Lo stato liberticida (solo apparentemente democratico) persegue l'obiettivo di limitare il possesso delle armi ai cittadini, arrogandosi il monopolio dell'uso della violenza e quindi concedendo il privilegio di essere armati solo alle varie polizie ed entourage politico istituzionale, con il rischio di rendere vulnerabile il cittadino onesto e di abusare politicamente dell'uso della forza, comettendo discriminazioni e scorrettezze. Pur essendo fondamentalmente pacifista, personalmente sono favorevole al diritto di ogni persona e famiglia di essere armata in casa sua e di potersi difendere da ogni aggressione, ed una violazione di domicilio, furto, rapina, minaccia, ecc. lo è, senza ombra di dubbio, così come è ovvio che la reazione deve essere proporzionale, ma non si può neppure pretendere che chi difende casa sua abbia il sangue freddo di un professionista, chi commette il crimine dovrebbe sapere che corre dei rischi ...
Fonte: Il Giornale di Bergamo
http://www.giornaledibergamo.com
http://www.giornaledibergamo.com/cronaca/30-novembre-2012/in-legittima-difesa-di-angelo-cerioli-4451.html
BERGAMO SPARA
In (legittima) difesa di Angelo Cerioli
Pamphlet dell’editore Leonardo Facco sull’uso delle armi, la civiltà e il diritto
Con il titolo “Sparare a un criminale è un diritto sacrosanto”,
l’editore Leonardo Facco (nella foto)
firma sul giornale online L’Indipendenza un appassionato articolo in
difesa di Angelo Cerioli, il commerciante di Caravaggio accusato di
omicidio per avere ucciso con due copi di pistola alla schiena un rumeno
che gli stava saccheggiando il negozio. Facco ripercorre il tema della
legittima difesa, in termini giuridici, filosofici (patto sociale) e
morali. Questo il suo intervento.
La notizia (di Cerioli, ndr
) non poteva che riaprire uno
storico dibattito che contempla sia la “legittima difesa” che il
connesso “uso delle armi”, che se negli Stati Uniti d’America è
costituzionalmente garantito dal Secondo Emendamento, in Europa è fumo
negli occhi dell’opinione pubblica. Al netto delle sterili polemiche e
dei soliti “benpensanti” che stigmatizzano qualche pazzia individuale
estemporanea (val dunque la pena ricordare loro che Breivik ne ha
sterminati un centinaio in un paese in cui anche avere una fionda è
vietato), il diritto a detenere pistole e fucili viene da molto lontano.
In Italia, ad esempio, pochi sanno che Cesare Beccaria in un paragrafo
che era tra le citazioni preferite di Thomas Jefferson sosteneva: “Falsa
idea di utilità è quella che sacrifica mille vantaggi reali per un
inconveniente o immaginario o di poca conseguenza, che toglierebbe agli
uomini il fuoco perché incendia e l’acqua perché annega, che non ripara
ai mali che col distruggere. Le leggi che proibiscono di portare armi
sono leggi di tal natura; esse non disarmano che i non inclinati né
determinati ai delitti, mentre coloro che hanno il coraggio di poter
violare le leggi più sacre della umanità e le più importanti del codice,
come rispetteranno le minori e le puramente arbitrarie, e delle quali
tanto facili ed impuni debbon essere le contravvenzioni, e l’esecuzione
esatta delle quali toglie la libertà personale, carissima all’uomo,
carissima all’illuminato legislatore, e sottopone gl’innocenti a tutte
le vessazioni dovute ai rei? Queste peggiorano la condizione degli
assaliti, migliorando quella degli assalitori, non scemano gli omicidii,
ma gli accrescono, perché è maggiore la confidenza nell’assalire i
disarmati che gli armati. Queste si chiamano leggi non preventrici ma
paurose dei delitti, che nascono dalla tumultuosa impressione di alcuni
fatti particolari, non dalla ragionata meditazione degl’inconvenienti ed
avvantaggi di un decreto universale”.
Come ha scritto Paul H. Blackman in un libro che ho avuto il piacere di pubblicare come editore un decennio fa
– titolo: “Io sparo che me la cavo” – “James Madison spiegava che gli
Americani non dovevano temere la tirannia del governo centrale perché il
numero di cittadini armati sarebbe stato largamente superiore a quello
dei militari. Egli distinse espressamente l’America dalle monarchie
europee in base al fatto che nel Vecchio Continente “i governi hanno
paura di mettere le armi in mano al popolo”. Ancora: “Lo stesso Madison,
come Blackstone mise in evidenza, era un interprete della common law
inglese, che difendeva il diritto di avere armi come ‘diritto
ausiliario’, essenziale alla difesa dei diritti fondamentali alla
‘sicurezza, libertà e proprietà privata’. Secondo Blackstone quel
diritto ausiliario a essere armati aveva lo scopo di ‘preservare il
diritto naturale alla resistenza e all’auto-conservazione’, in maniera
tale che, qualora altri diritti venissero calpestati, i cittadini
avessero ‘il diritto di possedere e usare armi per la difesa personale’ e
l’auto-conservazione stessa”. In pratica, proprio come ha fatto il
signor Dettori di Caravaggio.
E’ ovvio che la scuola pubblica e la propaganda italiane cerchino di nascondere i principi e gli autori di cui sopra,
avvalorando – peraltro – il monopolio della sicurezza nelle mani dello
Stato. Sergio Piffari, parlamentare bergamasco dell’Italia dei Valori
(che finanzia con soldi pubblici i suoi agriturismi), non ha perso
occasione per avvalorare la tesi di cui sopra, sostenendo che “lo Stato
deve difendere i cittadini prima che essi comincino a farlo da soli”.
Nonostante l’inefficienza del servizio pubblico di sicurezza (conclamato
da ogni statistica seria), il tentativo del deputato è quello di
evitare che si sparga l’idea che difendersi privatamente sia meglio e
meno costoso. Per questa stessa ragione, un suo collega di partito, tale
Simone Scagnelli, ha affermato che “è arrivato il momento, e noi
dell’IDV lo diciamo da tempo, di smetterla di giocare con le assurdità
dei militari per strada o delle ronde di volontari, ma di rimettere
seriamente in discussione il sistema giudiziario/penitenziario tanto da
renderlo uno strumento di prevenzione realmente efficiente”. A parte
l’idiozia in sé di queste affermazioni se riferite al caso caravaggino,
il politicante di turno non fa che tentare di evitare che si metta sotto
accusa il monopolio della forza di cui lo Stato è legale (non per
questo legittimo) rappresentante. La sua affermazione sulle ronde,
viceversa, non è altro che uno stupido esempio che la storia stessa
smentisce. Ha scritto Claudio Martinotti Doria in proposito:
“Sull’argomento del vicinato di controllo per la prevenzione del
crimine, rammento che già nella metà del Settecento in Inghilterra, e
poi si sono diffuse nei paesi anglosassoni ed hanno funzionato per circa
un secolo (finché non è subentrato lo Stato con proprie istituzioni di
potere), la cosiddetta società civile aveva istituito le “Associazioni
Per La Persecuzione Dei Criminali”, con un funzionamento simile alle
“Società di Mutuo Soccorso” e con quote di iscrizione ‘popolari’, che
dall’originario scopo di recuperare i beni rubati (tramite soprattutto
ricompense ed annunci sui giornali) e catturare o allontanare i ladri e
malviventi, si sono poi estesi ad una molteplicità di servizi, di
sicurezza, ma anche assicurativi e di polizia investigativa e
repressiva, di tutela legale, fino a creare una rete di agenzie
interconnesse e collaborative stimate in oltre un migliaio nella sola
Gran Bretagna. Chi non conosce la storia pensa che le istituzioni e
certi servizi siano tutte invenzioni recenti e dovuti alla mamma Stato,
cui essere grati e dipendere per tutto, ma in realtà tutte la invenzioni
sociali di un certo rilievo sono dovute alla libera iniziativa privata e
della comunità locale”. Se istituzioni di tal fatta esistessero ancora,
il commerciante bergamasco non si porrebbe nemmeno il problema delle
eventuali ritorsioni dei compari del delinquente che ha ucciso.
Nella prefazione al libro che ho citato sopra si legge:
“Nel corso di questo scritto (il riferimento è al libro) si è tentato
di far emergere, attraverso dati statistici e considerazioni morali,
l’importanza del diritto a possedere e portare armi. Un diritto che,
secondo la più genuina e coerente tradizione liberale, affonda le
proprie radici nel sacro diritto di ognuno alla vita, alla libertà e
alla proprietà privata. Tre aspetti della vita umana che, a propria
tutela e garanzia, richiedono il corollario dell’autodifesa. Anche i
possessori di armi, insomma, hanno un orgoglio e una dignità. Anch’essi
hanno cuore e cervello. Quello che manca è il coraggio e la volontà di
mettere sul tavolo le proprie buone ragioni, e la consapevolezza di
essere gli unici e autentici difensori della libertà e del diritto. Essi
devono riappropriarsi della delega che con troppa leggerezza hanno
affidato ai servi dello Stato: il compito cruciale di rendere difficile
la vita a criminali e tiranni. E’ giunta, o è tornata, l’ora che ognuno,
in un impeto di sano egoismo, riprenda a cuore il dovere di difendere
se stesso, i propri cari e le proprie legittime proprietà”.
Concludendo: è ora e tempo di finirla con la
mistificazione dei fatti ed è anche ora che la si smetta di far credere
che più sei disarmato, e più sei al sicuro dai criminali per via della
presenza dello Stato. Quando qualcuno si permette di entrare a casa tua,
a colpi martellate sulla vetrina anziché con un regolare invito, non
esiste alcuna ragione – né legale né di buon senso – che preveda che tu
debba aspettare l’arrivo della polizia per salvare la tua vita, quella
dei tuoi cari ed i tuoi beni. Sparare a un criminale e’ un diritto
sacrosanto!
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