Gli incendi devastano la Siberia: ecco perché fino ad ora si è fatto poco per spegnerli
Valery Melnikov / Sputnik
Le foreste di questi territori sono da sempre interessate da incendi, spesso innescati da fulmini, ma questa volta il fenomeno è "senza precedenti".
Le cause sono molteplici: le piogge scarse, i fulmini, le alte temperature, l’origine dolosa… La rapidità con cui i focolai si propagano da una regione all’altra, poi, non fa che alimentare la calamità.
Il risultato è catastrofico: il fuoco si estende su una superficie di migliaia di chilometri quadrati e in molti casi si preferisce non fermarlo. Le autorità di alcune regioni sostengono infatti che “non ha senso” cercare di spegnere quegli incendi che non rappresentano una minaccia per la popolazione. Ciò deriva dal fatto che spesso i focolai si sviluppano a svariati chilometri dai centri abitati, in luoghi dove risulta troppo difficile e costoso arrivare con i mezzi antincendio.
“Abbiamo un paese enorme, ma scarsamente popolato. E ci sono tante aree difficili da raggiungere”, ha spiegato il capo del dipartimento antincendi di Greenpeace Russia Grigory Kuksin al giornale Nastoyaschee Vremya (Current Time). Kuksin ha spiegato che le aree interessate dalle fiamme si dividono in due categorie: una di queste comprende le zone colpite da roghi che vengono individuati ma non spenti, perché si sono sviluppati in punti dove è impossibile arrivare anche in aereo o elicottero.
“Si tratta di aree troppo lontane per poter spegnere gli incendi. Le operazioni sarebbero troppo costose. Alle regioni è stata data la facoltà di non spegnere gli incendi perché si tratta di operazioni economicamente controproducenti. La decisione di creare delle semplici aree di monitoraggio è dettata quindi dalla povertà”, ha detto Kuksin.
E così gli incendi vengono semplicemente sorvegliati, e non si prova nemmeno a spegnerli. Una decisione giustificata dal fatto che spesso i roghi si sviluppano lontano dai centri abitati e per questo non rappresentano una minaccia diretta per la popolazione. Ma non tutti sono d’accordo con questa presa di posizione.
In diverse regioni gli abitanti si ritrovano infatti a fare i conti con l’odore di bruciato e la concentrazione di inquinanti nell’aria. Il fumo ha coperto la Siberia occidentale, gli Urali e la regione del Volga. E nelle grandi città si punta il dito contro l’inoperosità delle autorità regionali.
“A causa della vastità delle aree colpite dalle fiamme, dell’indifferenza delle autorità e per via del costante silenzio della stampa, la maggior parte dei centri abitati è stata investita dal fumo e dall’odore di bruciato. La gente a Irkutsk indossa le mascherine”, ha scritto su Instagram un'utente, Maria Buslova.
“In alcune città splende il sole… ma praticamente non si vede. Da più di una settimana il fumo avvolge la Siberia, questa situazione è stata ribattezzata ‘cielo nero’. Oggi ho deciso di non uscire a passeggiare con i bambini perché ieri sera mi sentivo la gola bruciare. Tutto ciò sta iniziando a spaventarmi”, ha scritto una donna di Kemerovo.
Alle denunce sui social network si sono uniti anche gli abitanti di altre città.
La petizione pubblicata sul sito Change.org con la quale si chiede di indire lo stato di emergenza su tutto il territorio della Siberia ha raccolto 830mila firme solo al momento della stesura del testo.
L'ampia risonanza pubblica del problema ha attirato l'attenzione delle autorità regionali e il 29 luglio il Ministero russo delle Situazioni d’Emergenza ha comunicato la decisione di localizzare e spegnere il fuoco. Per le operazioni sono stati messi a disposizione uomini, soldi e i mezzi dell’aviazione. Il presidente Putin ha incaricato il Ministero della Difesa di unirsi alla lotta contro gli incendi.
Ma il futuro della politica riservata alla battaglia contro gli incendi boschivi che non sono considerati “una minaccia” per la popolazione è ancora incerto.
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