Il MES
è stato approvato durante il famigerato governo Monti e approvato dai
parlamentari senza che questi capissero cosa stavano facendo, come purtroppo
succede spesso, causa la loro incompetenza e sudditanza agli ordini di
scuderia. Oggi, che i media straparlano di modifiche al MES, come fossero
migliorie, in realtà sono gravi peggioramenti ad una situazione già di per sé
illegittima e incostituzionale, antidemocratica e autoritaria. Possibile che in
Italia si sia perso ogni barlume di dignità e volontà di difendere gli
interessi del paese? Claudio
In Italia, a gran voce, molti politici e intellettuali chiedono, in buona o
mala fede, la modifica delle clausole con cui l’Unione europea si appresta a
riformare il
Meccanismo europeo di sicurezza (Mes) in
un senso a dir poco contrario al nostro interesse nazionale. Ma siamo ancora in
tempo per farlo? Il Mes è un trattato internazionale approvato ben sette anni
fa, ai tempi del
governo Monti, dopo un negoziato di
circa due anni, passato allora in sordina mentre Camera e Senato in Italia lo
approvavano senza colpo ferire.
Le attuali disposizioni di modifica emendano, sicuramente in peggio, un
trattato i cui impianti sono già stati stabiliti a quei tempi, comprese alcune
delle clausole che permettono al Mes e ai suoi funzionari una vera e
propria
onnipotenza legislativa e personale. “Il Mes e i
suoi funzionari godono di piena e perfetta immunità da ogni giurisdizione. Non
possono essere oggetto di perquisizioni, ispezioni o altro da chicchessia”, ha
dichiarato al quotidiano
Italia Oggi il docente
dell’Università Cattolica di Milano Alessandro Mangia, che ha poi
proseguito:
I suoi documenti sono secretati. Gli organi di vertice non sono perseguibili
per gli atti adottati nell’esercizio delle loro funzioni
Interessante poi è la lettura dell’
Articolo 34 del
trattato istitutivo del Mes che, è bene ripeterlo, precede l’attuale riforma.
Esso dice esplicitamente che “i membri o gli ex membri del consiglio dei
governatori e del consiglio di amministrazione e il personale che lavora, o ha
lavorato, per o in rapporto con il Mes sono tenuti a non rivelare le
informazioni protette dal segreto professionale. Essi sono tenuti, anche dopo
la cessazione delle loro funzioni, a non divulgare informazioni che per loro
natura sono protette dal segreto professionale”. Questo passaggio, dopo
l’approvazione della norma sette anni fa, è diventata legge dello Stato italiano.
In quel breve “in rapporto” è contenuto un
vulnus alla
trasparenza degli esecutivi nazionali. Quindi, ad esempio, se
Giovanni
Tria o Giuseppe
Conte venissero interrogati sui contenuti delle discussioni
tematiche del 2018 sulla riforma del Mes, sarebbero tenuti a un taciturno
diniego di conferire alcuna risposta.
Il
board del Mes (Alberto Bellotto)
Il Mes crea dunque un sistema in cui:
il
Paese richiedente aiuto cede completamente il controllo del suo sistema
finanziario ed economico ad un organo esterno, formalmente, all’architettura
Ue; è costretto a condizionare la
ricezione di finanziamenti a
sanguinosi programmi di austerità; è vincolato a una ristrutturazione del
debito ritenuta rovinosa anche da un economista di centro-sinistra moderato
come
Giampaolo Galli; consegna la sua sovranità a un
organismo terzo i cui membri sono insanzionabili e, anzi, nemmeno vincolati, al
pari dei membri delle istituzioni che con essi collaborano, a formulare un
resoconto trasparente del movente delle loro azioni.
Mangia, nell’intervista, fa un esempio concreto di cosa significherebbe un
intervento del Mes in Italia. Se uno choc del debito o una situazione di crisi
costringessero Roma, terzo contributore del “fondo salva-Stati” a ricorrervi,
“sarebbe il Mes, e non la Commissione, a valutare sulla base di meccanismi
automatici l’opportunità di chiedere una ristrutturazione del debito pubblico”,
a dettare le regole per ottenere questo finanziamento (pacchetti di
austerità inclusi) e a determinare il contenuto finale del riallocamento del
debito pubblico. Ignorando il piccolo dettaglio della realtà concreta, che vede
circa il
70%
dei buoni del Tesoro detenuti da banche o investitori nazionali. E stiamo
tacendo, finora, dei problemi di
legittimità costituzionale che
ciò comporterebbe e che un accademico di spessore come
Carlo
Pelanda ha recentemente
sollevato
in relazione all’Articolo 47 della Carta sulla tutela
del risparmio. Il Mes è un circolo vizioso senza uscita: e il problema maggiore
è il fatto che le sue criticità più importanti non riguardano la riforma
attuale sulle regole di ingaggio ma un pacchetto già accettato e firmato dai
Paesi Ue.