di parole e inchiostro contro il cantautore-assessore che osa chiamare troie le troie. Pronta la mossa conformista del governatore Crocetta, un tempo spiritoso e controcorrente specie sulle questioni di sesso, ora ridotto alla stregua dell'ultimo parruccone politically correct, che mette alla porta il fiore all'occhiello della sua giunta, financo equiparandolo a uno Zichichi qualunque. Si risente pure la Fornero, che è pure ministro delle Pari Opportunità (infatti s'è scordata solo 390 mila esodati). Certo, il linguaggio usato da Battiato è da pugno nello stomaco, tipico dell'intellettuale indignato che vuol "épater" un Paese cloroformizzato. Ed è facile dire che ci si poteva esprimere in termini meno generici, o aggiungere subito e non dopo che la denuncia riguarda anche le troie-maschio, pronte a vendersi al miglior offerente.
Ma andiamo al sodo: è vero o non è vero che il Parlamento, anche questo, è pieno di comprati, venduti, ricomprati e rivenduti? È lo spirito losco del Porcellum (nomen omen) che porta alla prostituzione della politica, alla nomina dei servi dei partiti e innesca la corsa sfrenata al servaggio e al leccaggio per un posto al sole. E come li vogliamo chiamare questi servi, che si vendono la prima volta per farsi candidare in cima a una lista e poi magari si rivendono per voltar gabbana a seconda delle convenienze? Passeggiatrici? Lucciole? Mondane? Falene? Peripatetiche? Chi voleva capire ha capito benissimo: accade a tutti di dare della "troia" a chi, maschio o femmina, è disposto a tradire e a tradirsi per un piatto di lenticchie o a vendersi per far carriera. Ma, nel Paese di Tartuffe, che con buona pace di Molière è l'Italia e non la Francia, ci si straccia le vesti appena qualcuno squarcia il velo dell'ipocrisia e dice pane al pane: ieri sui ricatti della Bicamerale, oggi sulla mignottocrazia (copyright Paolo Guzzanti).
Battiato è come il bambino che urla "il re è nudo" e la regina è troia. Tutta la corte intorno sa benissimo che è vero, ma arrota la boccuccia a cul di gallina e prorompe in urletti sdegnati. Lo sa tutto il mondo come e perché sono stati/e eletti/e certi/e cosiddetti/e onorevoli. Persino in India, dove la Ford si fa pubblicità con un cartoon che ritrae lo statista di Hardcore col bagagliaio dell'auto pieno di mignotte. I primi a saperlo sono i nostri giornali, che han pubblicato centinaia di intercettazioni sulle favorite del Cainano e sulla compravendita dei parlamentari, e ora menano scandalo perché Battiato, dopo averci scritto una splendida canzone Inneres Auge), li chiama per nome. E non si accorgono neppure che il loro finto sdegno non fa che confermare le parole di Franco. Se uno accenna ad alcune troie e si offendono tutti/e, la gente penserà: "Però, guarda quante sono! Credevo di meno...".
Le migliori energie in Italia devono essere spese per difendersi dal parassitismo
di Claudio Martinotti Doria
Ieri mi sono deciso ad ufficializzare la mia posizione di lavoratore autonomo "anziano" privo di occupazione ed ancora lontano dalla pensione (la quale, per gentile intervento della Sig.ra Fornero è stata posticipata di altri 5 anni, per quando in base alla longevità della mia famiglia, dovrei essere morto o in procinto di esserlo …), e quindi mi sono recato all'Agenzia per l'Impiego competente territorialmente.
Mi sono iscritto perché mi sono stancato di non risultare mai in alcun statistica e conteggio pubblico, od anche solo preso in "considerazione" a livello istituzionale. Dei lavoratori autonomi (ed io lo sono stato per tutta la vita) non si occupa mai nessuno, ne a livello politico ne sindacale, sono praticamente privi di "diritti", non hanno ammortizzatori sociali, non hanno nessuna protezione, devono sempre arrangiarsi da soli, pagandosi assicurazioni ed oneri, anche se c'è poco lavoro e reddito, e se si ammalano sono fregati. Da mesi si sente parlare degli esodati, e mi sono reso conto che lo sono anch'io a tutti gli effetti, ma solo concettualmente, perché formalmente ed istituzionalmente non lo sono e quindi non rientro nei conteggi pubblici.
L'impiegata dell'Agenzia per l'Impiego mi ha spiegato che fino a giugno è ancora possibile iscriversi ed essere considerato privo di occupazione, se non si supera l'ESORBITANTE REDDITO ANNUO di 4800 euro derivante da lavori occasionali, mentre dal 1 di giugno anche il Piemonte adotterà un nuovo sistema che ti cancellerà automaticamente dalla lista dei disoccupati nel momento in cui si svolgerà QUALSIASI LAVORO PER UN QUALSIASI REDDITO, fosse anche solo un lavoro di tre giorni al mese o di collaborazione occasionale per poche centinaia di euro
Così ho scoperto che oltre all'ISTAT che manipola i dati sulla cosiddetta inflazione (aumento dei prezzi dei beni di consumo) cambiando in continuazione le voci che compongono il cosiddetto "paniere", abbiamo anche i dati sulla disoccupazione che sono manipolati e lo saranno sempre di più, e risulteranno privi di lavoro solo i disperati morti di fame, mentre tutti gli altri risulteranno occupati … Del resto siamo in buona compagnia, non è solo l'Italia in questa situazione di degrado, falsità e mistificazione, anche gli USA lo sono, in qualche caso anche più di noi, la loro economia è fondata interamente sulla falsificazione, a partire dal dollaro che la FED irrora come fertilizzante con gli irrigatori del QE (Quantitative Easing) e della loro cosiddetta inflazione, che se applicassero i criteri di calcolo dei tempi del presidente Carter sarebbe attorno al 20 per cento, mente con quelli attuali risulta quasi inesistente … Solo che loro hanno anche qualche elemento positivo, come la fiscalità, la burocrazia e il costo dell'energia che sono molto inferiori che da noi.
Dover vivere in Italia per una persona onesta e minimamente acculturata è una continua offesa all'intelligenza ed alla dignità umana, una lotta per la sopravvivenza nella quale dedichiamo le nostre maggiori energie per difenderci dal parassitismo e da uno stato liberticida e sempre più invasivo ed avido.
leggibile anche su : http://www.lindipendenza.com/disoccupazione-istat-statistiche
Dall'esempio del Belgio rimasto a lungo senza governo si potrebbe sperimentare nell'UE una forma di democrazia deliberativa
Unione europea: Se la politica torna all’agorà di Atene
Oggi non è così, né in Italia né in Europa: la crisi ha smascherato Stati nazione impotenti, la democrazia è ovunque in frantumi. Politici e cittadini sono scollegati, con i primi chiusi nelle loro tane e i secondi che per farsi udire vogliono contare di più. A meno di non considerarci sconfitti di guerra, oggi è più che mai tempo di esperimenti, proprio nella sfera della democrazia. È tempo di disabituarci a schemi cui politici e giornalisti restano, per pigra convenienza, aggrappati. Manuel Castells scrive su La Vanguardia del 2 marzo: “O innovare o perire”.
I custodi del vecchio ordine non vedono il nesso, tra le varie crisi: dell'economia, dell'Europa, del clima, delle democrazie. Gli sdegni cittadini non dicono loro nulla, anche se il segnale è chiaro: la democrazia rappresentativa è un Titanic che sta schiantandosi.
Tra governanti e governati c'è un deserto, e in mezzo campeggia un miraggio di rappresentanza: sono deboli i sindacati, spenti i partiti, e la stampa più che i lettori serve i potenti.
Nel vuoto, però: una cittadinanza che vuole svegliarsi, sondare altre strade, ricominciare la democrazia. Oggi l'Italia è a un bivio, scossa ma non vinta: il nuovo inizio invocato da Castells non genera un governo, i primi cambiamenti si fanno attendere. Intanto gli abitudinari gridano all'ingovernabilità. È dagli anni '70 che si esercitano ad averne paura, a non vedere le crepe che fendono la stabilità cui dicono di anelare.
In Europa abbiamo conosciuto un caso di ingovernabilità, spettacolare. È il caso dei belgi. Per 541 giorni il loro paese restò senza governo, fra il giugno 2010 e il novembre 2011. Ben presto si vide che non era semplice squasso tra Fiandre e Vallonia: a traballare era l'impianto stesso della democrazia rappresentativa. L'esperienza belga è istruttiva, per gli effetti negativi che ebbe ma anche per l'impeto di quelli trasformatori.
Nei 18 mesi di stasi, il governo facente funzione regnò impassibile, forte di maggioranze obsolete. Approvò l'austero bilancio del 2011, gestì il semestre di presidenza europea nel 2010. Partecipò perfino alla guerra libica. In Italia, sarebbe come prolungare Monti: un risultato non ottimo, per chi ha vinto alle urne promettendo di "innovare o perire". Gli Stati-nazione periclitano, l'Europa ancora non è una Federazione di solidarietà, e lo status quo è salvo. Il non-governo crea un potere inedito, più libero dal popolo sovrano: assai simile al pilota automatico che, secondo Draghi, protegge la stabilità dal "sovraccarico" di domande cittadine.
Ma l'esperienza belga produsse al contempo novità enormi. Cosciente che in gioco era la democrazia, la cittadinanza si mosse. Prese a sperimentare soluzioni antiche come l'agorà greca che delibera, o l'Azione Popolare che risale alle "actiones populares" del diritto romano: i cittadini possono far valere non un interesse proprio ma della comunità, ed essendo titolari della sovranità in democrazia, saranno loro a inventare agende centrate sul bene comune. Non c'è altra via, per battere l'antipolitica vera: il predominio dei mercati, e un'austerità che senza ridurre i debiti impoverisce e divide l'Europa.
Lo Stato siamo noi, dice in Italia il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo: è l'idea del movimento scaturito dal non-governo belga. G1000 è il nome che si diede, e nacque durante l'ingovernabilità su iniziativa di quattro persone (un esperto di economia sostenibile, un archeologo, un politologo, un'attrice). Il primo vertice dei 1000 fu convocato l'11 novembre 2011 a Bruxelles. Il Manifesto fondativo denuncia le faglie della democrazia rappresentativa e suggerisce rimedi.
Non si tratta di distruggere rappresentanza o deleghe. Non si tratta neppure di "togliere lavoro ai partiti", scrive il loro Manifesto. Quel che deve finire è lo status quo: la partitocrazia e — all’epoca di Internet — il giornalismo tradizionale: "In tutti i campi l'innovazione è stimolata, salvo che in democrazia. Le imprese, gli scienziati, gli sportivi, gli artisti devono innovare, ma quando si tratta di organizzare la società facciamo ancora appello, nel 2011, all'800".
È uno dei primi esempi europei di democrazia deliberativa. Deliberare è discutere e poi decidere, e per il Manifesto del G1000 è più efficace dei referendum: "In un referendum ci si limita a votare, mentre in democrazia deliberativa bisogna anche parlare, ascoltare". Prende forma l'idea postmoderna dell'agire comunicativo, immaginato da Habermas nel 1981. Il fenomeno è continentale, non solo italiano. Avrà il suo peso, si spera, alle elezioni del Parlamento europeo nel maggio 2014. Sarà scelto dai cittadini, si spera, il futuro capo della Commissione che siederà nella trojka dell'austerità.
È difficile sperimentare, ricominciare. Anche la democrazia rappresentativa fu difficile, anche proporre nell'800 il suffragio universale. L'unica cosa impraticabile è dire no agli esperimenti, comportandosi come Adenauer da sconfitti. I veri esperimenti, quelli che usano le persone come mezzi e le Costituzioni come stracci, avvengono in Grecia, immiserita dall'austerità. O a Cipro, dove stabilità vuol dire defraudare i conti bancari dei cittadini, ricchi e no.
Che altro fare, se non sperimentare quel che la cittadinanza attiva chiede si provi. Continuare a considerare un "sovraccarico" le sue domande: questa è ingovernabilità.
Se il nuovo Papa torna alle origini, chiamandosi Francesco, forse anche per la politica è ora di non confondere gli ultimi coi vinti. Di tornare all'agorà di Atene, all'Azione Popolare di Roma antica.
LA partitocrazia pur di sopravvivere è disposta a provocare il fallimento del paese
Scenari spaventosi e raccapriccianti
di Paolo Becchi
L’apertura delle consultazioni ed il conferimento del pre-incarico a Bersani segnano un momento decisivo per il MoVimento 5 Stelle. Decisivo, perché è nei prossimi giorni che il MoVimento dovrà dimostrare la propria forza politica e la propria capacità di non cadere nelle “trappole” che gli altri partiti gli tenderanno (come accaduto in occasione dell’elezione del Presidente del Senato). Secondo diversi opinionisti, politici e “intellettuali”, senza la formazione del nuovo Governo il lavoro del Parlamento non potrà iniziare. Personalmente non ne sono convinto, e sono ormai settimane che tento di spiegare questa posizione: con il Governo Monti dimissionario (e quindi in prorogatio di fatto), l’Assemblea può iniziare comunque la propria attività legislativa. A cominciare ad esempio dalla riforma della legge elettorale, dai tagli ai costi della politica e dall’eliminazione delle province.
Ma andiamo avanti. Quali insidie, dunque, si preparano per il MoVimento? La tattica del Pd pare ormai abbastanza chiara. Bersani ha voluto ed ottenuto l’affidamento di un pre-incarico pur sapendo già di non poter ottenere la fiducia in Parlamento. Egli spera, probabilmente, di ripetere il bis rispetto a quanto accaduto con Grasso, di giocare d’azzardo confidando che, all’ultimo momento, alcuni senatori delle opposizioni finiscano per votare la fiducia al suo Governo. Il gioco del Pd è questo: costringere il MoVimento ad esprimere la propria linea politica a conti già fatti, ponendolo di fronte a un’alternativa secca: “O votate la fiducia oppure dimostrate di essere degli irresponsabili, perché è soltanto per colpa vostra che questo Paese è ingovernabile, per colpa vostra che si dovrà tornare a votare, per colpa vostra che i mercati reagiranno spingendo l’Italia (ancora una volta) verso il “rischio” Grecia.”
Forse è per questo che il Pd potrebbe tentare di giocare un’altra carta, quella dell’ “inciucio” con il Pdl, come le ultime dichiarazioni di Berlusconi sembrano suggerire. L’idea sarebbe questa: il Pdl vota la fiducia a un Governo Pd, e il Pd, in cambio, s’impegna a eleggere un Presidente della Repubblica che garantisca a Berlusconi di rimanere in Parlamento (visto il sempre più concreto rischio “ineleggibilità” di questi giorni) e di mettere fine attraverso immunità alla cosiddetta “persecuzione” giudiziaria (magari nominandolo senatore a vita). Berlusconi è disposto a tutto, ormai, a patto che gli venga assicurata la sopravvivenza: fine dei processi ed elezione “concordata” del prossimo Capo dello Stato. Così si muovono, in questa direzione, le strane trattative tra Pd, Monti e Lega, secondo trame invisibili e strategie del ragno da Prima Repubblica. Questa sarebbe la “responsabilità” politica di cui parla Bersani? Questa sarebbe la democrazia?
Ancora un’ipotesi. Napolitano potrebbe tentare di proseguire nella linea della sua Terza Repubblica: imporre a Bersani di guidare un nuovo governo di “tecnici”, questa volta spostato a sinistra (Rodotà, Onida, Zagrebelsky, Marzano, forse qualche prete, qualche donna, qualche santo, qualche navigatore). Una forma di suicidio assistito, nelle mani del Presidente della Repubblica. Certo è che iniziare una nuova legislatura con un nuovo Governo del Presidente sarebbe un “colpo di Stato” ancor più grave di quello che portò, lo scorso anno, Monti alla Presidenza del Consiglio.
Tutte queste ipotesi, perché? Perché è evidente quello che sta accadendo: trovare una soluzione, una qualsiasi soluzione, anche profondamente antidemocratica, pur di non tornare alle elezioni. E’ questa la linea che condividono i partiti, Pd e Pdl in testa, il Capo dello Stato, l’attuale Governo dimissionario e tutto il sistema di interessi esistente intorno alla partitocrazia. Meglio un governo tecnico, un governo non democratico, un governo improvvisato, che le elezioni. Qualsiasi soluzione, lo ripeto: i compromessi e negoziati si stanno realizzando sia per quanto riguarda il Governo che il futuro Capo dello Stato, con scenari spaventosi e raccapriccianti, come l’appoggio di senatori leghisti al Pd o la concessione, da parte del Partito Democratico, di assicurazioni e garanzie a Berlusconi. Un connubio, un “inciucio” mai visto né pensato, con un’occupazione sistematica di tutte le cariche dello Stato – dal Quirinale al Governo – da parte dell’asse Pd – Pdl.
Davvero è meglio tutto questo, o invece si dovrebbe arrivare, finalmente, alla constatazione che, poiché non c’è la possibilità di formare una maggioranza solida per governare, si debba ritornare alle urne? Meglio un nuovo Governo Bersani che navigherà a vista come ai tempi della Prima Repubblica? Meglio un nuovo Governo Pd-Pdl o Pd-Monti-Lega (?!!), risultato del più grande “inciucio” che la storia repubblicana abbia mai visto? Meglio un nuovo Governo Tecnico che farà la fine di quello precedente nel giro di un anno? O non sarebbe meglio ricorrere alla volontà popolare con una nuova legge elettorale?
Si ripete che, senza un nuovo Governo, non sarebbe possibile approvare una nuova legge elettorale. È un falso colossale. Il Parlamento può già legiferare, in questo momento, anche con l’attuale Governo dimissionario (che è in prorogatio di fatto da già 3 mesi). E si dovrà iniziare la legislatura proprio a partire dalla legge elettorale. Se per anni si è ripetuto che il Porcellum deve essere abbandonato e se, nel contempo, si dice che, in questo momento, l’approvazione di una nuova legge elettorale richiederebbe trattative politiche e tempistiche troppo complicate in una fase come questa, allora basterebbe accordarsi su una soluzione molto semplice: votare con la legge elettorale precedente, il Mattarellum. Per fare questo, basterebbe approvare una legge con un solo articolo, che recitasse: “L’attuale legge elettorale è abrogata. Rivive la precedente”. Se davvero i partiti volessero cambiare la legge elettorale, in pochi giorni si farebbe con una facilità disarmante.
L'inflazione vera non si manifesta per le politiche manipolatorie indotte dalle banche centrali con la complicità dello stato, ma continua a far danni e prima o poi esploderà
di MAURO MENEGHINI
Quando si osserva l’immensa quantità di denaro creata dalla FED e dalla BCE viene spontaneo chiedersi dove mai sia finita la grande inflazione. Sono i timori dell’inflazione ingiustificati e sbagliano “quelli della scuola austriaca”? Il timore per l’inflazione, in particolar modo negli USA, non è assolutamente immotivata e qui a seguito cercherò di spiegarne un paio di motivi.
Cominciamo col dire che gli indici pubblicati in tutti i Paesi europei sul costo della vita ed in America dal CPI (Consumer Price Index) proprio nulla hanno a che fare con le spese quotidianamente sostenute dal cittadino e con i prodotti da questi consumati. I Governi del mondo sono campioni nella falsificazione e nella manipolazione dei dati e nella rilevazione della realtà, così accade che prodotti di uso quotidiano, di basso importo e di frequente acquisto vengano “sotto pesati” ed altri beni con forti riduzioni di prezzo, come Computer, TV, telefoni portatili, “sovra pesati” per poter tenere l’indice dell’inflazione basso.
Ma lasciamo da parte questo aspetto, per non sembrare troppo polemici ed andiamo al sodo, l’inflazione dei prezzi è causata dall’espansione del credito. Questa affermazione è universalmente riconosciuta tranne che dai sostenitori della scuola mercantilistica e dai keynesiani. Ma come mai l’allargamento della base monetaria da parte delle banche centrali non causa un forte aumento dei prezzi? Quelli della scuola austriaca come Ludwig von Mises, Benjamin Anderson und F.A. Hayek constatarono che negli anni 20 il prezzo delle materie prime si manteneva stabile mentre i prezzi di altri fattori produttivi subivano l’influenza della politica monetaria della FED. In particolar modo Mises dimostrò che la “politica del dollaro stabile” della FED avrebbe avuto pesanti ripercussioni. Mises previde che i prezzi sarebbero scesi negli anni 20 se non ci fosse stata una politica monetaria e se non fosse stato messo in circolazione del denaro fresco da parte della FED.
Basta osservare l’andamento delle principali merci che i media mai o solo raramente prendono in considerazione per riconoscere, accorgersi che è in atto l’inflazione. Uno di questi beni è il petrolio. Il petrolio secondo gli economisti “mainstream” come Ben Bernanke non deve esser compreso nel paniere dei beni per il calcolo del costo della vita in quanto questo prezzo non è influenzabile dalla politica monetaria della FED. Gli austriaci naturalmente hanno un’opinione diversa in quanto convinti che in un libero mercato senza banca centrale il prezzo del petrolio tenderebbe a rimanere stabile e che nel nostro attuale modello economico anche il petrolio sarebbe considerato come un indicatore atto a formulare delle previsioni corrette come indicato da Austrian Business Cycle Theory.
Più in particolare ciò sta a significare che attraverso la politica dei bassi tassi d’interesse applicati dalla FED gli imprenditori vengono stimolati ad effettuare degli investimenti. Questo significa un aumento della domanda di petrolio. L’offerta del petrolio è relativamente rigida per cui i prezzi aumentano. Questi imprenditori dovranno quindi fare i conti con maggiori prezzi per benzina, gasolio, energia elettrica etc.. Ma quando i clienti di queste imprese per far fronte all’aumento di benzina, gasolio, elettricità etc. ridurranno i consumi dei beni prodotti da quelle aziende ci si accorgerà che attività formalmente redditizie saranno in perdita. Ecco perché il prezzo del petrolio deve crescere in fase di boom (crescita) e diminuire in fase di bust (calo), cosa confermata anche dal grafico a seguito. (fig1)
Come si potrà notare il prezzo del petrolio è rimasto abbastanza stabile in regime di “quasi gold standard”. I dati mostrano l’estrema volatilità dopo il 1971 con l’introduzione dello “standard di carta”. Il petrolio perlomeno ha seguito le tendenze previste dagli austriaci. Certo la cosa non corrisponde al 100% in quanto non solo la politica delle banche centrali è la variabile che ha influenzato il valore ma decisioni geopolitiche contemporaneamente intervenute. (fig2)
Altro dato importante per la nostra analisi è il prezzo dell’oro, anche il prezzo dell’oro tenderà a crescere in momento di boom e a diminuire in fase di bust. Dalla fine ufficiale della recessione, nel 2009, invece il prezzo dell’oro è quasi raddoppiato. L’opportunità offerta dalla politica dello zero interessi della FED ha fatto crescere la domanda del metallo prezioso e con essa il prezzo. (fig3)
Il prezzo della maggior parte delle materie prime è cresciuto, l’indice delle materie prime indica un andamento simile a quello del petrolio e dell’oro. L’indice PPI durante il pseudo gold standard era rimasto sostanzialmente stabile mentre ha mostrato grande volatilità dall’introduzione dello standard di carta, oltre a mostrare dei picchi prima di una fase bust per poi diminuire durante una recessione. Ma nella fase attuale è cresciuto a valori record.
Ormai sembra che prezzi elevati siano diventati la norma. Il mercato azionario ed obbligazionario americano ha raggiunto in questi giorni il suo record storico. Il mercato dell’arte a New York è florido sia come con fatturati e sia come prezzi. Il mercato immobiliare sia a New York che a Washington D.C. è altrettanto da record proprio come previsto dalla scuola austriaca per cui l’inflazione si manifesta sui mercati dove per primo viene prodotta la nuova moneta. Appunto vicino alla FED e dove il denaro viene messo in circolazione.
Possiamo quindi constatare quale tipo di beni vengono influenzati dal’allargamento della massa monetaria. Materie prime ed immobili come CPI e PPI che senza l’intervento della banca centrale resterebbero bassi e di cui potrebbero beneficiare proprio le persone meno facoltose, invece proprio i salariati, i meno abbienti e gli strati più poveri della società vengono fortemente colpiti dall’aumento di questi prezzi andando a diminuire ulteriormente il loro standard di vita. Senza l’intervento della banca centrale CPI e PPI sarebbero negativi, la moneta acquisterebbe potere d’acquisto, i risparmiatori verrebbero anche meglio retribuiti con saggi d’interesse maggiori e contemporaneamente questo aiuterebbe alla creazione di nuovo risparmio. Questo, naturalmente, causerebbe dei grossi problemi agli Stati in quanto avrebbero maggiori difficoltà nel rifinanziare i rispettivi debiti pubblici. Anche i valori azionari vedrebbero dei forti ridimensionamenti senza l’allargamento della massa monetaria, le azioni delle banche crollerebbero, le bad banks chiuderebbero. Fondi finanziari e hedge così come alcune banche d’investimento ma gli stessi immobili a Manhattan verrebbero fortemente ridimensionati e banchieri e manager della finanza vedrebbero il mercato collassare. Ma questa non sarebbe per nulla una cattiva notizia, non sarebbe altro che la liquidazione degli errati investimenti ed un processo naturale di purificazione e rigenerazione del mercato che andrebbe a demolire la parte inutile del mondo finanziario. Nulla di più che la liquidazione delle risorse mal allocate. Solo che gli interventi della banca centrale, de facto statale, FED fanno sì che i ricchi diventino sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri. Se la FED si fosse astenuta da questa estrema e non ortodossa politica monetaria avremmo visto una collettiva graduale diminuzione dei ricchi ed una collettiva crescita delle condizioni di vita dei più poveri.
Vi sono poi altri buoni motivi per spiegare come mai i prezzi al consumo non siano cresciuti in concomitanza con l’immissione di nuova moneta com’è successo per azioni, petrolio, oro etc.. La politica inflazionistica e keynesiana degli USA, Europa, Giappone e China crea un ambiente intriso di paura ed insicurezza e ciò è la causa per cui le banche hanno timore per i soldi che prestano e le imprese hanno paura ad investire. Tutti hanno timore delle valute usate in maniera forzosa come armi.
In altre parole: il motivo per cui le previsioni inflattive non si manifestano come previsto è di nuovo da ricercare nella ricetta keynesiana. Bailout, aumento della spesa statale con l’aumento dell’indebitamento e forti immissioni di carta moneta si sono dimostrati inefficaci. Al contrario: distruggono l’economia reale impedendo l’adattarsi al mercato, perseverando e ripetendo gli errori non consentono agli imprenditori di fare delle previsioni.
Cipro ha rivelato per l'ennesima volta le responsabilità del sistema politico finanziario e la debolezza dei correntisti ed utenti
Riflessioni sul Fallimento Cipriota |
Scritto da Francesco Carbone | |
Fonte: Usemlab http://www.usemlab.com
Il
fallimento di Cipro e il conseguente salvataggio dovrebbero essere di
stimolo per diverse riflessioni. Vediamo di presentarne alcune qua di
seguito.
1) Un paese che offre vantaggi di diversa natura, prima di tutto fiscale, si pone indubbiamente come beneficiario di flussi monetari provenienti dall’estero in cerca di protezione, opportunità di investimento, migliori rendimenti, etc. Ciò dovrebbe essere un fattore positivo: più soldi stranieri arrivano tanto meglio per l'economia nazionale; tuttavia così non è stato nel caso di Cipro: i massicci afflussi monetari confluiti nel sistema bancario nazionale, piuttosto che apportare benefici di lungo termine, hanno solo amplificato quel fenomeno dei “malinvestment” che, come spiega bene la Scuola Austriaca, alimenta un pericoloso ciclo economico. Nel caso di specie, tanti soldi arrivati dalla Russia venivano prontamente rigirati nel paese d’origine in investimenti di dubbia qualità, tanti altri sono stati allocati in titoli di stato della Grecia. Entrambi gli investimenti si sono rivelati un gran fallimento e nel giro di qualche anno (Cipro è dentro l’Euro solo dal 2008) hanno portato al collasso l'economia cipriota. Il problema originario sottostante però è stato indubbiamente quello della riserva frazionaria che espande e moltiplica il denaro creandolo dal nulla. In assenza di riserva frazionaria il paese non sarebbe finito in bancarotta. Invece l'effetto ricchezza dovuto alla moltiplicazione del denaro si estende presto e corrompe chiunque e qualunque cosa, risolvendosi presto o tardi in un collasso del sistema bancario, peraltro la stessa cosa accaduta un po’ ovunque nel mondo occidentale. Un sistema bancario sano avrebbe evitato questi problemi con una crescita più modesta ma senza alcuna crisi finanziaria successiva. Soprattutto in caso di errori avrebbe permesso di identificare gli autori degli stessi lasciandoli unici responsabili delle proprie "scelte di investimento”. Se l'America e altri paesi più grandi come la stessa Italia hanno finora scampato il fallimento è solo grazie all'intervento delle banche centrali nonché ad una maggiore diversificazione dei malinvestment che tendono ad emergere in tempi più lunghi. 2) Un altro problema parallelo a quello finanziario è stato quello politico. Come nel caso italiano gli enormi benefici apportati dall'entrata nell’Euro anziché essere sfruttati sono stati largamente sperperati. Lo sperpero è stato addirittura maggiore, perché nell’espansione statale, finanziata come al solito dal sistema bancario, sono stati gettati al vento anche i flussi monetari provenienti dall'estero. La spesa del governo cipriota è cresciuta dell'8.3% l'anno anziché limitarsi a un 3-4% l'anno ben sotto i livelli di crescita del GDP locale. Come stima qualcuno, con un governo meno spendaccione, oggi Cipro avrebbe potuto allinearsi in quanto a ricchezza e libertà economiche a paesi come Singapore od Hong Kong. 3) In tutto questo, il bailout tramite prelievo forzoso dai conti correnti per far fronte alla situazione di emergenza, ha costituito una mossa alquanto insolita e curiosa. Se da un lato è vero che in qualche modo si è giunti a far pagare il conto direttamente alle banche (tra loro azionisti, obbligazionisti e depositanti) anziché in maniera più indiretta ai cittadini intesi come contribuenti, essa rappresenta una mossa alquanto azzardata, non tanto perché intacca la vaga e di fatto inesistente proprietà dei cittadini sui depositi ma proprio al contrario perché apre il vaso di pandora sul fatto che i soldi depositati in banca non siano affatto di proprietà dei cittadini ma delle banche. Rendere involontariamente consapevoli i cittadini di questa sottile differenza è l'ultima cosa che il pianificatore centrale avrebbe dovuto fare per continuare a tenere sotto controllo l’imbarazzante situazione che è il carrozzone allo sbando dell’Unione europea. In ultima analisi, infatti, per tenere in piedi questo sistema finanziario totalmente basato sulla fiducia e sulla gestione centralizzata anziché sulla solidità di contratti chiari e trasparenti, è necessario che la grande illusione sulla sicurezza dei depositi bancari resti inviolata, pena corse allo sportello e pericolosi deflussi di denaro dal circuito bancario. Il prelievo forzoso dai depositi (di proprietà della banca e non dei clienti, ci tengo a risottolineare) si pone come evento critico in grado di minare ulteriormente la già debole fiducia dei depositanti nei confronti del sistema bancario europeo e di riaprire le possibilità di un domino finanziario, temporaneamente evitato solo dal bluff di Draghi dell’estate scorsa. Alla fine di tutta questa incredibile confusione che continua ad avere come protagonisti personaggi senza scrupoli e più di qualche emerito imbecille, resta però chiaro un punto: i principali responsabili del fallimento cipriota e di questa ennesima tragedia sociale la passeranno liscia mentre ancora una volta la popolazione sarà colpita a casaccio, rea di due colpe: aver ignorato la tremenda confusione sui diritti di proprietà che riguardano i soldi depositati in banca e aver creduto nel processo politico come fonte di prosperità quando invece ancora una volta si è dimostrato essere causa di disastri sociali. |
Cipro e l'appropriazione indebita legalizzata, della serie "ve l'avevamo detto e prossimamente toccherà all'Italia"
Un triste deja vu’...
Fonte: Lettera di Borsa http://www.letteradiborsa.it
Pensate che l’unico precedente, finora era stato..L’Italia, ai tempi di Amato, che ricorse a un provvedimento del genere per “infondere fiducia..” nella lira, anche allora nella trappola di un sistema di cambi forzosi (Lo SME), da cui fu costretta ad uscire comunque malgrado l’imposizione di un provvedimento senza precedenti (allora.......) come quello.
Unico articolo mainstream da leggere e meditare e’ ( shock , orrore e incredulita’ da parte mia..) del Giornale, su cui scrive il validissimo Claudio Borghi: http://www.ilgiornale.it/news/economia/cipro-ue-ordina-prelievo-sui-depositi-896907.html
Il resto della stampa aderisce al P.U.D.E. (Partito Unico Dell’Euro) e tace, visto che parecchi argomenti per controbattere non li troverebbe.
Sono parecchio curioso di vedere la reazione dei mercati a questo, al fatto che il “whatever it takes! Di Draghi per difendere la stabilita’ dell’euro e’ stato rapidamente buttato alle ortiche per aderire alla rapina ordita dai ministri finanziari dell’Eurogruppo ( Ma il vostro ministro delle Finanze, quello Italiano...ha messo davvero una firma pure lui sotto al documento sapendo di essere il prossimo della lista?? Mmm..).
Il vero ridicolo, come dice Alberto Bagnai, (http://goofynomics.blogspot.co.nz/2013/03/zefiri-e-peerle.html ) e’ proprio nell’esecuzione da manuale della rapina. Tutti quelli che berciavano che nell’era di Internet e dei movimenti di capitali istantanei non si puo’ uscire dall’euro perche’ causerebbe una fuga disordinata dei capitali, la svalutazione, deve votare il Parlamento prima, combattimenti nelle strade etc...hanno avuto una lezione da Olli Rehn e la sua gang.
Long Week End ( a Cipro..), mercati chiusi, annuncio, decreto. Bancomat spenti, sportelli chiusi, trasferimenti elettronici bloccati. E il Parlamento vota con una pistola alla tempia. Rien ne vas plus !
Ve l’hanno fatto vedere loro come si fa!! Questo e’ il manuale perfetto per uscire dall’euro...applicato allo scopo inverso! Renderne un piccolo Paese prigioniero e schiavo per sempre!!!! Ci sarebbe da ridere.....se non fosse triste.
E’ chiaro che se mai l’Europa aveva ancora un qualche alone di idealismo residuo per cercare di rifilarci la fola dell’unione e della pace, l’atto di vile ricatto consumato contro un piccolo Paese sta spegnendo qualsiasi luce ed illusione, e spianando la via a qualcosa che abbiamo gia’ visto nel 1936 La sinistra europea si suicida e spiana la strada agli epigoni dei nazisti : http://mobile.reuters.com/article/idUSBRE92G0F720130317?irpc=932
E la Commerzbank (tedesca..) suggerisce una bella idea; Una patrimoniale del 15% su tutti gli asset in Italia! Ve lo chiede l’Europa....
La Volkswagen ha realizzato un'auto che percorre 100 km con un litro!
Adesso non ci rimane che attendere ancora qualche anno per avere un minimo di possibilità di scelta e poi potremo riprendere a muoverci con un minimo di discrezionalità, dopo questi anni di rinuncia per motivi economici, ben sapendo che la libertà di muoversi è essenziale per interagire e socializzare.
claudio martinotti doria
Al volante della Volkswagen XL1: si conduce come un'auto normale, solo che non consuma quasi nulla!
Percorrere 100 km con un litro di carburante? Sembra fantascienza, eppure l’auto capace di riuscirci esiste già. Si chiama Volkswagen XL1 ma a dispetto della sigla futuristica, non si tratta nemmeno di un semplice prototipo, ma di una vettura finita e completa in ogni dettaglio. Che sta per essere messa in produzione in piccola serie e andrà in vendita tra pochi mesi. L’abbiamo guidata in anteprima, per renderci conto di che effetto fa viaggiare a chilometri zero con un litro.
La genesi di questa vettura si deve al grande boss del gruppo VW, Ferdinand Piech, uomo di grandi visioni tecniche. E risale a tanti anni fa. Piech, che fa parte della dinastia Porsche per parte di madre, negli Anni ‘60 e ‘70 era il capo del reparto corse Porsche (la leggendaria 917 nacque sotto il suo comando) e fin da allora aveva la convinzione di quanto fosse determinante, anche nel motorsport, impiegare materiali leggeri per diminuire al massimo il peso dell‘automobile. Nelle corse allo scopo di aumentarne le prestazioni, nel campo delle auto stradali per migliorarne l’efficienza e i consumi. Negli anni ‘90 Piech, assunto il comando della Volkswagen, fece costruire e mettere in vendita una versione speciale della Vw Lupo estremamente alleggerita e risparmiosa che arrivava a percorrere 100 km con tre litri di gasolio.
Ma il traguardo ambizioso che aveva in mente era un altro: costruire la prima auto al mondo a rompere il muro dei 100 km con un solo litro di carburante. C’è voluta la tecnologia dell’ibrido, motore termico+gasolio, per raggiungere l’obiettivo. Gli ingegneri tedeschi hanno lavorato oltre dieci anni raffinando e perfezionando il progetto XL1 prima di poter dire che l’ambizioso traguardo posto da Piech era stato ottenuto. Il primo prototipo che allora si chiamava L1, nato nel 2003, era una specie di basso siluro biposto con i sedili in fila uno dietro l’altro per rendere più profilata l’aerodinamica e somigliava più a un veicolo da record che a una vera automobile. Pesava appena 290 kg, aveva un motore diesel monocilindrico per consumare ancora meno, faceva già 0,99 litri per 100 km (che vuol dire percorrere 101 km con un litro) ma era quasi inusabile sulle strade di tutti i giorni per la scomodità delle forme e le vibrazioni del motore.
Una seconda generazione nacque nel 2009 e stavolta era più “civile”, un motore già di tipo full hybrid ma aveva ancora i posti in linea e poi eccedeva i limiti promessi: 1,39 l/100 km, pari a 72 km/litro. Non ci eravamo ancora. Finalmente la terza generazione, chiamata XL1, ha segnato un deciso passo in avanti: motore bicilindrico Tdi full hybrid di 800 cc da 48 cavalli, cambio Dsg, sistema plug-in, batterie al litio per permettere al motore elettrico (che eroga 27 cv) di arrivare a 50 km di autonomia puramente elettrica. Così la X1 ha ottenuto e superato gli obiettivi sperati: 0,9 l/100, ovvero 111 km con 1 litro di gasolio! E soprattutto è diventata una vera automobile usabile sulle strade di tutti i giorni: ora le due persone siedono affiancate, anche se leggermente sfalsate per ridurre la larghezza totale dell’auto.
C’è un bagagliaio discreto e la XL1 dentro è spaziosa dentro quanto basta per far stare comodamente i due occupanti. Il frontale è largo e piatto, poi verso la coda la XL1 diventa profilata e aerodinamica; tanti artifici servono a migliorarne l’efficienza energetica: le ruote dietro sono coperte per generare meno vortici e quelle anteriori hanno i cerchi carenati; mancano i retrovisori per evitare di avere sporgenze che peggiorassero l’eccezionale Cx di 0,185. Questa è l’unica cosa cui bisogna abituarsi quando si sale al volante: i due retrovisori esterni sono sostituiti da due telecamere che proiettano su due piccoli display collocati sugli sportelli l’immagine posteriore e bisogna spesso abbassare lateralmente lo sguardo per osservare il traffico alle spalle prima di cambiar direzione.
Per il resto, la Volkswagen L1 si guida come una normale automobile, solo che si è seduti molto in basso: come su una sportiva. Pensate che è più corta di una Polo e più bassa di una Porsche Cayman. E poi manca il servosterzo (sempre per salvaguardare energia). Non dà fastidio perché le ruote sono di piccola sezione, salvo nelle rotonde o nelle manovre dove la durezza dello sterzo si fa sentire. AL centro della plancia c’è un bel pulsante E che se schiacciato privilegia la propulsione elettrica. E allora si viaggia in silenzio, anche a velocità sostenuta, ascoltando soltanto il rumore di rotolamento dei pneumatici; ma quando serve potenza basta schiacciare a fondo il gas e il motore Tdi a gasolio subentra con un buffo rumore da trattore.
Alla fine si guida come un’auto normale, solo che alla fine del viaggio ci si sente gratificati osservando la rassicurante informazione del consumometro che dal cruscotto, in perfetta grafica Volkswagen, ti ammicca dicendoti “0,9 L/100”. Noi nel nostro test abbiamo coperto 44 km praticamente con un paio di bicchieri di gasolio. Alla bella media di 110 km con un litro! Scusate se è (troppo) poco...
Alberto Sabbatini
(fonte: auto.it)