Prefazione di Claudio Martinotti Doria
E’
paradossale che simili iniziative avvengano nei paesi nordici, dove le
condizioni climatiche sono più avverse, mentre da noi siamo ancora agli
antipodi. Avevo riscontrato la stessa cosa una ventina di anni fa con le prime
case passive (quelle che non hanno bisogno di riscaldamento, climatizzazione,
ecc.), di cui sono stato tra i primi, se non il primo in Italia a parlarne in
rete, costruite in migliaia di esemplari tutte nel nord Europa, mentre in
Italia ancora oggi si contano sulle dita delle mani. In questo caso invece si
tratta di piccole comunità (il primo esperimento è composto da 100 edifici) ad
alta tecnologia completamente autosufficienti, in cui nulla va sprecato, tutto
si ricicla e si recupera e trasforma in energia o materia prima secondaria per
nuovi utilizzi, l’energia ed il cibo sono autoprodotti e l’acqua proviene dal
cielo (piovana) o dai pozzi del luogo. E’ prevista anche la mobilità tramite
auto elettriche caricate in loco. Da non confondersi con gli ecovillaggi, che
da noi sono ancora ai primordi e sono poco più che esperimenti sociali e
culturali degni del massimo rispetto ma ancora ben lungi da essere
sufficientemente attrattivi da coinvolgere numeri significativi di persone e
famiglia da costituire massa critica per il cambiamento auspicato. Mentre
invece il progetto descritto nel sottostante articolo, se ben accolto e
diffuso, potrebbe essere un eccezionale veicolo di rinnovamento socio
residenziale. L’ideale sarebbe che questi insediamenti fossero ubicati in
periferie e luoghi degradati, che in questo modo sarebbero mirabilmente
recuperati fornendo un efficace paradigma oltreché simbolo di trasformazione
ambientale e culturale. Claudio
La comunità che si
autorigenera
di Adele Peters - 05/06/2016
Fonte: Comune-info
ReGen
Village, la comunità che si autorigenera, nelle vicinanze di Amsterdam, non ha
bisogno di allacciamenti a reti o di sistemi agroalimentari. È una
comunità completamente a circuito chiuso
di Adele Peters
Se viveste all’interno di una delle case che fanno parte dell’insediamento
in fase di costruzione alla periferia di Amsterdam,
la vostra sala da pranzo potrebbe dare su un giardino o un orto coperto.
All’esterno avreste un altro orto o giardino. Lungo la strada, quasi tutto ciò
che volete mangiare starà crescendo in fattorie verticali ad alta
tecnologia. L’insediamento è il primo Villaggio ReGen, un
nuovo tipo di comunità concepita in
modo da essere completamente autosufficiente, in quanto coltiva i suoi alimenti, produce autonomamente
l’energia di cui ha bisogno, e gestisce i suoi rifiuti in un circuito chiuso.
Qualunque rifiuto di una abitazione
familiare può essere trasformato in un compost che potrà
alimentare del bestiame o dei particolari insetti; questi, a loro volta,
alimenteranno dei pesci, e i rifiuti dei pesci arricchiranno di elementi
nutritivi un sistema idroponico, che produce frutta e verdura per le
abitazioni. Giardini con prodotti di
stagione saranno resi fertili dal letame prodotto dal bestiame. Utilizzando
i metodi più avanzati per produrre degli alimenti – una combinazione di aeroponica, idroponica, permacultura,
alberi da frutto e aziende
biologiche ad alto rendimento –
l’insediamento produrrà dieci volte più alimenti di una azienda agricola delle
stesse dimensioni, impiegando meno risorse. L’idroponica, ad esempio, può
produrre dieci volte di più di un terreno delle stesse dimensioni, usando il 90
per cento in meno di acqua.
“Noi prevediamo letteralmente tonnellate di abbondante cibo biologico ogni
anno – da vegetali, frutta, frutti in guscio, pesci, uova, galline, latticini
prodotti da piccoli animali e proteine, – che possono essere ogni anno fatti
crescere e ed essere prodotti nei sistemi di
giardini e orti verticali come produzione supplementare rispetto a quella degli
orti e delle coltivazioni sui terreni adiacenti,” dice James Ehrlich,
dirigente dei Villaggi ReGen, che si stanno sviluppando in California, e che dirige anche la vicina
fattoria complementare. L’impresa è socia di Effekt, una società di architetti danese, che
collabora per la progettazione.
La comunità produrrà anche l’energia di
cui ha bisogno, usando una combinazione di energia geotermica, solare, solare
termico, eolico e da biomasse. “Noi stiamo pensando a delle
tecnologie molto interessanti, in particolare a piccoli impianti a biomassa a basse emissioni, che può
utilizzare i residui delle aziende agricole dei dintorni e trasformarli in una
significativa fonte di energia, in modo che possa alimentare le comunità del
Nord Europa anche nel cuore dell’inverno” dice Ehrlich. Una rete intelligente distribuirà l’energia in modo efficiente,
inviandola anche ad una tettoia che accoglie le auto, per rifornire
le auto elettriche condivise ogni volta che è necessario.
Un impianto di biogas trasformerà qualunque
rifiuto delle abitazioni, non utilizzabile per il compostaggio, in energia e
acqua. Un sistema di raccolta
dell’acqua raccoglierà l’acqua piovana e l’acqua grigia, e la
redistribuirà secondo le esigenze dei giardini e degli orti stagionali e dei
sistemi idroponici. Questo costituisce il primo di una
rete di comunità analoghe, che ReGen ha in mente di realizzare in tutto il
mondo. “Stiamo realmente operando in una prospettiva globale”, racconta
Ehrlich. “Stiamo elaborando una nuova definizione
dello sviluppo residenziale immobiliare, creando questi insediamenti che si autorigenerano, guardando in primo luogo questi campi come parti di una fattoria dove possiamo produrre più cibo biologico,
più acqua potabile, più energia senza effetti collaterali
e far scomparire più rifiuti di quanto si riuscirebbe a fare lasciando
che la stessa estensione di terra produca alimenti biologici o adottando metodi
di permacultura”.
Il primo villaggio di cento abitazioni
sta sorgendo nei dintorni di Almere, una cittadina in rapida espansione che
dista venti minuti di treno da Amsterdam. All’interno di
Almere, la società sta anche costruendo una versione più ridotta che comprende
trentacinque unità condominiali. La società ha anche in programma altri
progetti in paesi come la Svezia, la Norvegia, la Danimarca e la Germania, ma
pensa di espandersi dovunque si presenti l’occasione. “In realtà noi ci
consideriamo come la Tesla (l’auto elettrica) degli ecovillaggi”, dice Ehrlich,
“Questa è la nostra idea. Noi stiamo progettando queste strutture
con delle finalità un po’ più adatte ai paesi del Nord Europa”. Ma in seguito
la società intende adattare il sistema ai climi aridi come quelli del Middle
East.
“Per ora stiamo lavorando su due aree con un clima più rigido, poi
dopo di questa sperimentazione affronteremo situazioni a scala globale, –
l’India rurale, l’Africa a sud del Sahara, dove noi
sappiamo che le popolazioni continueranno ad
aumentare e tendono a muoversi verso le classi intermedie. Se tutti in
India e in Africa vorranno lo stesso tipo di periferie estreme che noi abbiamo
realizzato finora, il pianeta non potrà sopportarlo”.
Ehrlich, che lavora anche come “imprenditore
nell’edilizia abitativa” alla Stanford University e come un tecnologo senior
nella stessa università, si è ispirato ad un Rapporto dell’Onu
del 2013, che sosteneva la necessità di creare comunità autosufficienti. Ad
Almere, il villeggio sarà in grado di crescere circa la metà di ciò di cui la
comunità ha bisogno per mangiare, anche se non
coltiverà caffè o banane, ad esempio. Restituirà anche energia alla rete locale. Ma
in alcune situazioni la società è convinta che l’insediamento potrà
essere completamente autosufficiente. La
comunità di Elmere vedrà la luce la prossima estate e sarà completata entro il
2017.
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Traduzione per Comune di Alberto Castagnola
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