SECONDA PARTE: LA PROPOSTA
L’idea di sapere che migliaia e migliaia di bambini innocenti muoiono o sono costretti a fare una vita d’inferno per consentire a noi occidentali e asiatici di farci dei sciocchi selfie in pizzeria, comporta delle riflessioni. Che cosa fare, dunque? Buttare via lo smartphone? Oramai non è più possibile. Quindi, che cosa si fa? Si fa finta di niente?
No. A questo serve la creatività umana e la ricerca scientifica quando essa è accompagnata dall’applicazione di concetti etici accettabili dalla comunità globale planetaria. Un gruppo di giovani olandesi, di ritorno da un viaggio in Africa nel 2011 sono venuti in contatto con quella terriribile realtà e una volta ritornati in patria hanno deciso di fare qualcosa. Hanno elaborato un progetto e si sono fatti i conti. Per riuscire a realizzarlo erano necessari almeno 50 milioni di euro. Hanno lanciato un crowdfunding rivolgendosi a “imprenditori etici” europei: donazione minima: 500.000 euro. In pochi mesi ne hanno trovato 118 (tra cui due italiani). Hanno tirato su una impresa e hanno costruito il primo smartphone al mondo accompagnato da apposita e specifica certificazione etica di accompagnamento, controllata da un comitato misto europeo impeccabile. Lo hanno messo in vendita senza fare pubblicità (troppo costosa). E’ uscito alla fine del 2013. In Italia, un sito ecologico-ambientalista (grrenme.it) ha pubblicato la notizia. In Europa sta furoreggiando -la trovo una splendida notizia- e al terzo anno di commercializzazione sono già in pareggio e puntano alla fine del 2016 con i primi profitti realizzati, dimostrando carte e conti alla mano, che è possibile -oltre che doveroso- investire in alternative etiche e guadagnarci anche. Olanda, Scozia, Svezia, Germania, Irlanda, Danimarca, Canada, California, per il momento sono i loro mercati principali. Considerato anche un buon affare sta provocando (come è giusto e bello che sia) la nascita di concorrenti. Si tratta di persone dotate di una lettura umana della realtà, che intendono produrre e vendere merci rispettando l’ambiente ma soprattutto la caratura e la dignità sociale, psicologica esistenziale di ogni lavoratore umano coinvolto. Lo hanno chiamato fairphone, che in inglese significa qualcosa come “il telefono equo”.
E’ quindi possibile.
Questa è la strada del futuro.
Ed è possibile applicarla a ogni segmento operativo dell’economia, in tutte le nazioni del mondo.
Se volete informazioni dettagliate potete andare a controllare sul loro sito: (https://www.fairphone.com/).
Qui di seguito, a conclusione del post ripropongo l’articolo uscito nel settembre del 2013, nel nostro paese passato quasi sotto silenzio.
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